Chiunque non sia incline a piegarsi ai dogmi della statolatria politicamente corretta, i cui sacerdoti, sugli altari di una pretesa superiorità morale (fossero anche semplici cittadini, nella vanità psicologica di affiliazione ai superuomini di Stato), nel nome di sua maestà la Giustizia Sociale, sua Eccellenza la Redistribuzione e loro Eminenze i Beni Pubblici, spargono sentenze inappellabili; chiunque abbia osato, in un consesso, diciamo così, non protetto, affermare senza imbarazzo che l’evasore fiscale non è il parassita e che evadere le tasse è persino legittima difesa, tra i cori di indignazione degli “onesti cittadini”, si sarà più e più volte sentito opporre il ventaglio delle solite, molteplici, obiezioni, che vanno dagli alti riferimenti morali, ai più semplici, e apparentemente banali: “se non paghi le tasse, non hai diritto ad usufruire degli ospedali”, “se non versiamo le imposte allo Stato, chi costruirà le strade?”.
A lui, e a noi tutti per cogliere al meglio le dinamiche materiali e simboliche di questo tempo tragico, è davvero consigliabile la lettura della “storia infinita di tasse e parassiti”, che ha voluto raccontarci lo studioso liberale Cristian Merlo.
Con solidi riferimenti teorici, giuridici ed economici, l’Autore vi tratteggia, senza sconti, il quadro ordinario, attuale, profondamente corrotto e corruttore dello “sfruttamento democratico”, che va in scena all’Ombra di quello Stato che il grande Frédéric Bastiat – in tempi meno gravi di questi -, battezzò: la grande finzione in cui tutti si sforzano di vivere alle spalle di tutti.
In novanta, dense, pagine, non prive di riferimenti scientifici, vengono messi in scena i meccanismi degeneri di quello che, ironia della sorte, viene chiamato: “Stato del benessere”.
Ma ciò che rende più prezioso e singolare questo lavoro è da un lato l’attenzione posta sul carattere “illusorio” tipico della strumentazione ideologica della dottrina dello Stato, dall’altro la giusta, pesante, valutazione degli effetti degeneri dell’ubriacatura illusionista, in termini di degrado cognitivo, psicologico, morale della nuova umanità infantilizzata.
Così Merlo dedica innanzitutto interessanti riflessioni alla madre di tutte le illusioni: l’illusione dell’infallibilità della soluzione politica.
E’ l’opinione, comune come le more, del “primato della politica”, l’illusione che un gruppo più o meno ristretto di “superuomini”(ossia, per dirla con Sergio Ricossa, di uomini come gli altri, ma con molto più potere), sia depositario di una superiore sapienza morale, economica, sociale, disponga di informazioni accentrate: a loro si dovrebbe rivolgere il cittadino-suddito per trovare soddisfazione ai propri bisogni, alle proprie ansie e finanche ai propri sensi di colpa.
Chi si prenderà la briga di leggere “Lo Stato illusionista” noterà la scrupolosità con cui l’Autore passa in rassegna i fattori che alimentano le illusioni stataliste, e la facilità con cui queste vengono destrutturate.
Qui preme invece sottolineare ciò che emerge – fondamentalmente e limpidamente – dalla lettura di questo libro: la realtà di una politica fatta di maschere e finzioni cui corrisponde un’umanità ipnotizzata di fantasmi e zombies, impegnati a vivere una vita che non è la loro, nel teatro dell’”assalto alla diligenza”, della “rincorsa al privilegio”, dell’impossibile calcolo dei costi/benefici di tasse e servizi imposti in modo monopolistico dalla cricca dei consumatori di tasse, in un circolo vizioso (uroborico), in cui nessuno è più padrone di se stesso.
Di più, nella “società rimescolata”, tutti rinunciano a conoscere veramente se stessi, misurandosi in una società libera e ideando un’autentica cooperazione sociale. Per debolezza. Per paura. Per sfiducia. Le condizioni che riducono in schiavitù l’essere umano.
L’impresa è titanica (per questo affascinante), ma non impossibile.
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[…] de <<Lo Stato illusionista. Una storia infinita di tasse e parassiti>>, libro pubblicato da Cristian Merlo per la Leonardo Facco Editore nel 2012, a cura di […]
[…] dalla Premessa de <<Lo Stato illusionista. Una storia infinita di tasse e parassiti>>, pubblicato da Cristian Merlo per la Leonardo Facco Editore nel […]
Riccardo, il potere è una droga, più che per chi lo possiede, per chi lo subisce.
occorre che ci siano recensioni e libri come questo per chiarirsi i motivi dello sfacelo che vediamo intorno a noi ogni giorno e che ci riguarda sempre più, da vicino
Tutto ciò è vero, ma lo stato esiste in quanto esistono i sudditi, cioè persone che preferiscono perdere la loro libertà o gran parte di essa in cambio di una più o meno reale protezione da parte di una grande madre, lo stato, che si prende cura di loro. Dal momento che coloro che detengono il potere hanno interesse a che la gente comune non gli tolga i loro privilegi, si sforzano di convincere il popolo che senza lo stato, cioè senza di loro, sarebbero completamente privi di protezione ed in balia di forze oscure che ne farebbero scempio. In realtà si tratta davvero di un processo uroborico. Tanto più coloro che detengono il potere statale avranno dei provilegi, quanto meno saranno disposti a farne a meno e tanto più cercheranno di convincere il loro sudditi che senza la loro ‘guida’ starebbero peggio. In realtà, tutto ciò, ha un substrato di natura antropologica. L’ uomo è di per se un animale da branco e nel branco, viene accordato al capo un certo numero di privilegi, tipo mangiare la preda per primo, in cambio della guida e della protezione di tutti i componenti del branco. L’anomalia umana, sta nella dimensione del branco. Mentre i lupi possono sempre spodestare il capo di turno lottando con lui e dimostrando di essere più forti, nella società umana, in virtù delle sue dimensioni, questo non può avvenire. Il lupo ‘alfa’ si circonda di lupi ‘beta’ che in cambio di privilegi a loro accordati, impediscono a chiunque di prendere il posto di ‘alfa’. La colpa non è di chi detiene il potere, ma dei componenti del branco che non hanno capito il meccanismo e non sono capaci di coalizzarsi per spodestare l’alfa di turno ed i suoi lacchè beta.
Bellissimo articolo! Corro a comprare….
Claudio
Grazie