“Se Cipro, pur rispettando l’impegno globale, scegliesse una diversa ripartizione per proteggere di più i piccoli depositi ritengo che dobbiamo ascoltarlo.” (P. Moscovici)
Ho riportato una delle tante dichiarazioni sulla rapina che il governo cipriota si appresta a fare a danno dei depositanti (peraltro mentre scrivo il provvedimento non è ancora stato votato dal Parlamento). In questo caso è il ministro delle finanze francese, che, al pari dei suoi colleghi europei, si è affrettato a negare qualsiasi effetto contagio. Staremo a vedere.
A mio parere il punto non è tanto se verranno tassati tutti i depositi oppure solo quelli superiori a una certa soglia. Questo può fare la differenza per i sostenitori del principio di progressività delle imposte, dei quali non faccio parte. Né mi interessa entrare nel merito di ciò che ha causato la crisi a Cipro.
Quello che mi interessa sottolineare è la natura predatoria dello Stato, che ora dovrebbe risultare evidente anche a coloro che finora avessero avuto dei dubbi al riguardo. Il governo di Cipro, alle prese con una finanza pubblica in deterioramento e un sistema bancario che necessita di essere ricapitalizzato per circa il 60 per cento del Pil, è stato messo di fronte a questa condizione da parte dei partner europei (guidati dalla Germania): noi ti aiutiamo se tu metti sul piatto 5.8 miliardi. Dato che il sistema bancario pesa circa il 300 per cento del Pil e oltre il 250 per cento sono depositi, dei quali una discreta fetta proveniente dall’estero (soprattutto dalla Russia), tassare una tantum i depositi è parso al governo cipriota il modo più semplice e veloce per raccogliere quei 5.8 miliardi.
Non c’è da scandalizzarsi più di tanto per questo episodio. Signori, lo Stato è questo! Da sempre si comporta in modo predatorio nei confronti dei cosiddetti contribuenti. A volte lo fa con più circospezione, ma, in ultima analisi, quando ha bisogno di raccogliere molti soldi in fretta li va a pigliare dove sa che si trovano.
Per sottolineare la non volontarietà del pagamento delle tasse, Lysander Spooner paragonò lo Stato a un brigante di strada, arrivando alla conclusione che quest’ultimo, per lo meno, non pretende di avere diritto di prelevare il denaro della sua vittima e, una volta compiuta la rapina, non pretende di fare della vittima il proprio zimbello e il proprio schiavo.
Qualcuno ancora dubita che Spooner avesse ragione?
Carlo, non e’ un dogma. E’ una possibilita’.
E come tale, potrebbe avverarsi o meno. Il tutto dipenderebbe da coloro che scelgono di agire in un modo o nell’altro.
E’ chiaro che qui siamo tutti per la scomparsa degli Stati, intesi come organismi territorialmente monopolisti della violenza. Non e’ il fatto che sia piccolo o grande a fare la differenza, da questo punto di vista.
Come detto altrove, pero’, le organizzazioni piu’ limitate territorialmente sono meno “autocratiche” e piu’ facilmente “abbandonabili” dal singolo (leggasi, fuga da un’altra parte).
Il principio di autodeterminazione non e’ una sega mentale di alcuni ottusi libertari deviati. E’ un principio che, se applicato, va applicato a tutti coloro che lo invocano. Non a piacimento.
Se poi il nuovo potente di turno fara’ di tutto per non applicarlo non sara’ certo per colpa di chi lo sostiene, no? E non per questo non vale la pena di sostenerlo.
In ogni caso, far passare per idioti coloro che indicano una delle possibili strade per arrivare all’obiettivo (cioe’ la scomparsa dello Stato) non mi sembra una cosa corretta, innanzitutto, e nemmeno saggia dal punto di vista strategico.
Piu’ possibilita’ di liberarci dal Leviatano avremo, meglio sara’.
A proposito del dogma secondo cui il processo secessionistico, alla maniera d’una reazione nucleare a catena, condurrebbe alla disintegrazione totale dello Stato, vorrei capire com’è possibile che uno Stato nato da una mutilazione possa accettare a cuor leggero d’essere a sua volta mutilato. Non vi osta il principio di autoconservazione? Non dimentichiamoci che quando parliamo di Stato non facciamo riferimento a un’entità metafisica di per sé sussistente anche in assenza degli individui in carne ed ossa che gli danno vita, mama proprio a questi individui in carne ed ossa: così come quando parliamo di mafia in realtà facciamo riferimento ai mafiosi, e quando parliamo di banda brigantesca ai briganti in combutta fra loro. Siamo proprio sicuro che un capobanda alla guida d’un’organizzazione banditesca nata dalla scissione di un gruppo criminale più numeroso, possa accettare senza batter ciglio la defezione di alcuni suoi membri?Non significherebbe, questo, veder ridotto il proprio potere, perdendo uomini e mezzi? Uno degli errori di chi spera nelle secessioni a catena è proprio quello di aver duimenticato la psicologia del potere, come se uno Stato, in quanto nato da una secessione, fosse tutt’altra cosa da uno Stato nato in altro modo.Ogni Stato nasce da un atto di violenza (anche la secessione è violenza di una presunta maggioranza su una minoranza, il caso di Cipro docet: indipendentisti di Makarios III contro unionisti di Enosis) e porta dentro di sé questo peccato originale. Non per niente Caino, il primo fondatore di città (quindi della politica) è un fratricida; e fratricida è anche Romolo, 9il pro0genitore della stirpe che avrebbe dominato il mondo. E con quali mezzi violenti! “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”.
@ALESSANDRO : grazie della sua interessante prospettiva che condivido, rallegrandomene. Converrà con me che, tuttavia, la gran parte di coloro che agitano le bandiere locali della Padania, o di San Marco o della Trinacria, non importa, quasi sempre lo fanno per motivi ideologici, settaristi e, per cosi dire, persino patriottici, di quel cancro mondiale, cioè che ha prodotto miliardi di schiavi, di nemici e di soldati, e di morti in guerra e non solo.
La ringrazio molto del suo commento.
L’indipendentismo e la secessione servono a stabilire un principio: quello di staccarsi dallo stato se non si è d’accordo. E’ il principio che conta. Infatti, ammesso che possa staccarsi dalla Repubblica Italiana, che so, il Veneto, nulla impedirebbe domani alla città di Venezia di volersi staccare dal Veneto, e poi al sestiere di Dorsoduro di volersene andare da Venezia e, di secessione in secessione, il principio deve ammettere anche quella individuale, ossia la fondazione di una società libera basata sulla proprietà e sui diritti dell’individuo. Infatti, ammesso il principio di secessione non è possibile trovarne una limitazione quantitativa e la conseguenza è l’anarchia. Solo a questo serve la secessione. Per il resto, essere rapinati dall’Italia o dalla Comunità Europea o dalla Serenissima Repubblica di Venezia o dallo Stato Pontificio non cambia nulla. Come diceva Spooner un rapinatore è un rapinatore.
Ove si dimostra che sono briganti anche gli staterelli: e Cipro è uno di quelli. Nicosia s’è resa indipendente un bel po’ di tempo fa, nel nome del solito ciarpame ideologico etnico-religioso-patriottico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.Mi convinco sempre più che libertarismo e indipendentismo hanno poco o niente da spartire. Sono l’unico a pensarla così? Niente di più individualistico e libertario!
Non sei il solo. Chiedo sempre agli indipendentisti o sedicenti tali : ma se a un sistema che sta a roma, sostituiamo il potere di venezia, o palermo o torino o perugia, che cosa cambia ? il meccanisco cancerogeno continua lo stesso,
Credo anzi che l’indipendetismo sia un nemico inconsapevole della libertà e del primato dell’individuo sulla collettività.
Wiwa la libertà. Sempre, da chiunque.
uno Stato senza sovranità monetaria è semplicemente uno Stato morto. Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna, Cipro…chi sarà il prossimo cadavere dopo questi ? Italia (ed in parte Francia) sono già agonizzanti
perchè altrove, oltre che a Cipro, lo stato cos’è ? un conventicola di missionari comboniani ?