C’è una notizia, di qualche giorno fa e che presumo conosciate, che mi ha particolarmente urticato, ecco il titolo: “La cura Monti produce i suoi effetti, nei primi nove mesi dell’anno il 92% di telefonate in più al 117 rispetto al 2011”. Ora qualche dettaglio: “Il governo spinge gli italiani a fare la spia, segnalando chi sgarra. Impressionante l’aumento delle segnalazioni sulle violazioni fiscali, +228%, con 24 mila chiamate per denunciare la mancata emissione dello scontrino e i lavoratori in nero. Aumentano anche le denunce di illeciti in altri settori oltre a quello fiscale. l boom delle chiamate al 117 era stato registrato sin dai primi mesi dell’anno, ma i dati di medio periodo confermano ora il forte incremento. Il governo ci tiene a sottolineare che è importante la partecipazione dei cittadini alla lotta all’illegalità economico-finanziaria”.
Un paio di settimane fa, avevo scritto della sindrome da caccia alle streghe che ha ammorbato l’italiano medio. I numeri di cui sopra avallano la mia tesi, rispetto alla quale aggiungo qualche preoccupazione in più, considerato che ormai siamo al cospetto di un fenomeno irrazionale: “il linciaggio al contrario”, propagandato con spot a spese dei contribuenti peraltro. Mi spiego: anziché – come è sempre accaduto nella storia – vedere frotte di tartassati che scendono per strada con vanghe e badili per randellare i gabellatori e i loro mandanti, assistiamo al “moto contrario”, ovvero ad una miriade di frustrati e parassiti che se la prendono con chi produce ricchezza e cerca di sottrarne un po’ a quei banditi che si nascondono dietro le più svariate sigle di partito. Siamo al mondo alla rovescia, dove il “prolet lobotomizzato” fa il suo dovere a puntino e come un qualsiasi animale da soma non pensante tira l’acqua al mulino dello schiavista bocconiano.
Quando il buon senso aveva ancora nazionalità anche alle nostre latitutidini, lo sfruttato incazzato usciva di casa e cominciava a dare di forcone contro gli aguzzini, contro chi li voleva annientare, contro chi li derubava del frutto del loro lavoro. “Il linciaggio è la forma di giustizia nel senso più alto della parola. C’è la giustizia dei legulei, che è il modo di imbrogliare il prossimo, e c’è la giustizia popolare che si esprime nei moti rivoluzionari. Quando il sistema non garantisce più la giustizia, è il popolo che si appropria del diritto di punire”. Così parlava Gianfranco Miglio, quando tentava di spiegare a quel cialtrone di Umberto Bossi cosa fosse la resistenza fiscale.
In epoca napoleonica Giuseppe Prina ricoprì l’incarico di Ministro delle Finanze del Regno d’Italia. Racconta la storia: “Quando ormai, con le sconfitte napoleoniche, la sorte del Regno italico appariva segnata, le avvisaglie dell’odio contro il Prina si fecero sempre più frequenti con cartelli che apparivano ovunque, in cui si minacciava: Prina! Prina! il giorno s’avvicina. La notizia dell’abdicazione di Napoleone intervenuta, l’11 aprile 1814, raggiunse Milano un paio di giorni dopo (non esisteva twitter a quei tempi). Gli oppositori di Melzi d’Eril organizzarono una sommossa, ricordata come la ‘Battaglia delle Ombrelle’. Una mattina, una folla furiosa entrò nel Senato ne saccheggiò l’aula e cercò ovunque l’odiato Prina. Non avendolo trovato, i rivoltosi si diressero verso la sua residenza e dopo aver saccheggiato il palazzo e dopo averlo scovato in un armadio, i rivoltosi lo denudarono lo gettarono dalla finestra. La folla sottostante– composta da rispettabili cittadini – iniziò a colpirlo con le punte degli ombrelli. Il linciaggio nella vicina Piazza della Scala durò ben quattro ore, sebbene si fosse in pieno giorno, tanto che alla fine il corpo era praticamente irriconoscibile. Nessuna autorità né civile né militare venne in suo soccorso”.
Sono andato a rileggermi un passo, tra i tanti, del libro di Charles Adams in cui si narra la storia della tassazione. Quando, “durante la guerra contro Napoleone, fu introdotta una piccola tassa sui focolari, ci fu una rivolta popolare perché la gente non accettava che agenti del fisco entrassero nelle case a controllare quanti caminetti vi erano”. Oggi, al contrario, permettiamo – e finanche plaudiamo – una pletora di delatori che additano chi non emette uno scontrino o aggiusta una taparella in nero. Nell’America dei coloni, le lettere minatorie tipo quelle recentemente inviate dall’Agenzia delle Entrate a oltre 300mila famiglie con l’ordine di giustificare presunte spese non in linea con redditi dichiarati, avrebbero portato a rivolte armate e sollevazioni. E fu la tassa sul te – giusto per non dimenticare – a scatenare la rivoluzione americana, il cui inizio è datato da molti proprio in quel lontano 1773.
Un tempo, quando la libertà aveva un senso compiuto, quelli come Befera venivano inseguiti, impeciati ed impiumati quando andava bene, spesso finivano squartati ed impalati in pubblica piazza. Come ha spesso ricordato il professor Luigi Marco Bassani durante i suoi interventi pubblici, nei secoli passati sarebbe stato sufficiente superare il 10% di pressione fiscale per scatenare le ire popolari e il linciaggio a catena dei vessatori. Oggi, di fronte a imposte che superano abbondantemente il 70% (con disservizi e truffe a corredo) e ad una infame partitocrazia a tal punto criminale da far apparire “Al Capone” uno scugnizzo qualunque, assistiamo al 95% della stampa che si schiera con gli utili idioti che chiamano il 117!
Una delle peculiarità dei regimi è sempre stata quella di trasformare i suoi sudditi (o cittadini per gli snobisti della lingua italica) in delatori in servizio permanente e continuo. Così era l’Urss, l’Italia fascista, Cuba, la Germania nazistoide e tanti altri postacci ridotti a simulacri di civiltà. L’Italia odierna – democratica, solidale e Napolitaliana – non è molto diversa. Se a voi piace così restateci pure in questo regno dei morti popolato da luridi spioni, leccaculi e sanguisughe che pretendono – perché a scuola gli hanno insegnato che tutto è “diritto” – di vivere alle spalle degli altri. Nell’Italia patria dei grandi sarti e dell’Alta Moda, mi vien da ripescare un ammonimento di Victor Hugo, che faceva così: “L’invidia è una buona stoffa per confezionare una spia”. Non per nulla quel grand’uomo di Leonardo Sciascia scrisse che, al netto di qualche uomo, questo – quando non è un paese di “piglianculo” (ruffiani) – lo è di quaquaraquà!
*Tratto da www.lindipendenza.com
Lo stato che per risanare il bilancio, anzichè tagliare i costi delle strutture ed enti inutili aumenta la pressione fiscale è destinato al fallimento esattamente coma una azienda privata che, anzichè eliminare la sua inefficienza cerchi di risollevarsi aumentando il prezzo dei prodotti. In entrambi i casi, la ricchezza prodotta continuerà a scendere, fino al default.
Non c’è nulla da storcere. L’esempio di Anna Frank invece calza a pennello.
Anche in quel caso l’eroico delatore non ha fatto altro che il suo dovere di bravo cittadino, segnalando chi stava violando le leggi del sacro Stato.
Non credo occorra essere delle cime di scienza infusa per capire che tanto, più si paga e più si pagherà! Non capisco… si scovano evasori in continuazione e le tasse, invece di diminuire, aumentano. Aumentano i prezzi, aumenta l’IVA. Chiudono le fabbriche e chi resta (chi può e riesce a lavorare) deve sopportare un carico sempre più gravoso. Qualche anno fa credevo veramente che la denuncia di chi evadeva le tasse, portasse dei benefici a tutta la collettività. Oggi, invece, credo che gli unici a beneficiare siano le agenzie che riscuotono e gli avvocati che, in questo modo, hanno pane per i loro denti. Le delazioni non portano mai nulla di buono. Non dimentichiamo che Anna Frank (e tanti come lei) fu scovata dai nazisti, grazie ad un delatore. Lo so che qualcuno potrà storcere il naso di fronte a questo mio paragone. Però, a pensarci bene, credo che un nesso ci sia, dal momento che fino ad oggi, le barzellette secondo cui “…se tutti pagano le tasse ci sono più servizi per tutti….” sono e rimangono solamente barzellette, e magari qualcuno è disposto a pagarle bene!
No, uin atto di barbarie rimane un atto di barbarie. La legittima difesa non è mai un atto di barbarie ,”per la contradizion che no’l consente”.
Il linciaggio è un atto di barbarie, ma anche il linciaggio morale lo è. Togliere alla gente la ricchezza che si è guadagnata con il lavoro e con le idee è una forma sottile, ma non per questo meno cruenta di linciaggio. E quando non c’è altra via d’uscita che rendere il pan per focaccia, allora un atto di barbarie diventa semplicemente leggitima difesa.
Sono sempre triste dopo aver letto le cose che scrive Leonardo Facco perché mi rendo conto che sono davvero pochi quelli che riescono a comprenderne la verità e il buonsenso.
Almeno il buonsenso! Avesse questo popolo almeno quello…
Sia lode a Leonardo Sciascia, uomo di alta levatura intellettuale e finissimo scrittore:Il quale però, in uno scritto che ora non ho sotto mano, deprecando la rivolta di Milano dell’aprile 1814 non risparmia i suoi elogi al Prina, riconoscendo in lui l’integerrimo servitore dello Stato che finalmente cerca di far pagare le tasse a chi di dovere. E’ evidente che un libertario non può che essere in disaccordo con tale opinione; ma credo debba anche ritener opportuno di deprecare, sotto l’aspetto morale, ogni forma di violenza, prima fra tutte il linciaggio, pur potendone riconoscere le motivazioni sul piano psicologico e sociologico in determinate circostanze storiche.. La nostra bandiera dev’essere quella della non violenza e della disobbedienza civile;la quale ultima,se perseguita con tenacia secondo programmi ben preparati e ben diretti, può avere esiti più felici d’uno scoppio di rabbia cruenta,come quella che divampò a Milano dopo la caduta Napoleone(pare tra l’altro che Manzoni, spettatore atterrito e angosciato di quell’orrore, ne abbia tenuto conto per la descrizione della rivolta di San Martino nei “Promessi Sposi”). Ecco perché le parole su riportate di Miglio mon mi piacciono. Il linciaggio non è mai giustizia,è solo barbarie. Se non prendiamo le distanze da certi giudizi, rischiamo di imparentare,nostro malgrado, l’aristocrazia del pensiero libertario(che con l’esaltazione della”massa” non ha nulla che fare) con la feccia del peggior populismo.