“Almeno in questa fase, l’aumento delle imposte dovrebbe essere preferito alla riduzione della spesa, oggi necessaria per sostenere l’attività economica. La razionalizzazione della spesa pubblica, e la sua riduzione, dovrebbero aspettare tempi migliori”. (F. Saraceno)
Francesco Saraceno è un economista keynesiano. Anche se a qualcuno potrebbe sembrare inverosimile, nell’articolo da cui ho tratto queste parole Saraceno si riferisce al caso dell’Italia. Il tutto basandosi sulla trita e ritrita storia del moltiplicatore fiscale, un vero e proprio cardine del dogma keynesiano.
L’argomentazione è più o meno la seguente: dato che, soprattutto nel breve periodo, il moltiplicatore della spesa è superiore a quello delle imposte, un’azione di consolidamento fiscale attuato mediante riduzione di spesa pubblica ha un impatto negativo sul Pil superiore a un’analoga manovra condotta mediante un aumento delle imposte.
Questa posizione è a mio parere criticabile da due diversi punti di vista: uno di tipo etico, l’altro più strettamente tecnico-economico. Dal punto di vista etico, osservo che ogni aumento delle imposte rappresenta una compressione ulteriore del diritto di proprietà degli individui, e in particolare di coloro che appartengono alla categoria dei pagatori netti di tasse. Se si ritiene che nessun diritto possa essere tale qualora l’esercizio da parte di un individuo comporti il sacrificio da parte di un altro (che prende forma di una più o meno marcata riduzione in schiavitù), l’opera redistributiva dello Stato non può essere accettata in linea di principio.
Ritengo che un grosso limite di molti fautori della riduzione della pressione fiscale consista nel farne una questione di sopportabilità, invece che una questione di principio. Il problema è che quello di sopportabilità è un concetto necessariamente soggettivo, il che rende la posizione di chi vorrebbe aliquote “più umane” piuttosto debole.
Questo non significa che chi è contrario alla tassazione da un punto di vista etico sia un sognatore e non abbia contatto con il mondo reale. Data la situazione attuale, chiaramente non è realistico ipotizzare un azzeramento della tassazione (schiavitù fiscale) dall’oggi al domani, e ragionevolmente neanche al dopodomani. Ciò non deve peraltro indurre chi è contrario alla tassazione per motivi etici a cambiare posizione.
Semplicemente, ogni riduzione della tassazione sarà da considerare un passo verso l’obiettivo ideale di porre fine alla schiavitù fiscale. Di certo non saranno condivisibili (almeno non da me) ragionamenti tesi a ridurre alcune imposte aumentandone altre, a parità di gettito. Il gettito deve essere ridotto, e con esso la spesa pubblica.
Dal punto di vista tecnico-economico la posizione di Saraceno (tipicamente keynesiana) è a mio parere affetta da miopia, oltre a non poter funzionare nel contesto italiano. La miopia è dovuta al fatto che ogni dilazione nella riduzione della spesa pubblica, fosse anche la più parassitaria, ha solo illusoriamente un effetto positivo. Il fatto che la spesa pubblica costituisca reddito per qualche individuo e ciò dia sostegno alla domanda è sempre solo un lato della medaglia. L’altro lato sono i consumi e gli investimenti che non possono essere effettuati da coloro che devono sostenere l’onere della spesa pubblica. Da questo punto di vista, spesso i keynesiani se la cavano dicendo che la spesa può essere finanziata incrementando il debito pubblico. Anche in questo caso, peraltro, non si fa che rimandare al domani la resa dei conti.
Nel caso italiano, poi, appare ormai impraticabile sia l’idea di far correre il deficit, sia quella di aumentare ulteriormente la pressione fiscale. Se Saraceno non se ne fosse accorto, negli ultimi anni le manovre di consolidamento fiscale sono state composte per oltre il settanta per cento da aumenti di entrate, e solo per la restante parte da riduzioni di spesa, spesso sotto forma di aumenti inferiori al tendenziale invece che di vere e proprie diminuzioni. Come faccia a sostenere che questa sia la strada da continuare a percorrere, francamente non lo capisco.
Ciò detto, faccio un’ultima considerazione, già espressa in altre occasioni, sui “tempi migliori” a cui rimandano i keynesiani per ridurre la spesa pubblica. Non mi è mai capitato di sentirne uno sostenere che fosse giunto il momento di tagliare la spesa. Sarà solo un caso o una mia distrazione?
Scusate, ma questo signore da chi viene retribuito?
Dallo Stato, prima italiano e adesso francese.
Quindi noi chiediamo ad un signore: secondo lei il suo datore di lavoro dovrebbe tagliare i propri introiti e ridurre le proprie spese?
E siamo qui a discutere sul fatto che egli risponda “NO”.
Curioso il mondo.
“Quindi noi chiediamo ad un signore: secondo lei il suo datore di lavoro dovrebbe tagliare i propri introiti e ridurre le proprie spese?”
Piu’ precisamente: “e licenziarla o decurtare drasticamente il suo stipendio?”
Peraltro, tenete ben presente che lo stato italiano paga di stipendi pubblici circa 160 miliardi di euro, esattamente il 10 per cento del PIL, mentre spende ben 90 miliardi di interessi che costituiscono la tassa pagata per la perdita della sovranita’ monetaria (quando qualcuno o qualcosa perde la sovranita’ qualcun altro la guadagna e la mette a profitto) perdita della sovranita’ monetaria per cui il nostro stato non puo’ piu’ spendere nulla senza indebitare e/o tassare il cittadino, cosa che badate bene accade dalla entrata nello SME, il blocco del cambio, negli anni 80, primi passi dell’euro (Craxi e il CAF sono stati degli specchietti per le allodole contro cui i nostri compagni comunisti si sono scagliati entusiasticamente e obbedientemente come ordinato dal Partito che, secondo i dettami dell’URSS doveva fare in modo che i paesi capitalisti vendessero a se stessi la corda su cui impiccarsi).
Sara’ un caso che e’ esattamente da allora che l’italia, che prima nonostante tutto aveva il piu’ alto tasso di crescita europeo, e’ a crescita zero o negativa e al macello economico e sociale? (alla fine la tassazione da rapina e la iperregolamentazione euroimposteci forse un po’ qualcosa da questo vincolo pesantissimo dipendono, quando un paese diventa debole puo’ solo obbedire ai diktat che arrivano da coloro i quali ne tengono il guinzaglio).
Il guinzaglio ce lo siamo messi da soli, perche’ preferivamo essere governati dalla classe dirigente eurocratica del nord europa piuttosto che dalla nostrana. Ma quelli non sono mica idioti come i nostri, quelli fanno gli interessi dei LORO paesi, e lo dimostra l’atteggiamento neocoloniale, di spoliazione, autogiustificato con ipocrisie moralistiche e di inferiorita’ antropologica, che hanno con tutte le economie del sud europa. Perche’ si capisca meglio, e’ come se l’italia, al’interno della sua unione, avesse imposto una tassazione maggiorata al sud per punirlo della sua maggiore mpoverta’.
Secondo voi il nostro sud, di fronte a tale eventuale vessazione che e’ identica a quella che stanno subendo i paesi piigs dall’europa (e peraltro ha dovuto davvero subire nei primi decenni di annessione al regno del piemonte), sarebbe rimasto docile nell’unione o avrebbe impiccato i suoi capi traditori che se ne fossero fatti strumento?
Siete contenti di subire adesso dalle “razze superiori” del nord europa lo stesso trattamento che ha subito il sud italia nei primi decenni dell’unita’ d’italia?
E’ l’idea che si possa creare ricchezza reale dal nulla che non è compatibile con la realtà. E delle due l’una: o Keynes era in malafede nel ritenere che la spesa pubblica sarebbe stata contenuta e aumentata solo durante le recessioni, oppure era ingenuo nel credere che, potendo stampare denaro, il governante di turno si sarebbe limitato a tenere l’apparato statale finanziato con spesa pubblica all’osso.
P.S.: con il gold standard la moneta non era in quantità fissa; semplicemente non era riproducibile illimitatamente.
1) la ricchezza reale non si crea dal nulla, e’ creata dall’intelletto umano, che chi non ce l’ha non se lo puo’ dare.
2) L’oro e’ una materia prima. Se vuoi puoi usarlo come moneta come gia’ e’ usata come moneta qualsiasi altra materia prima oggetto di scambio. Basta che, se sei un poveraccio, ci paghi l’iva. (del resto la gabbanelli l’iva, e maggiorata del 30 per cento, vorrebbe metterla sul contante, sempre e solo per i poveracci, che schiattino)
3) ogni evidenza dimostra che immensamente ingenuo e’ stato chi (me compreso) credeva che togliendo allo stato la facolta’ di stampare mometa questo avrebbe ridotto i suoi appetiti: quello che succede nella realta’, invece, e’ che lo stato se non puo’ stampare moneta ti sequestra la tua, non solo sotto direttamente come tale, ma anche come patrimonio accumulato sotto forma di oro, mattone o quel che l’e’. Ecco, a proposito, in italia la valuta pregiata era il mattone, non l’oro. La solita inventiva italica (non per scherzo).
3bis) gli USA quando hanno fatto la rivoluzione liberale Reaganiana avevano (come hanno tuttora) una moneta sovrana che e’ sovrana non solo a casa loro ma pure nel resto del mondo: possono stampare fin che vogliono e con quella moneta accettata ovunque comprarsi il resto del mondo trasferendo li’ l’inflazione: noi italiani invece l’euro dobbiamo mendicarlo e a tasso di interesse spropositato dalla europa dell’euro- standard tanto ricca quanto miserabile e stracciona. Che vi venga il dubbio che con queste premesse la rivoluzione che stiamo avendo non puo’ che andare nella direzione diametralmente opposta di una liberale, liberista e libertaria, dato che gli stati europei hanno le mani legate, questa volta’ davvero, dagli gnomi della finanza che hanno tenuto sotto scacco e distrutto pesi come la grecia senza che nessuno crukko, maggioritario nella bce, muovesse un dito in loro soccorso, anzi?
4)prevengo: l’ammontare totale di euri tenuti come valuta di riserva e scambio internazionale e’ piu’ o meno identica alla somma della quantita’ di marchi e franchi usati allo stesso scopo prima dell’avvento dell’euro, e equivalente al successo e alla fiducia internazionale di questo: cioe’ praticamente zero.
Keynesiano un cazzo: keynes ha sostenuto, fa le tante cose, che una tassazione che superi il 12 per cento e’ una rapina.
Keynes, inoltre, riteneva che la spesa anticiclica dello stato dovesse essere finanziata con moneta fiat, non con moneta a prestito a strozzo o, appunto, con contemporanea e/o successiva rapina fiscale del cittadino che lo stesso stato vorrebbe far finta di aiutare (con i soldi del cittadino stesso, appunto, grazie al cazzo).
C’e’ una bella, enorme, differenza.
Non e’ solo l’ammontare dei beni che non e’ una torta di grandezza fissa, lo e’ anche la moneta che deve corrispondentemente CIRCOLARE (e questo per quei furbetti che anelano al ritorno del gold standard, tutti convinti che l’oro miracolosamente poi fluira’ tutto nel loro borsellino, non in quello della merkel di turno, col resto del mondo a patrimonio negativo costituito solo di debiti, e cosi’ ridotto in schiavitu’).
Quello che abbiamo adesso e’ un misto del peggio dei due sistemi, keynesiano e monetarista: spesa senza limiti dello stato con pero’ obbligo per lo stato di pareggio di bilancio senza possibilita’ di emissione monetaria, cioe’ obbligo di corrispondente indebitamento del cittadino e contemporanea, o successiva, tassazione con esplosione del tasso di interesse non se, ma quando il mercato speculativo inter-nazionale che su queste cose si ingrassa ritiene sia per LUI piu’ vantaggioso.
Quello cui dovremmo tendere e’ il contrario, in ambo i fronti, sia keynesiano che monetarista. Poca spesa dello stato finanziata con moneta veramente fiat e stampata dal nulla (NON A DEBITO) corrispondente alla crescita del pil (cosi’ non si crea inflazione, gli stati che hanno una crescita ad esempio del 10 per cento DEVONO creare moneta fiat per almeno un 10 per cento l’anno, con cui possono finanziare proprie spese, altrimenti l’economia s’inceppa per mancanza di moneta).
Per questo fra gli anni 1950 e 1973, crescita media del PIL 5.6 per cento, l’italia era un paradiso: le tasse erano minime o nulle perche’ non servivano, lo stato poteva stampare senza paura di creare inflazione la moneta che serviva per pagare le sue, oltre a tutto, allora minime spese).
Questa e’ la situazione di questo dannato ircocervo che e’ l’URSE a guida dei piu’ sadici ottusi del continente che tutto cio’ che toccano, che non sia una stupida combinazione di ingranaggi, trasformano in merda.
Quando abbiamo perso la guerra peraltro da noi dichiarata, dopo la rovina, grazie a keynes, ci e’ arrivato il piano marshall, non la tassazione da rapina coloniale che e’ invece arrivata per adesso a noi come ai greci, spagnoli, portoghesi, ciprioti, sloveni, irlandesi, chi ce lo ha fatto fare di metterci di nuovo sotto dei soliti noti imbecilli, bravi solo a limare ingranaggi. Vuol dire che un bel po’ imbecilli lo siamo anche noi.
Dài no…
Il così detto “deficit spending” come motore di crescita porta al “crowding out” della disponibilità di capitali per tutte le altre attività economiche. Ciò sta già avvenendo oggi, infatti le banche non prestano capitali a nessuno.
La spesa dello stato è già insostenibile e qualunque aumento pagato con ulteriore indebitamento ci porterà più rapidamente al default (che potrebbe essere anche l’unica via per arrivare finalmente ad un cambiamento).
Sarebbe un buon momento per implementare il programma di Forza Evasori, gli imprenditori italiani, che sono tra i migliori e più dinamici del mondo, faranno il resto.
Si, ma durante una crisi tagliare la spesa è recessivo. Al contrario, lo Stato deve spendere per sostituire crollo della spesa privata e riattivare la domanda interna, altrimenti ci si avvita.