E così ciò che era stato a lungo annunciato e paventato è successo. Il Comune di Alessandria é fallito!
Oggi la città non ha più i soldi per offrire i servizi ai suoi quasi 100 mila cittadini. E’ il primo capoluogo di provincia a non avere i fondi per ripagare i creditori e gli stipendi dei dipendenti pubblici. …
“È il primo capoluogo di provincia a vederselo dichiarare dalla Corte dei conti, dopo la normativa del settembre scorso che le ha attribuito questa prerogativa. Un record di cui gli alessandrini avrebbero fatto volentieri a meno, viste le pesanti conseguenze sui portafogli …
“Nei 37 giorni dal suo insediamento il neo-sindaco Rita Rossa (Pd) ha affrontato una grana dopo l’altra nel tentativo di tenere a bada i creditori sempre più inferociti e pagare gli stipendi. È andata anche a parlare ai magistrati contabili, assicurando una nuova linea del Comune, più attenta alle richieste di risanamento fatte dalla Corte. Ma sapeva che la frittata ormai era fatta”.
E così la realtà, la dura realtà, si fa un baffo a torciglione di tutte le argute teorie degli interventisti dello stato in economia, dei sostenitori che «pubblico é bello», che vivere di debiti procura gioia e letizia: «pubblico é bello se comando io!».
Già, la realtà: esiste, eccome!
La verità: esiste: eccome!
E così i primi centomila cittadini candidi come Biancaneve – io cosa c’entro – stanno provando l’ebbrezza di vedere il loro Comune che ha chiuso bottega. Fine dei pasti gratis per tutti. Fine dei servizi d’oro.
Non solo: creditori inferociti che li portano in Tribunale e per poco non passano alle vie di fatto.
Non solo: ecco i primi dipendenti di pubbliche amministrazioni, in buona compagnia di quelli delle partecipate, senza quello stipendio che ritenevano essere loro “diritto acquisito“. Poveretti! Loro così bravini, tener compagnia a quei dipendenti addetti alla produzione licenziati o messi in Cassa Integrazione! A quei Cipputi sporchi di grasso da macchina che li hanno mantenuti per tutti questi anni con il loro duro lavoro.
Nessuna paura.
Non rimarranno a lungo soli.
Presto seguiranno Torino, Genova, Venezia, Roma, Palermo, etc. Chi si fosse preso la briga di dare una scorsa alle loro contabilità ne avrebbe tratto uno shock letale. E che dire dello stato? Ma li avete mai letti i suoi conti? Un addetto alla scuola ogni 4.1 alunni! Avanti, avanti. Sul carrozzone c’é posto per tutti, almeno fino a tanto che non fallisce.
Questa è la prova ontologica
che von Mises aveva ragione.
Ma non la capiranno mica: se no non sarebbero mica orfani delle ideologie.
Ma la colpa sarà sempre dei banchieri, degli gnomi di Zurigo, dei perfidi cinesi: di tutti, tranne che degli scialacquatori.
Un’unica consolazione.
«Meno male che ci sono le puttane e i froci perché anche grazie a loro il Comune di Alessandria riesce a far su un po’ di soldi»: infatti li carica di multe. Visto?
Anche « le puttane e i froci» servono a qualcosa..
Buon fallimento a tutti!
NOTIZIE DI AGENZIA DI STAMPA:
Alessandria Oggi. 2012-01-12. I soldi promessi dal comune non c’erano e Aristor non paga gli stipendi fino a marzo.
Braccio di ferro tra il Comune di Alessandria e Aristor. Da un lato il ragioniere capo Ansaldi aveva annunciato che avrebbe versato a favore di Aristor 658.000 euro, ma i dirigenti Aristor quei soldi non li hanno trovati in banca. Le rette delle famiglie sono insufficienti ed il Comune per integrarle deve ancora due milioni. La situazione si riverbera sui lavoratori che non prendono lo stipendio. Per protesta i sindacati organizzeranno presidi davanti alle scuole e poi in municipio. Lunedì lo sciopero delle mense. Intanto Kovacic si inncatena e grida: “Abbiamo lavorato, vogliamo lo stipendio”.
Alessandria – Aristor da tempo ritarda il pagamento degli stipendi attribuendo la responsabilità al Comune di Alessandria che non paga il servizio. Il ragioniere capo Ansaldi ha dichiarato di aver versato a favore di Aristor 658.000 euro ma di tuitti quei soldi non c’è traccia. In quanto la stessa Aristor nega di aver trovato in banca quei soldi. La conferma dell’insolvenza del Comune viene anche dai dipendenti del centro cottura che ha diffuso alcuni dati precisando anche che Aristor avanza quasi due milioni per integrare le rette. In sostanza, i genitori pagano all’azienda buoni pasto inferiori, a volte anche di molto, rispetto al costo reale ed il Comune non rispetta gli accordi perché non integra. Finisce che Aristor, con quanto incassa direttamente dalle famiglie deve pagare in primis i fornitori delle derrate alimentari e poi i soldi per gli stipendi non ci sono mai. Secondo i bene informati il Comune di Alessandria avrebbe un debito complessivo nei confronti di Aristor che ammonta a circa due milioni d euro. Ieri è stata convocata un’assemblea dei lavoratori nel salone della Camera del lavoro – presenti i sindacalisti Mario Galati, Cristina Vignuolo e Giancarlo Moduzzi delle tre organizzazioni di settore di Cgil, Cisl e Uil – che ha deciso uno sciopero di otto ore per lunedì prossimo. “In mattinata – ha detto Galati ai giornalisti – i lavoratori daranno vita ad una manifestazione davanti alle scuole i cui allievi utilizzano il servizio mensa Aristor, poi a una protesta dinanzi al palazzo comunale”. Ieri quindi si è tristemente consumata un’altra giornata senza lo stipendio di dicembre per i 150 dipendenti di Aristor, nonostante le tanto strombazate promesse del comune e dell’azienda. Delusione su delusione e per l’ennesima volta, ieri a mezzogiorno, Renato Kovacic, dipendente Aristor, si è incatenato alla cancellata del Centro di cottura, davanti ad un grande cartello con accuse contro sindaco ed Aristor ribadendo il diritto di chi lavora di essere pagato: “Abbiamo lavorato, vogliamo lo stipendio” lo slogan dell’estroverso operaio Aristor.
Alessandria Oggi. 2012-02-17. Il Comune Di Alessandria Verso Il Fallimento.
Torino – Non è servita a niente la mission impossible dei due “esperti” in finanza pubblica del Comune di Alessandria Trussi e Ansaldi che, il 19 gennaio scorso, si sono recati alla Corte dei Conti di Torino al posto di Fabbio (impegnato in un’importantissima conferenza stampa col fido Repetto ad Alessandria) per presentare i correttivi ai bilanci 2009-10 e 2011 richiesti dalla Corte stessa. I giudici torinesi hanno bocciato di nuovo e per l’ultima volta i bilanci taroccati della Città della Paglia. E stavolta non ci sono santi, i consiglieri responsabili devono tirar fuori 40 milioni di euro di risarcimento. Ildefault del Comune inoltre si avvicina perché i giudici amministrativi hanno accertato il dissesto che è plurimilionario. Questa mattina la sentenza è arrivata a Palazzo Rosso, ed ora il Prefetto Castaldo deve proprio intervenire. Infatti i giudici torinesi gli hanno inviato gli atti e il dottor Castaldo ha 30 giorni per dichiarare il dissesto dell’Ente, come stabilito dal decreto legislativo 149 del 2011. Se non saranno attuati gli improbabili correttivi il Prefetto dovrà commissariare il Comune altrimenti interverrà la Corte con una delibera per chiudere la pratica. E sarà l’ultima volta.
Alessandria Oggi. 2012-02-18. Com’è stato possibile arrivare al Fallimento del Comune d’Alessandria?
Fabbio non è Roosvelt e il New Deal alessandrino si è rivelato un boomerang. Prima si commissaria e meglio è. Il prefetto Castaldo non può più far finta di niente.
di Andrea Guenna
Alessandria – La situazione del Comune di Alessandria è gravissima con un dissesto certificato dalla Corte dei Conti di 78 milioni di euro. Si tratta di un deficit strutturale che non segue la congiuntura a differenza del deficit ciclico che può essere riassorbito quando il sistema economico attraversa una fase di crescita. Essendo strutturale, il deficit, anche in fase di crescita, resta invariato pesando come un macigno sulle casse del Comune. Questo il risultato della gestione Fabbio che risponde con un comunicato stampa delirante di questo tenore:
“Per gli amanti della cabala, oggi, Venerdì 17, la Corte dei Conti ci ha rimandati ad una terza adunanza. Se avessero voluto avrebbero deciso subito. Invece hanno allungato di altri 30 giorni la procedura. Andiamo verso le idi di Marzo, ma visto che il rapporto con la Corte non è idilliaco, chiederemo probabilmente l’intervento di un arbitro super partes. È infatti evidente che chi ha attivato il percorso contro di noi, lo fa per distrarre l’opinione pubblica dai disastri che aveva lasciato. A questo punto dobbiamo togliere il puntatore laser dalle mani politiche pericolose di chi ci desiderava morti o comunque avrebbe preferito facessimo Natale in una capanna di qualche Gulag russo. Menomale che Giudici e Giustizia hanno il loro percorso indipendente dai desiderata di Mara Scagni. Alla luce dell’impegno necessario per il bene di Alessandria non possiamo tenere la questione ad uso e consumo delle aspirazioni politiche della sinistra, che preferisce evitare il giudizio degli elettori già espropriati dal loro potere con il Governo apparentemente tecnico. Noi siamo del popolo un’espressione viva e propositiva, non vogliamo essere tenuti a bagno Maria o a ‘bagno Mara’ fino alla sua improbabile candidatura”.
Non facciamo commenti e lasciamo la risposta a Mara Scagni che ha dichiarato:
Si vede che siamo a Carnevale, posso rispondere così a queste accuse. Il problema è che qui non c’è nulla da ridere. La situazione prospettata dalla Corte è drammatica. È uno scenario preoccupante e tutti noi cittadini ne pagheremo le conseguenze”.
Fra le tante, resta una domanda che attende risposta ed è volta a capire come sia stato possibile arrivare a questo punto. Fabbio, commettendo gravissimi errori di valutazione e non essendo avvezzo a trattare di economia, ma più adatto alla scena teatrale, ha adattato la politica keynesiana di debit spending alla realtà alessandrina. Non ha funzionato perché si sono ignorati i problemi, ed anche i conti reali, per condurre la collettività lungo sentieri di debito, inteso erroneamente come investimento per rafforzare l’economia. Ma siccome Fabbio non è Keynes e Alessandria non è l’America, tutto ciò è naufragato in un mare di fango. Letale per le casse del nostro Comune è stato il famigerato Piano Strategico, cioè la pianificazione economico-strategica della città. Un progetto faraonico e da libro dei sogni che non poteva funzionare e non ha funzionato, generando solo debiti. Il nostro povero sindaco non ha infatti capito che, per una politica di debit spending, si deve per prima cosa finanziare correttamente il debito con adeguati strumenti, e non semplicemente ignorarlo non pagando i fornitori, o costringendo enti di secondo livello (vedi CISSACA e municipalizzate varie) a dilazionare i pagamenti verso i terzi oltre ogni ragionevole previsione. Questo è creare baratro economico e quindi finanziario. Ma non basta perché non si riesce a capire come sia stato possibile obbligare un’azienda di cartolarizzazione (VALORIAL) ad anticipare soldi per beni comunali che sarebbero stati sempre e puntualmente venduti molto più tardi, e a prezzo inferiore. Si creava in sostanza una leva finanziaria solo ed unicamente a favore del sistema creditizio, ovvero per le banche. Ma non è tutto perché, per pagare i poveri fornitori che aspettano da anni, Fabbio & C. hanno inventato un accordo fasullo con la Cassa di Risparmio di Alessandria (oggi di proprietà della Banca Popolare di Legnano) che pagava – e paga – le fatture al posto del Comune. Risultato è che alla fine sono i creditori a pagare gli interessi di quello che è, a tutti gli effetti, un anticipo sul saldo fatture, per cui pagano gli interessi sui loro soldi indebitandosi al posto del debitore vero che è il Comune. Fabbio non ha capito, fra l’altro, che per realizzare correttamente una politica di debit spending è necessario rivolgersi ad un’economia a ciclo chiuso e non ad un’economia dove i soldi spesi dall’ente locale vanno ad appaltatori di un’altra provincia o comune. Cioè i soldi devono tornare da dove sono partiti e ridistribuiti in loco, perché la politica di New Deal funziona solo se i soldi che girano restano nell’ambito della realtà locale dove vige il New Deal stesso. Nel nostro caso il territorio comunale. Non sono stati rari, a questo proposito, i casi in cui gli appalti si davano a ditte “forestiere” come il Gruppo Gavio, tanto per fare un nome. E Fabbio non ha neppur capito che una politica di debit spending richiede che a perseguirla sia un Ente che abbia la possibilità, quanto meno, di battere moneta legale per fronteggiare gli inevitabili problemi di cassa. Secondo i giudici della Corte dei Conti da anni le spese correnti superano le entrate e s’è fatto ricorso troppo spesso a operazioni straordinarie per riportare in equilibrio i conti. Negli anni di gestione della Giunta del sindaco Fabbio (2007-2012) c’è stato un aumento del debito pari al 125%, ma non è escluso che vi siano ancora sacche di insolvenza da scoprire soprattutto nei confronti delle partecipate: da Atm ad Amiu fino aSvial e Valorial, che non sono state liquidate come chiedevano i giudici. E se il Comune non è finora stato oggetto di ingiunzioni di pagamento è perché, probabilmente, ha pagato parte dei debiti verso terzi ma non quelli con le partecipate che gestiscono i servizi, per cui la ricaduta del fallimento amministrativo è ancora più sensibile da parte dei cittadini. In questa situazione obiettivamente scandalosa sono coinvolti, volenti o nolenti, tutti i consiglieri comunali che hanno approvato i bilanci incriminati, per i quali devono risarcire lo Stato per quasi 40 milioni di euro, ed il Ragioniere Capo dottor Carlo Alberto Ravazzano che, per questi motivi, è finito in carcere (oggi a piede libero con l’obbligo di non frequentare gli uffici del Comune). Tuttavia pare cheRavazzano voglia smarcarsi dalla situazione in cui Fabbio e Vandone lo hanno infilato ed ora vuole parlare. È di ieri la notizia che il commercialista alessandrino ha chiesto di essere nuovamente interrogato dal Pm Riccardo Ghio, titolare dell’inchiesta. L’interrogatorio avrà luogo entro fine mese, poi il magistrato in tempi presumibilmente abbastanza rapidi chiederà l’incriminazione degli indagati al Gup, chiamato a fissare l’udienza preliminare. Si tratta del sindaco Fabbio e dell’ex assessore Vandone, incriminati insieme a Ravazzano per falso, truffa e abuso d’ufficio. In sostanza a Fabbio, Vandone e Ravazzano si contesta di aver aggiustato i bilanci inserendovi maggiori entrate e riducendo o cancellando le spese. Il tutto per rispettare il Patto di Stabilità. Per il Pm, l’atto di falsa attestazione del rispetto del Patto di stabilità è stato sottoscritto da sindaco e ragioniere capo, ma si deve riferire anche all’allora assessore Vandone, quantomeno a titolo di concorso morale. Ora la palla passa di nuovo all’inerte prefetto Francesco Castaldo che non può più ignorare la situazione e deve intervenire col commissariamento. Lo deve fare per la legge ma anche e soprattutto in coscienza perché la città è in ginocchio; si rischiano fallimenti a catena per i debiti non onorati dal Comune nei confronti dei fornitori, la paralisi amministrativa pubblica ed il degrado.
Alessandria Oggi. 2012-06-23. Contravvenzioni a prostitute e travestiti in favore del comune di Alessandria.
Alessandria – Meno male che ci sono le puttane e i froci perché anche grazie a loro il Comune di Alessandria riesce a far su un po’ di soldi. Sarebbe inoltre così confermata la tradizione della Città della Paglia che nel 1700, già piazzaforte militare dei Savoia, annoverava all’anagrafe 15.000 soldati e 3.000 puttane. Oggi i Savoia non ci sono più ma le puttane sono rimaste e quasi in un’ideale continuità amministrativa contribuiscono ancora alla sopravvivenza economica della cosa pubblica. I carabinieri continuano infatti ad elevare contravvenzioni amministrative per la violazione dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Alessandria relativa al contrasto del fenomeno della prostituzione, e stavolta lo hanno fatto per un importo complessivo di € 3.500,00. Ieri i militari della Benemerita hanno multato sette persone, tra puttane e travestiti, oltre ad avviare due procedure per l’emissione del provvedimento del divieto di ritorno in questo centro nei confronti di altrettante meretrici identificate. Inoltre sono stati denunciati in stato di libertà per inosservanza delle norme sull’immigrazione un’albanese di 34 anni ed un argentino di 28, entrambi in Italia senza fissa dimora, in quanto privi di qualsiasi documento di identità e del permesso di soggiorno. I due erano sorpresi in Spalto Marengo intenti ad esercitare il meretricio. Nei loro confronti è stata altresì avanzata la proposta del divieto di ritorno in Alessandria.
La Stampa. 2012-06-24. Comune insolvente, Unicredit va al Tar.
Unicredit attacca, Omegna risponde. Prosegue il braccio di ferro tra il Comune e l’istituto bancario sul destino dei contratti derivati, una delle partite più «calde» per fare quadrare conti in grande sofferenza.
Come ultimo atto prima del voto l’amministrazione Quaretta aveva annullato d’ufficio le tre delibere (del 2003, 2004 e 2006) con cui erano stati stipulati contratti per intervenire sulla situazione debitoria del Comune, per un valore complessivo di oltre 7 milioni di euro.
Un passo condiviso dall’amministrazione Mellano, Unicredit però nei giorni scorsi ha presentato ricorso al Tar del Piemonte e così ora Omegna dovrà resistere in giudizio.
Yahoo Finance. 2012-06-29. Fallisce il comune di Alessandria.
Roma – Non sarà la città della corsa all’oro california – Stockton, che ha fatto ricorso al Chapter 9 qualche giorno fa – ma Alessandria è un comune piemontese dalla storia di tutto rispetto e nodo nevralgico di interscambioimportantissimo per Torino, Milano e Genova, collocandosi esattamente nel centro del triangolo immaginario che unisce i tre capoluoghi di provincia.
Oggi la città non ha più i soldi per offrire i servizi ai suoi quasi 100 mila cittadini. E’ il primo capoluogo di provincia a non avere i fondi per ripagare i creditori e gli stipendi dei dipendenti pubblici. Come riporta l’edizione odierna della Stampa, il comune di Alessandria è in dissesto.
“È il primo capoluogo di provincia a vederselo dichiarare dalla Corte dei conti, dopo la normativa del settembre scorso che le ha attribuito questa prerogativa. Un record di cui gli alessandrini avrebbero fatto volentieri a meno, viste le pesanti conseguenze sui portafogli”, racconta Piero Bottino. “La pronuncia della Corte è arrivata ieri, dopo mesi di attesa e un’elezione che ha esautorato il principale responsabile di questo crac: l’ormai ex sindaco Pier Carlo Fabbio, all’epoca capo di una giunta Pdl-Lega, oggi capo del Pdl all’opposizione”.
“Nei 37 giorni dal suo insediamento il neo-sindaco Rita Rossa (Pd) ha affrontato una grana dopo l’altra nel tentativo di tenere a bada i creditori sempre più inferociti e pagare gli stipendi. È andata anche a parlare ai magistrati contabili, assicurando una nuova linea del Comune, più attenta alle richieste di risanamento fatte dalla Corte. Ma sapeva che la frittata ormai era fatta”.
*Link all’originale: http://www.rischiocalcolato.it/2012/07/il-comune-di-alessandria-e-fallito-tutti-senza-stipendio-e-creditori-inferociti-presto-i-comuni-di.html
enso che la situazione di Alessandria,rispecchi in gran parte quella di tante altre amministrazioni italiche.Il fatto vero si puo’ riassumere nel detto ” e l’ultimo chiuda la porta ” poiche’ il risultato ultimo non e’ altro che quello di una sommatoria di allegre amministrazioni di destra e di sinistra succedutesi nel tempo,che se prima, tacitamente la casta politica,tendeva a proteggersi reciprocamente,nel caso specifico il bilancio’ e’ stato lo strumento catalizzatore per una drastica lotta di potere,triste e classica e secolare metodologia nazionale. Chissa’ percche’ la nascita della cosiddetta repubblica italiana,ha soppresso una norma di legge che dal regno d’Italia alla fine del ventennio, la Prefettura,aveva l’obbligo di controllare che le amministrazioni locali non potessero o dovessero spendere un centesimo in piu’ della loro effettiva disponibilita finanziaria.Poi.senza voler giustificarenessuno,ci sono stati nel frattempo tagli di trasferimenti che,se non giustificano,certo hanno avuto il loro effetto.Purtroppo cio’ fa parte dello sfascio morale e materiale del nostro paese tanto che appellarsi al detto popolare, mal comune mezzo gaudio,diventa una bestemmia.
Io mi intendo poco di leggi, ma mi consta che nel codice civile vi sia un articolo (art. 2221 per la precisione) che esclude la possibilità di fallimento per gli enti pubblici che esercitano una attività commerciale, figuriamoci per gli enti territoriali quali il comune. Questa è la legge delle Stato. Però se un soggetto ha più debiti che attività, e non riesce a pagare i suoi creditori, non devrebbe chiudere bottega? Oramai la REALTA’ sta venendo a galla e non la puoi cambiare con le leggi dello Stato. Giusto?
Intanto chiedono i danni ai consiglieri comunali…
Ma finchè non li vedo pagare non ci credo…