Se i principi viaggiano sulle gambe delle persone, allora la vita di Vivien Kellems (1896-1975) testimonia con forza che le imprese non possono essere le ancelle del governo. Per oltre 25 anni, l’industriale di Westport, in Connecticut, ha combattuto strenuamente la battaglia contro il sostituto d’imposta federale, in quanto si rifiutò di fare da esattrice, raccogliendo le imposte trattenute dai salari dei suoi dipendenti. Se il governo voleva che operasse come un “suo agente”, dichiarò la Kellems, mi“devono pagare, e voglio un distintivo”.
Nel suo testo “Per una nuova libertà”, l’economista Murray Rothbard ha esaminato la posizione della Kellems: “In base a quale principio morale il governo può costringere i datori di lavoro ad agire come suoi gabellieri, a titolo del tutto gratuito? Il meccanismo della ritenuta alla fonte, naturalmente, è il fulcro dell’intero impianto delle imposte federali sul reddito. Senza il processo, costante e relativamente indolore, della trattenuta automatica dell’imposta dalla busta paga del lavoratore, il governo non potrebbe mai sperare di accrescere la pressione fiscale, che grava sui lavoratori, attraverso delle soluzioni di pagamento forfettarie“.
Misura “Temporanea”
Il meccanismo della ritenuta alla fonte sui redditi è stato introdotto nel 1943, come misura temporanea per finanziare i costi della Seconda Guerra Mondiale. Con il nome di “Tassa per la Vittoria”, essa richiese alle aziende di utilizzare risorse proprie per trattenere le imposte, mantenere le registrazioni contabili, e trasferire all’erario i fondi raccolti; errori o mancata conformità avrebbero potuto comportare gravi sanzioni. Così le aziende diventarono, contestualmente, i commercialisti e gli esattori, non remunerati, del governo federale.
Dopo la guerra però, non si intravedeva alcun intendimento volto ad abrogare il meccanismo del sostituto d’imposta e così la Kellems, che aveva nel frattempo conseguito un master in economia e con un dottorato quasi in mano, decise che non avrebbe più obbedito al disposto governativo. La sua ribellione era fondata su argomentazioni che andavano ben al di là della mancanza di un distintivo …
Nel suo libro del 1952, “Toil, Taxes and Trouble”, la Kellems spiegò che la sua rivolta era incardinata su assunti di natura costituzionale. L’articolo I, sezione 2, comma 3 della Costituzione degli Stati Uniti
dichiara che “I rappresentanti saranno ripartiti – valido il principio anche per le imposte dirette- fra i
diversi Stati… . in rapporto al numero rispettivo degli abitanti”. La sezione 9, comma 4, così recita:“Non si applicherà testatico o altra imposta diretta, se non in rapporto al censimento o all’enumerazione ….”.
La Kellems concluse: “I nostri antenati legarono strettamente le mani del Congresso e assicurarono la libertà e l’indipendenza del popolo americano. Come? Rendendo assolutamente impossibile imporre una imposta sul reddito. L’imposta sul reddito è certamente una tassa diretta [che] deve essere corrisposta da chi riceve il reddito. Specificando che le imposte dirette devono essere esatte in base al numero di persone, e non su ciò che queste hanno prodotto, come ai tempi dell’antico Egitto, una imposta sul reddito era semplicemente un argomento fuori questione”.
(Contrariamente alla posizione sostenuta dalla Kellems, tuttavia, i tribunali americani hanno a lungo ritenuto che l’imposta sul reddito fosse un’imposta costituzionale indiretta).
Richiesta di giudizio
Nel febbraio del 1948, la Kellems invitò pubblicamente il governo a perseguirla. Al contrario, quattro agenti dell’IRS (l’amministrazione fiscale e tributaria statunitense, ndt) arrivarono a reclamare la corresponsione di 1.685,40 dollari, sebbene i suoi dipendenti avessero già sistemato i propri contri con l’amministrazione fiscale. Gli agenti, che si videro respingere sdegnosamente la loro richiesta, intimarono alla banca della Kellems di pignorare la somma dal suo conto corrente.
Il conflitto divenne famoso a livello nazionale quando show televisivi come “Meet the Press” intervistarono la Kellems. Durante il talk show di Eleanor Roosevelt, “Today With Mrs. Roosevelt”, in voga negli anni cinquanta, la Kellems ebbe a dire: “Come ben sapete, il Congresso può promulgare tutte le leggi che desidera. Il Presidente può firmare tutte le leggi che desidera. Ma nessuna legge può considerarsi valida nel nostro paese fino a quando la sua costituzionalità non sia stata dichiarata dalla Corte Suprema.
Qualsiasi cittadino che dubiti della costituzionalità di una legge ha il diritto, e, a mio parere anche il dovere, di violare la legge in modo da costituire un precedente. Ed è proprio ciò che ho fatto”.
La Kellems si fece promotrice anche dell’organizzazione di un gruppo di pressione nazionale chiamato “Liberty Belles and Boys”, in funzione di ottenere l’abrogazione della ritenuta alla fonte.
Intentar causa al governo
Nel 1949 gli agenti del fisco le intimarono la corresponsione di 6100 dollari. Nonostante la prova che i suoi dipendenti avessero pagato la propria quota di ritenuta, gli esattori forzarono nuovamente la sua banca a consegnare il denaro. Nel gennaio 1950, la Kellems fece causa, per ottenere il risarcimento, presso la corte distrettuale federale a New Haven. Non gli fu permesso di articolare la difesa impugnando argomentazioni di natura costituzionale, ma riuscì ad ottenere, ad ogni modo, un risarcimento pieno.
Alla fine la Kellems dovette abbandonare il proposito di perseverare nel perseguire legalmente l’IRS, in ragione dei costi cui avrebbe dovuto sobbarcarsi, ma non abbandonò mai la lotta. Nel 1969, disobbedì a un ordine del tribunale di produrre documenti finanziari, adducendo il fatto che ciò avrebbe violato i suoi diritti, garantiti dal Quinto Emendamento.
Secondo alcune voci, la Kellems si rifiutò altresì di presentare le dichiarazioni fiscali; altre dicerie vogliono che ella abbia presentato dei moduli in bianco. In un’intervista del 1975 con il “Los Angeles Times” – l’anno della sua morte – la Kellems dichiarò: “La nostra legislazione fiscale è come un’idra mostruosa di 1.598 pagine, ed io ho intenzione di attaccare, attaccare, e attaccare fino a quando l’avrò emendata da ogni peccato”.
Questa guerriera, tanto misconosciuta quanto indomabile, merita senz’altro un posto di primo piano nella storia dell’individualismo, potendo ergersi orgogliosamente accanto a contemporanei come Rose Wilder Lane e Isabel Paterson.
*Articolo di Wendy McElroy su The Freeman Online – Traduzione di Cristian Merlo (Tratto da www.vonmises.it)