“Un voto al governo Monti? 6 meno meno, no meglio tra il cinque e il sei.” (G. Squinzi, 7 luglio 2012)
“Noi apprezziamo quello che questo governo sta facendo. Sicuramente. Anche se c’è ancora tanto da fare. Peraltro ho sempre apprezzato, non ho mai detto il contrario, il professor Monti e il suo governo che ci hanno dato credibilità internazionale, che non avevamo negli ultimi tempi.” (G. Squinzi, 9 luglio 2012)
C’è chi dice che solo gli imbecilli non cambiano mai idea, e probabilmente Giorgio Squinzi ha pensato che, a distanza di un paio di giorni, fosse giunto il momento di cambiare idea sul governo Monti. Oppure si può supporre che Squinzi nel dare un voto al governo non abbia voluto essere di manica larga, per stimolare i professori a fare meglio.
Però già qualche settimana fa non aveva esitato a sostenere che la riforma del mercato del lavoro è “una boiata”.
Oppure, e lo ritengo più probabile, il repentino cambiamento di opinione è la conseguenza della secca reazione di Monti, il quale, pur con quel suo classico tono da maggiordomo, ha addirittura sostenuto, guarda caso l’8 luglio, che le dichiarazioni del giorno precedente di Squinzi fanno salire lo spread e danneggiano anche le imprese che lui rappresenta.
In altri tempi gli iscritti a Confindustria avrebbero fatto quadrato con il loro presidente, mentre oggi qualcuno è stato zitto, e chi ha parlato, come Montezemolo e Bernabè, ha bacchettato Squinzi. Quanto alla stampa, a parte una inconsueta (e suppongo involontaria) convergenza tra il Giornale e l’Unità, tutti sono stati dalla parte di Monti.
Il quale, prima di insediarsi a palazzo Chigi, non ha mai avuto alcuna remora nel criticare chi governava dalle colonne del principale quotidiano italiano, ben sapendo che, data la sua lunga carriera di eurocrate (peraltro iniziata proprio grazie al principale destinatario delle sue critiche), i suoi giudizi avrebbero avuto all’estero un risalto non certo inferiore a quello del presidente della Confindustria.
E se chi governava avesse (come pure talvolta ha fatto) tacciato i critici di provocare un aumento dello spread, sarebbe stato sommerso (come pure è successo) da ulteriori critiche. Tanto per essere chiaro, io trovo del tutto normale che chiunque possa esprimere un parere critico nei confronti di chi governa. E mi lascia un po’ di tristezza constatare l’omologazione alla quale pare essere stato costretto a piegarsi anche Squinzi. Sempre per non urtare la sensibilità del salvatore dell’Italia.
Avete voluto le democrazie plutocratiche!?! ora mettetevi a pecora… falsi profeti della libertà!! ora mangierete con il capitalismo virtuale delle vostre amiche banche…porci!
Il Duce ha sempre ragione!” Quello era un maestro elementare fallito, questo un professore d’economia da iatituto tecnico di provincia. Identica l’idiosincrasia per le critiche, che nuocciono al buon nome della patria,anzi della Patria. Forse aveva ragione Gobetti:il fascismo, lungi dall’esser stato una parentesi nella nostra gloriosa storia, è l’autobiografia della nazione…