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piggybankDI GERARDO COCO

La crisi di Cipro sembra prefigurare l’inizio di ciò che potrebbe accadere su scala europea, come la crisi della grande banca viennese Kreditanstalt nel 1931 fu l’inizio del processo di distruzione economico finanziaria che caratterizzò la Grande Depressione. Due anni prima del crack un economista austriaco aveva rifiutato la carica di dirigente presso questo istituto perché, come scriveva alla fidanzata: “siamo alla vigilia di un grande crollo e non voglio che il mio nome ne sia compromesso” Quell’economista si chiamava Ludwig von Mises. (Margit von Mises,My Years with Ludwig von Mises, Arlington House, 1976, p. 31). Già diciannove anni prima, nel 1912 aveva pubblicato la Teoria della moneta e dei mezzi di circolazione, opera che anticipava le modalità del collasso del sistema finanziario e l’inevitabilità della depressione. Mises non era un indovino ma basava le sue previsioni su una solida teoria cui nessuno prestò attenzione perché, allora come ora, si preferiva credere alla favola che la semplice espansione del credito possa moltiplicare all’infinito capitali e ricchezze per pagare debiti illimitati. Si tratta invece di un raggiro monetario che prima o poi supera quella linea rossa oltre la quale si innesca un processo irreversibile che Mises ha così descritto: “Non vi sono mezzi per evitare il collasso finale di un espansionismo eccessivo prodotto dal credito. L’alternativa è soltanto che la crisi si presenti prima come risultato del volontario abbandono ad espandere ulteriormente il credito, o successivamente, come catastrofe finale e totale del sistema monetario interessato” (Human Action, 1963 p. 572).

La linea rossa è già stata superata, il collasso sta avvenendo sotto i nostri occhi e non è più questione del “se”  ma solo del  “quando” ci sarà quello finale che non è possibile prevedere, così come non si può indovinare la morte di un uomo in coma irreversibile. Perché il collasso avverrà non è difficile spiegarlo.

Verso il collasso

Cosa è accaduto dal 2008? Grazie a massicce iniezioni di credito profuse dalle banche centrali, i maggiori gruppi finanziari hanno operato con un alto grado di indebitamento (leva finanziaria) ma, dopo la stretta del credito, il valore delle attività patrimoniali, che non dava alcun reddito, crollava azzerando il loro capitale. Per evitare l’insolvenza sistemica, le banche centrali hanno aumentato la dotazione monetaria in modo spropositato iniziando un altro ciclo di espansione creditizia e di ulteriore indebitamento soprattutto a favore dei governi e delle banche. Il motivo per cui un’impresa ha convenienza a seguire una politica di indebitamento spinto è che la deducibilità degli interessi dal reddito imponibile rendono l’utile, al netto delle imposte, più elevato di quello che produrrebbe un’impresa con un basso grado di indebitamento. Naturalmente l’alta leva finanziaria migliorerà la redditività netta a patto che l’utile, cioè la redditività del capitale investito, sia superiore agli oneri finanziari. Ma se il capitale di prestito è investito in progetti rovinosi, la perdita sarà tanto più elevata quanto maggiore è la leva e il valore dell’investimento crollerà. Ad esempio, una leva finanziaria di 30 significa che ogni 30 euro di prestito sono garantite da un capitale appena 1 euro. Basta quindi una riduzione del 3.3% di valore delle attività in cui il prestito è investito per azzerare l’euro di capitale (30×0.33=0.99) e rendere insolvente il mutuante. Ora, l’intero settore bancario europeo si trova proprio in questa condizione, perché avendo una leva finanziaria che varia da 26/ 50 a 1, è sufficiente una riduzione rispettivamente del 4% e del 2% del valore dell’attivo perché i bilanci risultino in perdita. L’anno scorso l’attivo delle banche ha già subito una riduzione del 4% e l’unica ragione per cui il sistema bancario non ha perso il capitale in un colpo solo, è stato grazie alla creazione degli effetti speciali prodotti del governatore della Banca Centrale, Mario Draghi (LTRO, OTM, promesse di acquisti illimitati) che, rassicurando i mercati hanno scongiurato le svendite massicce di titoli, la falcidia del loro valore e il conseguente aumento dei tassi di interesse che avrebbe fatto crollare il castello di carte dell’euro. Ma nulla è migliorato da allora. Sono forse cambiati i fondamentali dell’economia europea? Sono aumentati investimenti e produzione? E’ diminuita la disoccupazione? E’ diminuito il debito? E’ scesa la pressione fiscale? È aumentato il risparmio? Non esistono segni di ripresa ma la certezza di una crisi sempre più profonda in cui è coinvolto tutto il sistema bancario. La fragilità delle banche è inoltre evidenziata dal fatto che nonostante i loro prestiti siano remunerati dal 4% o all’8% e la banca centrale le finanzi praticamente a costo zero, hanno tuttavia i bilanci in sofferenza. Il vero motivo per cui operano sempre sul filo del rasoio dipende appunto dal fatto che gran parte del loro attivo è costituito dai titoli emessi dagli stati sovrani che non hanno valore intrinseco perché non danno reddito, essendo stati emessi per finanziare le spese dei governi che sono consumo e non investimento. In queste condizioni non possono né ripagare debiti né  ripianare perdite se non ricorrendo ad altro credito (chiamato impropriamente “liquidità”) il che farebbe  aumentare ancora di più la loro leva finanziaria e il relativo livello di rischio. Quando la causa del problema è usata come soluzione non si è che a un passo dalla “catastrofe finale”.

Dal bail out al bail in

L’attivo delle banche si è dunque trasformato in un buco nero che sta assorbendo ciò che è rimasto della ricchezza esistente. Dopo l’episodio di Cipro risulta chiaro che le banche non rappresentano più i guardiani del risparmio ma sono state candidate a diventare dei sostituti di imposta tenuti a operare una ritenuta sui risparmi dei depositanti a valere sui debiti di cui, nonostante non li abbiano assunti in proprio, devono considerarsi titolari a tutti gli effetti. Questa è la morale della storia. Essendo infatti sempre più difficili i bail out, cioè i salvataggi con iniezioni di liquidità inflazionista, si dovrà ricorrerà ai bail in, cioè alla capitalizzazione forzata delle banche espropriando i soldi dei risparmiatori, anche se pensionati. E’ opportuno infatti ricordare che due mesi fa il governo spagnolo ha utilizzato i fondi di previdenza sociale per acquistarsi il debito. Era il primo campanello d’allarme. Dopo Cipro è lecito chiedersi: quale sarà il prossimo paese? Quando i sistemi bancari diventano insolventi, lo diventano anche le nazioni e ai loro governi, messi con le spalle al muro, non resta che espropriare i beni dei cittadini. Non esistono assicurazioni contro i furti di stato e da oggi vale il principio in base al quale si possono tenere i risparmi in banca fino a quando i governi non ne avranno bisogno per coprire le loro perdite e quelle del sistema bancario che li tiene in vita. Cipro ha colpito per la forma aggressiva, diretta e brutale con cui l’espropriazione è avvenuta. Ma è opportuno ricordare che la confisca avviene già da anni in modo indiretto e silenzioso perché i risparmi vengono falcidiati da una continua inflazione che i governi cercano di mascherare. L’euro in dieci anni ha subito una perdita di valore del 50% che equivale a una tassa di oltre il 10% all’anno. Ma equivale anche ad una riduzione del valore del debito che viene pagata, appunto, con i soldi dei cittadini. In un ambiente economico dominato da debiti, tassi reali negativi e governi bancarottieri, i redditi della classe media non hanno scampo. Ma anche qui c’è una linea rossa da non superare. Il valore totale dei depositi nell’eurozona fino a qualche settimana fa era intorno ai 10 trilioni di euro. Non sappiamo quanto siano attualmente. Ma sappiamo che l’1% sono 100 miliardi, 10 volte il valore che sarà confiscato a Cipro. Non è difficile immaginare cosa accadrebbe se i risparmiatori europei avessero il sentore di un nuovo raid: sparirebbe dalla circolazione monetaria un valore ben superiore mettendo alle corde il settore bancario. Un’altra scossa come quella di Cipro aprirebbe una linea di faglia che sprofonderebbe l’eurozona in un baratro. Oggi, solo la fiducia sorregge il valore di una moneta e quando viene sovvertito l’ordine giuridico basato sulla tutela dei diritti di proprietà viene meno anche l’ordine monetario di cui è emanazione. Riflettano bene i banchieri centrali e i governi: anche loro stiano attenti a non superare la linea rossa oltre la quale inizia la sovversione dell’ordine sociale.

Tratto da http://www.chicago-blog.it

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