Anarchici
Dall’8 al 12 Agosto nella località di Saint-Imier (nel Jura Bernese) si è tenuto un incontro-raduno a cui hanno preso parte, secondo alcune stime, più di 3000 persone provenienti da tutto il mondo. L’occasione era la celebrazione del 140° anniversario del Congresso dell’Internazionale Anti-autoritaria tenutosi proprio a Saint-Imier nel Settembre del 1872. Espulsi dall’Internazionale dominata da Marx e dai marxisti, alcuni anarchici, (tra cui Bakunin, Malatesta, Guillaume, Schwitzguébel) si ritrovarono in questa località, famosa per essere uno dei luoghi di attività dei membri della Fédération Jurassienne, e concordarono una serie di risoluzioni aventi come tema conduttore la fine del potere politico e l’affermazione della rivoluzione sociale.
Volendo fare un primo bilancio dell’incontro-raduno di Agosto che è stato, da un punto di vista organizzativo, tutto sommato un successo, si dovrebbe far emergere, a mio avviso, due punti sostanziali:
1. La varietà dei partecipanti. Il miscuglio di lingue e di esperienze culturali diverse che si è manifestato in quei giorni a Saint Imier è stato forse l’aspetto più positivo di tutto l’incontro. Al di là di questa varietà, si potrebbe comunque affermare che erano presenti tre tipologie di persone:
– Gli anarchici della vecchia guardia. Molti dei partecipanti erano anarchici di lunga data, che hanno letto e approfondito nel corso degli anni gli scritti e il pensiero dei teorici dell’anarchia. Questa loro preparazione si unisce però, in alcuni casi, ad una certa incapacità o incuria nel calare i principi storici generali nella attuale realtà, sociale e tecnologica, più avanzata.
– Gli anarchici di nuova formazione. Alcune persone venute al raduno sono state spinte dalla curiosità e dall’attrazione che il pensiero anarchico esercita in questo periodo, soprattutto in presenza di una crisi profonda dello stato. Queste persone se si impegneranno ad approfondire il pensiero anarchico e a applicarlo nella pratica potrebbero diventare il nucleo su cui costruire, in futuro, una ripresa teorica e pratica del movimento.
– Gli anarchici di straforo. Qualsiasi raduno anarchico attira persone che interpretano l’anarchia nella maniera superficiale del vivere disordinatamente e, spesso, a spese degli altri. Sono questi gli pseudo-anarchici delle tre D (drinks, drugs and dogs) o, con una definizione più appropriata, i punkabbestia giramondo, tanto cari alla versione statalista e giornalistica dell’anarchia. Il contributo di questo gruppo al movimento anarchico oscilla tra il livello zero (nullo) e quello sottozero (negativo).
2. La convenzionalità dei dibattiti. La maggior parte delle presentazioni e delle discussioni hanno fatto riferimento a figure o esperienze storiche, come era forse prevedibile. Ma, anche quando si è trattato di affrontare temi correnti, come l’attuale crisi economica, l’impostazione mi è apparsa intrisa di una patina di convenzionalismo vecchio stampo, del tutto anacronistica, se non addirittura fuorviante. La realtà tecnologica attuale e il fatto che l’individuo dispone di mezzi potentissimi di rivoluzione sociale (gli strumenti per il social networking) non mi è sembrato attraversasse le menti di molti anarchici che sono intervenuti nei dibattiti o con i quali ho avuto modo di scambiare idee. Insomma, lo sguardo nostalgico verso il passato (l’epopea anarchica) è prevalso di gran lunga sulla visione progettuale verso il futuro (la transizione verso le comunità libere post-statali).
Liberali
Dal 26 al 29 Agosto, si è tenuta, nella bellissima Aix-en-Provence, la 33 edizione della Université d’Été de la Nouvelle Economie avente come tema: Il libero commercio e il progresso sociale.
Il tema scelto non era certo qualcosa di controverso in quanto una persona (soprattutto un liberale) che non è a favore del libero commercio (e cioè vuole un commercio controllato dai padroni di stato o da altri padroni) ha grossi problemi di ordine morale e assai discutibili interessi di ordine economico. Per cui era difficile che in un incontro tra liberali sul suddetto tema emergesse qualcosa di totalmente nuovo. Eppure qualcosa è emerso, almeno per quanto mi riguarda, come ad esempio una critica radicale alla impostazione ricardiana del vantaggio comparato. È stato rilevato infatti che Ricardo, pur essendo favorevole al libero scambio, è ancora del tutto intriso di statalismo in quanto fa sempre riferimento al commercio tra stati mentre, nella realtà e nella concezione liberale, gli scambi avvengono tra individui (o tra gruppi di individui); e la realtà che concerne gli individui è in continuo mutamento, e così anche i tipi di produzioni che è vantaggioso scambiare.
Anche per l’incontro ad Aix-en-Provence, si può parlare di varie anime del liberalismo e quindi di varie tipologie di liberali. Abbiamo, ad esempio:
– il liberalismo statale di coloro che ritengono che lo stato abbia ancora un ruolo essenziale da svolgere nella vita sociale, anche se molto ridotto (lo stato minimo);
– il liberalismo padronale di coloro che vedono nell’impresa il fulcro della vita sociale e nei padroni-imprenditori la linfa vitale che anima la società;
– il liberalismo radicale di coloro che sono a favore di una liberazione totale degli individui in società e tendono quindi, consciamente o inconsciamente, verso il libertarismo, fino a toccare o a simpatizzare per l’anarchia (la fine dello stato monopolista).
A parte questi tre tipi, che sono solo delle delineazioni astratte, quello che sembra ancora dominare è una certa nostalgia per il passato, quando lo stato non era ancora così soffocante ed esoso, quando gli imprenditori avevano ancora una certa libertà di manovra, quando la cosiddetta rivoluzione della Thatcher e di Reagan (nessuno dei due, a dire il vero, autenticamente liberale) aveva suscitato speranze per un ritiro progressivo dello stato dagli interstizi della vita sociale.
Quello che prevale, o comunque quello di cui si sente maggiormente la voce, è l’individuo che ha nostalgia del passato.
Nostalgici
In sostanza, sia per quanto riguarda gli anarchici che per quanto riguarda i liberali, il tipo dominante o il tipo maggiormente in evidenza è il nostalgico nelle sue due forme:
– celebratore del tempo passato: di fronte al disastro e al soffocamento statale che cresce di giorno in giorno la posizione più semplice da assumere è quella di chi rimpiange un passato in cui lo stato aveva un ruolo ben più modesto;
– elaboratore di teorie del passato: a fare da supporto al celebratore del passato abbiamo l’intellettuale che, in mancanza di realtà concrete, è portato per sua natura a fare riferimento esclusivamente alle scuole di pensiero del passato.
Il rischio insito in tutto ciò è che:
a) La nostalgia del passato si risolva in uno spreco di energie che dovrebbero invece essere dedicate alla costruzione del futuro;
b) L’attenzione alle scuole del passato risulti nella formazione di steccati e di sètte, mentre quello di cui si ha bisogno è la formulazione di progetti e di reti aperte a tutte le persone che vogliono partecipare alla messa in atto di quei progetti.
In altre parole, lo spazio è occupato in prevalenza dal nostalgico del passato, colui che fa riferimento a scuole che diventano, col passare del tempo, sètte, mentre quello che manca è il costruttore del futuro, che agisce per progetti, in collegamento attivo con molti individui di vario orientamento culturale attraverso le reti sociali (social networks).
Futuro
In futuro si organizzeranno di certo altri raduni anarchici, a Saint Imier o altrove.
Ci sarà ancora l’Università d’Estate di Aix-en-Provence, e sarà un piacere andarci e spero di trovare ancora Gabriele (Lanfranchi), Carlo (Lottieri), Roberto (Beretta) e, di sera, discutere piacevolmente con loro, nella grande piazza, assaporando un piatto provenzale innaffiato con un bel bicchiere di vino rosso.
E poi come mancare quando c’è il simpaticissimo Gabriele, sempre pieno di voglia di fare, che ti coinvolge a serata inoltrata a sorseggiare una birra in uno dei caffè sul Cours Mirabeau, dicendoti che non si può andare a dormire alle 11 di sera perché la vita è ancora in piena effervescenza nelle strade di Aix, ed ha perfettamente ragione.
Insomma , esperienze che sarà piacevole ripetere l’anno prossimo, ma …
Perché c’è un ma …
E la rivoluzione, quando la facciamo?
Al che una persona, vedendo l’insieme dei cambiamenti tecnologici e culturali da una parte e il putridume e l’inettitudine dello stato dall’altra, potrebbe dirmi:
E se la rivoluzione fosse già cominciata?
Se è così, e in un certo senso è davvero così, ho l’impressione che né gli anarchici né i liberali, nostalgici del passato, se ne siano resi conto, almeno per ora.