La maggior parte delle considerazioni relative alla giustizia distributiva, che fino ad oggi l’hanno fatta da padrone e che hanno costituito i fondamenti etici di importanti movimenti politici e sociali (naturalmente “socialisti” e “socialdemocratici”), hanno le loro origini, e le loro fondamenta, in un’erronea concezione statica dell’economia.
Effettivamente, il paradigma della teoria economica fino ad oggi dominante si è basato, più o meno, sul fatto che l’informazione fosse qualcosa di oggettivo, riscontrabile (in termini certi e probabilistici) ogni qual volta fosse possibile fare analisi di costi e benefici in merito all’informazione stessa. Stando così le cose, sembrava logico che le considerazioni sull’ottimizzazione del profitto fossero totalmente indipendenti dagli aspetti morali e che gli uni e gli altri si potessero combinare in diversa proporzione. Inoltre, la concezione statica di cui sopra, fino ad oggi dominante, ha fatto credere che le risorse fossero definite e conosciute in modo certo, a tal punto che il problema economico della distribuzione delle risorse fosse considerato distinto e indipendente rispetto alla produzione delle stesse.
Effettivamente, se le risorse fossero certe avrebbe un’importanza eccezionale il “come” si dovranno distribuire tra i diversi esseri umani; ragionamento che varrebbe anche per i mezzi di produzione e per i risultati dei diversi processi di produzione.
Tutta questa teoria è stata demolita dalla nuova “concezione dinamica dei processi di mercato” e dalla nuova teoria economica della “funzione dell’impresa”. Questa, ha posto come punto primario il fatto che ogni essere umano ha un’innata capacità creativa che gli permette di apprezzare e scoprire le opportunità di “guadagno” che sorgono intorno a lui, in modo tale da permettergli di agire di conseguenza per approfittare di tali occasioni. Questa capacità dell’uomo è definita imprenditorialità, una caratteristica tipicamente umana che serve proprio per creare e scoprire nuovi fini e nuovi mezzi.
Secondo questa concezione, le risorse non sono certe, così come gli stessi fini e gli stessi mezzi sono continuamente “inventati” e concepiti ex-novo dagli imprenditori che desiderano raggiungere nuovi obbiettivi, obbiettivi che hanno in sé un valore aggiunto. E se i fini, i mezzi e le risorse non sono certi, ma sono continuamente creati dal nulla grazie alla capacità imprenditoriale degli uomini, è ovvio allora che il fondamento etico principale non consiste più nel come distribuire in maniera equa l’esistente, ma in come garantire nel modo più naturale possibile la creatività. Ecco perché, nel campo dell’etica sociale, la concezione dell’uomo inteso come attore creativo obbliga ad accettare come un assioma il principio etico secondo cui “ogni essere umano gode di un diritto naturale sui frutti della sua creatività imprenditoriale”. E questo, non solo perché se ciò fosse negato ne deriverebbe una diminuzione degli incentivi ad agire come imprenditore, ma anche perché si tratta di un principio universale che può essere applicato a tutti gli esseri umani indistintamente e in tutte le circostanze a cui si può pensare.
Considerando l’economia come un processo dinamico di tipo imprenditoriale, il principio etico che regolerà l’interazione sociale si fonda, allora, sulla considerazione che la società più giusta sarà quella che in modo più energico promuove e difende la libertà e la creatività dell’impresa di ogni singolo individuo, in modo tale che ogni individuo abbia la certezza, a priori, che potrà considerarsi proprietario dei risultati della sua creatività imprenditoriale, del suo lavoro, di ciò che da lui viene realizzato (di cui nessuno conosceva l’esistenza prima della realizzazione stessa); ergo nessuno, tanto meno lo Stato, potrà decidere di espropriare l’individuo dei suoi risultati.
L’analisi di cui sopra, mostra chiaramente quanto sia immorale l’interventismo, inteso come qualsiasi tentativo di aggressione istituzionale da parte dello Stato contro il libero esercizio dell’azione umana o dell’azione imprenditoriale. Ogni violenza contro la libertà d’azione e d’impresa di un individuo, impedisce la creatività dell’individuo stesso e il raggiungimento di nuovi fini e nuovi mezzi. Tanto più la coazione dello Stato impedisce l’azione umana di tipo imprenditoriale, tanto più verrà impedita la capacità creativa di ogni individuo e, tanto più ancora, verrà limitata la possibilità di avere maggiori informazioni e conoscenze utili al coordinamento della vita sociale.
Per questi motivi, il socialismo è un “errore intellettuale”, perché impedisce agli uomini di generare quelle informazioni di cui “l’organo direttivo” (il potere centrale) ha bisogno per coordinare la società secondo l’azione tipicamente coattiva del governo. Per questo stesso motivo, emerge tutta l’immoralità del sistema socialista, che impedisce agli uomini di appropriarsi dei risultati del loro lavoro, della loro creatività imprenditoriale.
Ecco spiegato, dunque, perché il sistema socialista è, al contempo, immorale, erroneo nella sua concezione e inefficiente. E’ contro la natura dell’uomo!
L’impeto di creatività, però, si manifesta anche nell’ambito dell’aiuto al prossimo, della solidarietà, laddove invece il cosiddetto Stato sociale mostra tutta la sua debolezza e inefficacia. Anche in questo caso, l’interventismo, ovvero la negazione della libertà imprenditoriale degli individui frena ogni forma di collaborazione volontaria fra esseri umani. Una forma di collaborazione importantissima.
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Il socialismo è contro la natura dell’uomo libero e perfettamente adatto ai parassiti e a chi vive senza fantasia, con l’unico scopo di avere un centesimo in più del vicino di casa.
E’ lo spirito della mediocrità dell’uomo che vi aderisce.
E’ il perfetto strumento di controllo delle masse: Hitler, Stalin, Pol Pot e tanti altri si sono dichiarati socialisti e hanno potuto fare tutti i danni possibili e immaginabili.
Anche i “nostri” nanetti e furbetti del quartierino ovviamente si dichiarano socialisti.
Socialismo è prendere a chi ha prodotto ( senza chiedere il permesso ) e dare a chi non merita.
Il tutto condito dalla sicumera di chi pensa di possedere chissà quale verità.
Giustizia & libertà (GL) Partito d’ azione
http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=&sez=90&id=65877
La piena libertà estesa a tutti, uomini e donne, si chiama liberalismo; non socialismo. Il sapere si chiama cultura, non ignoranza. Fahrenheit permettendo.
Da Russell a Carlo Rosselli a Cole ci perviene un unico stimolo che ci invita a non confondere il socialismo con il comunismo, la piena libertà estesa a tutti gli uomini con la cosiddetta libertà collettiva.
LA VERITA’ VI FARA ‘ LIBERI !
I LIBERTARI !
SI’
MA DE CHE ???
TOGLIETE QUELL’ARCO-FRECCIA DI GUGLIELMO TELL E SOSTITUITELO CON LA CROCE !
Mi sembra piuttosto che voi siete piuttosto in crisi di consensi, e ne perderete ancora molti….non ne guadagnerete di sicuro, anzi….perderete sempre e comunque, senza se e sanza ma
Lei cosa prende invece gli spaghetti col ragu’ ?
Io non faccio neppure i vaccini, e non prendo nessun farmaco
Non bevo, non fumo e non mi drogo
Lei invece ne ha bisogno, di farmaci per lrinfrescare un poco la sua memoria
Lei invece vedra’ presto che farmaci gli spedisco (a carico del SSN), li ricevera’ a breve
glielo assicuro io
Buona giornata dal Ministero Sabaoth di Milano
VOI LIBERTARI SIETE TUTTO ED IL CONTRARIO DI TUTTO….CON UNA BUONA DOSE DI STUPIDITA’
Vilma, prenda i suoi farmaci con regolarità che altrimenti le vengono queste crisi in cui scrive decine di commenti insensati e a lettere tutte maiuscole…
SIETE PROPRIO VOI, CON IL VOSTRO LIBERTARISMO CHE INGANNATE LE MASSE !
SIETE UN’ACCOZZAGLIA DI TUTTO ED IL CONTRARIO DI TUTTO
UN MIX DI LIBERALISMO, RADICALISMO, ANARCHISMO , INDIVIDUALISMO E NASCONDETE ANCHE UNA CERTA DOSE DI FASCISMO E NAZISMO E
VOI SIETE ANTIDEMOCRATICI !
MENTRE IL SOCIALISMO E’ DEMOCRAZIA IN AZIONE ! GIUSTIZIA E LIBERTA’
LIBERALI, LIBBERISTI E LIBBERTARI….CAPITALISTI
FOSSE SOLO PER VOI LA PROPRIETA’ STATALE SPARIREBBE DEL TUTTO !
PER VOI ESISTE SOLO IL PRIVE’….IL PRIVATO
MA POI NON RISPETTATE NEPPURE LA PRIVACY
CAMBIATE TITOLO PER FAVORE : IL COMUNISMO E’ UN TREMENDO ERRORE INTELLETTUALE, NON IL SOCIALISMO !!!
FARESTE DI SICURO PIU’ BELLA FIGURA !
LE CONFERMO ANCORA UNA VOLTA CHE IO PARLO DEL SOCIALISMO, NON DEL COMUNISMO !
SIETE MOLTI DI VOI CHE NON CAPITE LE DIFFERENZE….
Questa, una volta tanto, è vera. Il partito comunista italiano ha voluto eliminare il partito socialista e non riuscendoci elettoralmente ha lasciato che l’eliminazione avvenisse per via giudiziaria. Il socialismo democratico ammette, starei per dire tollera, la proprietà privata. Ma per mantenere l’apparato statale invasivo, intento presente sia in Craxi che Allende, è costretto a vessarla fiscalmente in forma progressiva. Quindi la socialdemocrazia non è il contrario del comunismo ma solo un’attenuazione degli effetti dello stato sull’impresa. Cose opposte sono il comunismo e il liberalismo. Speriamo che un giorno se ne avvedano anche le cosiddette masse.
GESU’ Non ha mai detto “Non Crediate che Io sia venuto ad abolire la Legge…, ma a perferzionarla…” ma a COMPIERLA ! (ovvero porre A COMPIMENTO NON SIGNIFICA AFFATTO PERFEZIONARE !
LA CHIESA DIFENDE LE SUE PROPRIETA’, LOGICO
ANCHE IL SOCIALISMO HA LA PROPRIETA’ PRIVATA
PARLO DEL SOCIALISMO COME ANCHE BETTINO CRAXI, IL SOCIALISMO DI SALVADOR ALLENDE , ECC…
(NON STIAMO PARLANDO DI COMUNISMO, SIG. LEOLUCA ! SONO COSE OPPOSTE !
PROPRIO I COMUNISTI HANNO VOLUTO ELIMINARE I SOCIALISTI DALLA VITA POLITICA ITALIANA)
Mentre Papa Francesco riceve come dono un crocifisso con falce e martello da Evo Morales
Papa: l’anarchia e’ del diavolo, Gesu’ non era un anarchico
“Il seme dell’anarchia lo semina il diavolo”. Lo ha affermato Papa Francesco parlando della virtu’ dell’obbedienza ai 4 mila religiosi riuniti in Vaticano in occasione del Giubileo della vita consacrata. “L’anarchia della volonta’ e’ figlia del demonio”, ha spiegato.
“Gesu’ – ha ricordato il Papa – non e’ stato anarchico. Non ha chiamato a una forza di resistenza contro i suoi nemici, ma ha spiegato a Pilato: ‘se io fossi Re di questo mondo avrei chiamato i miei soldati per difendermi'”. (AGI)
http://www.agi.it/cronaca/giubileo/2016/02/01/news/papa_l_anarchia_e_del_diavolo_gesu_non_era_un_anarchico-474065/
Bravi: Spago e Colla
Ricordo a quanti sono Cattolici libertari che:
– Il Cattocomunismo è stato condannato dalla Chiesa (vedi teologia della liberazione;
– il comunismo è stato definito intrinsecamente perverso, quindi il socialismo non ha niente da spartire con il messaggio cristiano;
– la Chiesa Cattolica ha sempre difeso la proprietà privata sia nella dottrina che nella speculazione teologica ( vedi s. Tommaso e la scuola tomistica, la scuola di Salamanca…);
– più recentemente autori Cattolici come Thomas Woods, Antiseri ed altri, hanno portato scentificamente, secondo le teorie della scuola austriaca), una critica lucida e appassionata contro il distribuzionismo e la pianificazione statalista, preludio di una sempre più stringente dittatura tencocratica;
– ancora il domenicano Tomas Tyn, morto da qualche decennio e le cui opere e catechesi sono pubblicate proprio da Padre Cavalcoli (invito a conoscere questi personaggi), ha difeso strenuamente la proprietà privata contro ogni collettivismo (lui era cresciuto in un paese comunista), sia come baluardo della libertà sia come principio deducibile dalla fede cattolica e dalla ragione;
– l’Antico testamento e la legge dei “Dieci Comandamenti” ruotano attorno al concetto di inviolabilità della proprietà;
– altretttanto esplicito e ancora di più è Cristo, che irrompe nella Storia dell’uomo per salvarlo: “Non Crediate che Io sia venuto ad abolire la Legge…, ma a perferzionarla… (Moltissime parabole indicano la via della libertà rispettosa degli altri e non come ribellione al limite, come certe istanze liberticide fatte proprie per legge dagli stati moderni che creano dal nulla le leggi farisaiche e le mettono come macigni sulle spalle dei loro sudditi con la coercizione.
– Un invito ai credenti: preghiamo perchè il Signore, e la Madonna di tutti i Popoli interceda per questo, apra gli occhi ai ciechi nati e possano vedere la Verità che libera;
– La verità non è una cosa con cui si scherza: non è un discorso da cafè, litigiosità tra interisti e milanisti.
A parte che si continuano a proporre commenti già presentati, come quello sull’eutanasia. A parte che quando si condanna l’individuo sopra tutto, si sposa l’idea che ogni singolo possa essere tranquillamente sacrificato in nome dell presunto bene supremo collettivo. A parte che disprezzare il diritto dell’individuo a ribellarsi contro le imposizioni altrui, è l’esatto contrario del paragone con il lupo che diventa pecora ma è piuttosto condannare la pecora che non vuole lasciarsi tranquillamente sbranare dal lupo in nome del collettivismo. A parte che “i rampanti radicali” sono talmente rampanti da essere privi di rappresentanza politica. A parte che confondere l’individualismo con il giacobinismo significa non conoscere la storia né la filosofia. Ma come si fa a pretendere senso dell’umorismo dagli altri quando si è confusa l’ironia di un commento con l’istigazione al suicidio? Come si fa a sostenere che l’economia di mercato sarebbe diventata il Dio della civiltà mondiale? Di quale mondo si parla se dappertutto gli stati interferiscono pesantemente e illegittimamente con il libero mercato? Se quasi tutto il mondo intellettuale è contro il mercato? Sono i nemici del mercato che non ammettono dissonanze, repliche, dissensi e opposizioni. Chi ritiene che il tempo sia denaro e vuole realizzarsi migliorando la posizione economica, non ha tempo né voglia di pensare a diventare dittatore. Quest’ultimo è sempre un pauperista nato. Chi vuole arricchirsi, spesso rifiuta la politica; a volte fino all’eccesso. E’ il predone, quello che vuole i soldi degli ebrei, a provocare lager e gulag. Colui, dunque, che rifiuta l’economia. Altro che idolo, i nuovi Hitler sono quelli del primato della politica sull’economia; che vogliono regolamentata su tutto e quindi non libera. Togliere con la forza o l’inganno i soldi agli ebrei che se li sono guadagnati onestamente, significa disprezzare l’economia e ritenere che gli ebrei siano avidi del denaro considerato come misura della realizzazione personale. L’economia, quella vera, non esercita alcuna violenza impersonale; sono i suoi nemici ad esercitare quotidianamente la violenza, verbale e non solo. Ridicolo, poi, che a chiedere razionalità e abbandono della superficialità sia chi ha praticato la stregoneria. Forse confondere il giacobino con l’individualista non è sintomo di superficialità e di irrazionalità? L’agire LIBERAMENTE per lenire le difficoltà altrui è una legittima e peraltro anche bella esortazione delle autorità religiose. Che c’entra con l’errore intellettuale? L’epiteto è stato assegnato da De Soto al socialismo, non alla Chiesa di Roma. Anche questo è un errore evidente causato da superficialità, salvo voler volutamente confondere il cristianesimo con il socialismo. Altra idiozia storica, quest’utlima confusione. Ma non mi meraviglio. Anzi, forse ho scoperto come ci si appropria dei dati telematici altrui. Un modo è quello di spiare l’altro alla tastiera mentre digita la parola chiave, memorizzare quest’ultima e trascriversela. Un altro è praticare la magia nera ed entrare con i riti voodoo nelle postazioni altrui. Magari con la benedizione di mosnignor Emmanuel Milingo. Quale dei due modi è il più rapido e il più pratico? O quanto meno il più fattibile?
Bruno Vidal del F.R.I. (Fronte Radicale Invalidi) in memoria di Bruno Tescari scrive “Un compagno d’infanzia di Adolf Hitler disse di lui che mancava totalmente di autoironia. Il suo architetto e ministro degli armamenti riferí che non aveva il minimo senso dell’umorismo. La funzione di queste due umane facoltà gli era completamente estranea. Non saper sorridere qualche volta di sé, della propria presenza nel mondo, è molto triste, è indice di rigidità mentale, di terror panico rimosso che può riemergere esageratamente in deliri di onnipotenza. Una delle spiegazioni convincentemente razionali, sul perché Hitler abbia potuto navigare tranquillamente sopra la testa di un’intera nazione e sulla testa di molte altre, significa che buona parte della nostra beneamata storia, non sa sorridere qualche volta di sé stessa. Il regime hitleriano è riuscito a mettere a punto la più tremenda macchina per ammazzare mai inventata dagli uomini. Purtroppo la musica di fondo della nostra vita batte stancamente da un pezzo su questi monotoni affannosi tasti che non si avanza molto da star allegri. In un contesto reso inadeguato, che non risponde alle istanze del diritto universale, diventa fin troppo facile esprimersi con spavalda tracotanza, come ebbe ad esprimersi negli anni Trenta uno psichiatra tedesco, direttore dell’Istituto per il Cinema…”se questi cosiddetti malati mentali non vogliono essere ricoverati possono anche andarsene all’inferno. Non abbiamo né il tempo né lo spazio per questi esseri umani”. Si riferiva ai malati psichici. Dentro un sistema che non ammette repliche, che non accetta opposizioni né voci di dissenso o dissonanze, dove il tempo è denaro e il denaro diventa la misura dell’uomo realizzato, il regime sarà retto dal conformismo, ogni voce discorde sarà inopportuna, il grande dittatore trova spazio dentro di noi. Ciò che non fa soldi diventa tempo perso. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta rimane, per Camus, il vero fondamentale della filosofia per il vivo. Vivere è l’azione direttamente conseguente, quindi crescere e svilupparsi. La soluzione finale non è stata altro, in fondo, che lo sterminio portato efficientemente avanti da un’organizzazione su base industriale. Franz Stangl, il comandante del campo di concentramento di Treblinka, alla domanda quali fossero le ragioni di quegli stermini, rispose: “volevano i soldi degli ebrei”. Tutto doveva essere ricondotto sotto la logica di un potere riduttivo, opinioni, sensazioni, emozioni, a vantaggio di una piattezza assoluta. L’economia di mercato è diventata nel frattempo il Dio della civiltà mondiale, unico incontrastato Dio operante nella realtà; non si è ancora fatto crescere i baffetti per non farsi riconoscere. Essa. l’economia, ha sconfitto con la sua violenza impersonale, tutto quello che si frapponeva sulla sua strada, corrompendo bisogni e desideri. Il potere sta lì dentro. L’economia intesa come bu$ine$$ è la “grande barriera architettonica” che ostacola le nostre menti, imprigiona le nostre anime e ci angustia lo spirito. Oggi pazzi e disabili sopravvivono in virtù di fasce economiche, poiché democraticamente, sono diventati un affare di mercato-politico. Taluni di noi, però, senza lavoro, senza soldi, “sapientemente depistati”, sapendo di essere un peso per gli altri, si chiudono dentro la casamatta della depressione, come unica alternativa di rinvio al ricorso della follia. All’improvviso ci siamo messi a parlare col linguaggio tecnico-contabile di analisi dei costi, economicità dei costi, analisi costi-benefici, portando in emersione quello che è sempre stato l’interesse primario del potere. Di questo potere che, lasciato a se stesso, produce carnefici e vittime come necessari de dipendenti fattori dello stesso problema. Se vogliamo che i bambini uccisi dal nazismo contino davvero e non solo come memoria, che abbiano almeno il loro posto alla tavola della testimonianza, dato l’alto prezzo già pagato, siamo chiamati a ritessere il filo dell’analisi ampia e continua. Noi invalidi civili prendiamo sul serio il tragico, può ritornare ancora, Primo Levi lo ribadiva spesso questo concetto. E se non se ne fosse mai andato? Se stesse appostato al guado per tenderci un agguato coglindoci di sorpresa? Dobbiamo seriamente ripensare l’economia perché il difetto sta proprio in essa, così come il principio di potere reale. Qualche manager spregiudicato potrrebbe impossessarsi della parola efficienza, portandola al massimo grado di pura organizzazione ed aprire un campo di sterminio, l’esempio di Treblinka fa testo, furono uccise circa tre milioni di persone con un’assoluta abnegazione, in qualche campo da cinquemila a ventimila persone in 24 ore, stabilendo il massimo dell’efficienza. C’è da rifletterci su, ma intanto noi come società che cosa facciamo? “
Un bel commento.
Ma in questi blog, di libertari, di ecologisti, di economisti di tutte le tendenze, di antiglobalisti, di globalisti, non c’e’ altro che gente (o gentaglia?) che sa tutto, ha la verita’ in tasca, e non sa sorridere di se stessa e della sua caducita’ e imperfezione.
La caratteristica principale dei deficienti e’ prendere tutto “alla lettera”, motivo per cui bisognerebbe stare sempre MOLTO attenti quando si annunciano “verita’”, perche’ poi c’e’ sempre qualche deficiente che ci crede davvero, e magari dopo un po’ diventa maggioranza. Non e’ un’ipotesi, e’ un fatto ricorrente nella storia.
NO ALLA SUPERFICIALITA’, SI ALLA RAZIONALITA’ !
la Chiesa offre un barlume di razionalità… La Chiesa cerca l’uomo e lo vuole perfetto come il Padre… dunque lo chiama alla grandezza, anche nel dolore. È la grandezza del coraggio che noi dobbiamo avere sapendo che il dolore, in ogni caso, non ci sarà risparmiato, ma è anche e soprattutto la grandezza della cura, che si fa interpellare dal dolore altrui e muove ad agire concretamente per aiutare, soccorrere, lenire contro ogni effettualità, contro ogni smentita dei fatti, contro ogni limite che la natura impone. QUINDI OGNI ALTRO COMMENTO MI PARE ASSOLUTAMENTE SUPERFLUO. ALTRO CHE ERRORE INTELLETTUALE !
FARE I VIP CON LA MORTE DEGLI ALTRI Riflessioni sul tema eutanasia per andare oltre la becera strumentalizzazione della morte fatta da quelli come Cappato. Eutanasia: ci sono i casi in cui è richiesta e voluta da pazienti che non ce la fanno più. Che cosa è un grido di dolore possiamo tutti saperlo, constatarlo o immaginarlo. In quel caso ogni reazione degli uomini che lo ascoltano non è per sua natura predeterminabile. È un caso serio, anzi potremmo dire è il caso serio. Non c’è, infatti, nessun tranquillo a-priori che può dirci che cosa fare e nemmeno il nostro senso della giustizia può risultare cogente in assoluto. Se un uomo, magari addirittura una persona cara o oppure qualcuno che si è affidato a noi, ci chiede e ci implora di morire che cosa possiamo fare? Ucciderlo? Dirgli: “Mi dispiace non posso ucciderti”? Invocare lo Stato e la Società? Agire con un gesto impulsivo chiamando a sé la testimonianza del cielo o dell’inferno? … Che cosa è “giusto”? Difficile dirlo. Non sappiamo se l’implorazione che abbiamo ricevuto sia dovuta a un errore. Se sia stato il dolore stesso a sconvolgere e a generare la confusione che porta a considerarlo indisgiungibilmente connesso alla vita, finendo col ritenere che l’unica via per evitarlo sia la fine della vita stessa. Certo una cosa sappiamo: sappiamo che, come spesso avviene nei rapporti con coloro cui teniamo, a volte è più facile dire di sì che dire di no. Dire di sì tranquillizza con la reazione positiva della persona in questione. Ci si mette sulla stessa lunghezza d’onda. Si evitano conflitti, sensi di colpa, discordie e si ha l’impressione di fare il bene. Rimane da vedere se poi il bene è stato veramente compiuto. Diverso è il caso della fredda e calcolata trasformazione del caso singolo in un modello per una regola generale. Diverso è lo sfruttamento politico del caso singolo per semplificare e banalizzare. Diverso è l’interesse ideologico che si cela dietro la spettacolarizzazione del caso singolo e il suo sfruttamento mediatico. Poi c’è tutto l’armamentario dell’ideologia. C’è un giacobinismo rampante che parla di dolore e fagocita il dolore. Poi a volte ritornano i miti settecenteschi, l’anticlericalismo d’accatto, i pregiudizi positivistici e l’apparato consunto del progresso “libero e laico”. Tutti dunque a gettarsi sull’uomo morente con gli strumenti dei media e della comunicazione di massa che presto individua nemici e indica il cattivo di turno, soprattutto e preferibilmente nella Chiesa cattolica. Tutto ciò ha una lunga storia, tendendo a ripresentarsi e a venire a galla come un rifiuto non riciclabile. A ogni occasione, dove coglie un po’ di umidità, la muffa giacobina attecchisce e corrode l’intelligenza e lo spirito. Ecco allora la difesa dell’eutanasia che si accompagna mediaticamente con quella dell’aborto e della droga: omicidio, infanticidio, degradazione… che devono divenire leciti nella società libera, laica e permissiva. L’homo consumens, il cui ideale supremo è la comodità, il piacere, il godimento istantaneo abbandona la pelle di pecora, quando si toccano i suoi supremi interessi, e diventa lupo. Rabbiosamente sbava contro i nemici di sempre, i cristiani e la Chiesa cattolica, colpevoli di infangare l’idolo, il feticcio senza il quale ogni rito laicista è impossibile: la libertà individuale. Perché in ultima istanza il dolore e la morte non interessano più di tanto. Quello che conta è la promozione artificiale della “libertà”. Alla politica dei rampanti radicali questo interessa. E sotto la libertà c’è l’eterno ritorno di una maleodorante idolatria: l’individuo e il suo comodo sopra tutto. Ma ciò non avviene senza ulteriori travestimenti, il più subdolo e ignobile dei quali è la compassione. La compassione è un umanissimo sentimento di empatia e partecipazione al dolore altrui. Essa testimonia un fatto di enorme rilevanza: il fatto che il bene umano non è tale se non è condiviso e la mancanza di un bene in un uomo si riverbera nell’anima di un altro, lasciando il segno. Ma se la compassione, che vuole il bene, deve essere autentica, non può mai essere violentata vedendosi attribuita una finalità di morte. Se il dubbio può corrodere la coscienza di colui che assiste a una persona cara in preda a indicibili sofferenze; se ciascuno può essere indulgente verso di sé e verso gli altri immaginando una situazione estrema e lacerante, ciò non può mai divenire una regola. Non si può mai assumere come criterio regolativo il concetto che sia lecito ammazzare un uomo per compassione, perché la morte con tutta evidenza non è un bene. Soprattutto quando la morte inflitta secundum legem va di pari passo all’assunzione dell’ideale della libertà come libertà di godimento, in un mondo mercificato che sa appunto offrire anche una morte à la carte. Tale libertà unita a quella compassione legale che diventa aggressività mortifera sono due delle maggiori mistificazioni di questa modernità decadente. È il nulla che avanza in forma placida e umanitaria, che normalizza per via giuridica l’insondabile significato dell’esistenza, riducendone il valore alla mancanza di sofferenza. È la porta aperta all’anestesia come modello sociale e alla vita come intervallo piacevole tra due eternità insensate. E allora chi dice: “Non uccidere” è colpevole? Chi si appella a questo antico comandamento è il cattivo? È violento e insensibile? No, piuttosto viene da dire: “Che belle e giuste sono le imposizioni bioetiche della Chiesa cattolica, che grande saggezza vi è in tutte le imposizioni che ti impediscono di umiliare la tua umanità! Che felice colpa è il dolce autoritarismo della Chiesa che sprizza bellezza e sprezza l’ignobile bassezza di tutti i materialismi. Sia benedetta sempre quell’inquisizione che indaga nei recessi oscuri del nichilismo che avanza e trattiene dallo sbracamento con l’orgoglio di combattere una battaglia persa contro questo degradante Zeitgeist”. Se, infatti, questa civiltà di cose e di comfort estende i suoi tentacoli sulla vita, manipolando, reificando, mercificando, e sottoponendo tutto alla logica quantitativa ed edonistica del denaro, cui l’eutanasia è strettamente funzionale (ammazzare è comodo, rapido ed economico!), la Chiesa offre un barlume di razionalità… La Chiesa cerca l’uomo e lo vuole perfetto come il Padre… dunque lo chiama alla grandezza, anche nel dolore. È la grandezza del coraggio che noi dobbiamo avere sapendo che il dolore, in ogni caso, non ci sarà risparmiato, ma è anche e soprattutto la grandezza della cura, che si fa interpellare dal dolore altrui e muove ad agire concretamente per aiutare, soccorrere, lenire contro ogni effettualità, contro ogni smentita dei fatti, contro ogni limite che la natura impone. Opus contra naturam è la morte comminata nelle miserabili stanzette dell’orrore di “Exit” o di “Dignitas” (che compie omicidi-suicidi assistiti al modico prezzo di 3.500 euro, con variazioni, giustissime, a seconda del reddito), opus super naturam è la grande impresa della cura e della vicinanza, in cui tutti possiamo sperare. La ragione ci rende capaci di distinguere, di sapere che cosa è terapia, che cosa no; che cosa significa accanimento terapeutico, quali sono le tecniche di sedazione, che cosa si può e si deve fare e che cosa si deve tralasciare. La ragione è fine perché non lavora come un calcolatore. Si innesta nella totalità dell’essere umano nel quale esistono valori e modalità di considerare e rispondere ai valori (e l’amore è la risposta che noi diamo a ciò che vale in assoluto). Seguire questa ragione, al tempo stesso rigorosa e misericordiosa, è l’indirizzo che offre questa bella Chiesa violenta a tutti i violenti che vogliono rapire il regno dei cieli. Il resto è, nel migliore dei casi, da confinarsi nella nobiltà vuota dell’orgoglio stoico che esalta il suicidio solo perché esso avrebbe una certa apparenza di eroismo nell’insensato meccanismo della storia cosmica: una grande ruota che gira a vuoto, dove la ragione si perde nel più abissale irrazionalismo delle cose che accadono perché accadono. In alternativa, spogliata l’umanità di ogni pur superficiale e vuoto splendore, c’è la vera malattia mortale dell’Occidente, quella che nessuna eutanasia interrompe: l’opaca melma dell’utile e del piacevole, dell’empirico e del positivo, del fattuale e del tecnico, di tutto ciò, insomma, che è amorfo e privo di verità. Costringere la civiltà su questa via, mediante l’uso sapiente di immagini di dolore e di disperazione, è il crimine più grave e universale: fermiamolo!
SC era la sigla di Scelta Civica. Propongo SL per quella di Sciocchezza Libera. Tale potrebbe essere l’organizzazione politica di alcuni recenti commentatori. Confondere l’ironia con l’istigazione al suicidio è l’attività sportiva abituale dei babbei, specie se travestiti da cattolici. Dio il corpo ce lo ha dato in proprietà, cari analfabeti che vi improvvisate esegeti. Talmente in proprietà che una coppia commise il peccato originale giocando con serpenti e ingoiando frutti nocivi. Se un santo ha sostenuto che all’origine della ricchezza ci debba essere stata per forza un’ingiustizia, quel santo non conosceva la storia e non capiva nulla di economia. Abele non aveva rubato il gregge, era di sua proprietà. I suoi potenziali eredi avrebbero avuto il diritto di spartirselo ma non ci sarebbe stato il cento per cento a uno e niente a tutti. E’ stato il suo fratello socialista, in quanto tale roso dall’invidia verso i meriti dell’altro, a violare la proprietà di un corpo umano uccidendo quel corpo. Quel fratricidio colpì la proprietà corporea, la persona fisica e non la proprietà di Dio. Altrimenti quest’ultimo non avrebbe detto “nessuno tocchi Caino” ma avrebbe gettato l’omicida negli inferi insieme agli angeli ribelli, maledicendolo come il serpente. Nessun diritto di proprietà è a detrimento di quella cosa astratta che viene banalmente definita utilità comune. La proprietà e l’agire umano non vanno a detrimento di alcuno se non c’è un atto aggressivo compiuto da qualcun altro. Dio può anche non aver creato ricchi e poveri; ma intelligenti e stupidi sì. Abele era intelligente e produceva buon formaggio. Il fratello era stupido ed era contro gli organismi geneticamente modificati. Risultato? Il suo raccolto era scadente. Quanto al riservare a suo uso e consumo ciò che è oltre il proprio bisogno, occorrerebbe entrare nella logica (cosa impossibile per i socilaisti) che “il proprio bisogno” non può essere stabilito da altri. Peggio ancora se questi altri sono costituiti da un’autorità statale. Autorità che non conoscerà mai quale possa essere il cosiddetto bene necessario della collettività. L’indirizzo dell’uso della proprietà attraverso opportune leggi è in realtà un abuso. Nessuno deve indirizzare alcunché. Ci si deve solo accordare per evitare che con o senza frutti della mia proprietà io possa aggredire qualcuno o essere a mia volta aggredito. Di indirizzi interventisti ne abbiamo fin troppi e se non fossi calvo direi fin sopra ai capelli. Solo Dio può pretendere che si aiutino gli altri. Chi ci crede ha il dovere morale di seguire i precetti evangelici ma nessun governo confessionale è autorizzato a obbligarlo. I principii evangelici sono tali e quindi non marxisti, anarchici o libertari? Può essere. Solo che nessun comunista, nessun anarchico, nessun libertario è inibito dal metterli liberamente in atto. Purché non costretto da qualcuno, specialmente un autoreferenziale legislatore. Questo nei contenuti. Sulle accuse si continua a giobbare. Io non ho mai detto a chiccessia di avere scheletri nell’armadio. Ho chiesto se sono io il “ladro” di chiavi telematiche o di indirizzi di posta elettronica. Mi si risponde fornendo il proprio indirizzo, continuando ad affermare che così me ne potrei “appropriare liberamente”. Intanto ho già detto che non conosco le tecniche per questo tipo di furti. Che significa “appropriarsi liberamente” di un indirizzo? Che diventa, forse, il mio indirizzo? A parte che non saprei che farmene, ma come sarebbe tecnicamente possibile? Se l’appropriazione è la mera conoscenza dell’indirizzo, non è un’appropriazione abusiva perché il titolare ha scelto lui, o lei, di rendere pubblici i suoi dati personali. Se un’appropriazione è libera che malversazione sarebbe stata commessa? Ma poi, quando e soprattutto dove? E ancora, come? Nel mio quartiere è pieno di associazioni contrarie alle mie idee. Osservo le loro vetrine da lontano, non mi permetto di entrare se non invitato. Perché alcuni frequentatori di questo sito non utilizzano le stesse regole di buona creanza? In questo spazio i libertari vorrebbero scambiarsi le loro opinioni, anche diverse su alcune tematiche; come ad esempio aborto, unioni civili, immigrazione, religione, stato minimo, e tanto altro. Non utilizzano certo altri siti per questa loro esigenza. Che c’entrano, poi, gli inviti a metterci la faccia? Chi sarebbero gli accusatori, quali le accuse? Aiuto, Christian: Credo che il virus non sia digitale ma che abbia a che vedere più con la medicina tradizionale che con l’informatica. Forse ha ragione Giampiero quando mi invita a non cadere nella trappola dialogica delle bande socialiste. E’ un mio difetto quello di voler polemizzare ad ogni costo. Poi vedo la videoregistrazione di certe persone che mi convincono a sposare in pieno (ma non sono sicure di mantenermi coerente) con l’esortazione di Giampiero. Le streghe convertite finiscono per essere più zelanti di Torquemada. Questo spiega la loro completa mancanza di logica. Integraliste della superstizione prima, della religione poi. Alla larga da zelanti e zeloti.
ISTIGAZIONE AL SUICIDIO e’ il termine giuridico corretto ( Art. 580 codice penale italiano: Istigazione o aiuto al suicidio)
Infatti si parla della notte del suicida anche nel video.
Situazione molto delicata., comunque.
I tuoi amici radicali sostenitori dell’eutanasia (Marco Cappato, che fa il vip con la morte degli altri https://iltalebano.com/2017/03/01/fare-i-vip-con-la-morte-degli-altri/) possono sostenere simili idiozie. Tu la giudicheresti una scelta “Nobile” ??? SI, forse…. ma di NOBILE IGNORANZA!!! Il corpo non è mai e poi mai di nostra proprietà. Dio e’ il proprietario dei nostri corpi e delle nostre vite, solo Lui puo’ stabilire quali sono i limiti delle nostre esistenze. Su queste cose e’ meglio non scherzare, neppure per “voler provocare” . E poi non ti dimostri particolarmente furbo. Anzi. Tutt’altro. Quello che tu hai scritto potrebbe anche essere passibile di “ESORTAZIONE O INVITO AL SUICIDIO”, quindi MAX ATTENZIONE spago, stai attento a quello che scrivi che potresti anche essere segnalato da osservatori esterni che seguono la vicenda. Uomo avvisato, mezzo salvato (anche perche’ tu non conosci la situazione e non ho neppure intenzione di scrivertela, semplicemente perche’ sarebbe troppo lunga e richiederebbe anche troppo tempo).
Vilma di fatto tu possiedi il tuo corpo. Nel senso che eserciti su di esso una proprietà. Ne disponi. Ogni volta che lo usi, che parli, che scrivi, che posti su questo sito, che ti preoccupi di mettermi in guardia dall’istigazione al suicidio. Potevi non farlo e lo hai fatto, hai esercitato una volontà e preso una decisione su te stessa. Ti sei dimostrata padrona di prenderla. Stai esercitando una proprietà e dunque stai commettendo un furto. Ti invito a rendere l’anima a dio. Così da un lato dal tuo punto di vista avrai messo fine a un furto, dall’altro dal mio punto di vista avrai smesso di dire stronzate sul sito del movimento libertario, trollando come stai facendo.
La proprietà privata è la negazione dello Stato. Il mercato libero è la sfera dei rapporti umani pacifici e volontari. Lo Stato si fonda sull’uso della forza in violazione della proprietà privata. Perciò mercato e Stato sono per definizione due opposti. Ovunque si voglia negare la proprietà privata come vuole il socialismo, il mezzo per farlo in maniera organizzata e generale è lo Stato. Dallo Stato, statalizzando e collettivizzando, sono sempre partiti tutti i regimi comunisti e socialisti, fossero di destra o di sinistra, nazional socialisti o internazional socialisti. Di fatto il socialismo si sostanzia nella costruzione di apparati politici, polizieschi e burocratici.
Non può essere altrimenti perché la proprietà è un dato di fatto, è un dato naturale, la esercitiamo tutti continuamente, e ogni giorno in tutto ciò che facciamo, in qualsiasi relazione umana distinguiamo anche fra proprietà legittima e illegittima. Fra casa tua e casa mia, fra soldi tuoi e miei, fra la mia macchina e la tua, il mio pranzo e il tuo, le mie scarpe e le tue.. daltronde le scarpe che indossi io non le puoi indossare contemporaneamente tu, il pranzo che mangi tu non lo posso mangiare contemporaneamente io. Ed ecco perché il socialismo non può essere che stato, polizia, burocrazia e politica: essendo la proprietà una condizione naturale, ancora prima che una costruzione culturale e giuridica, tutto ciò che il socialismo può fare è trasferire la proprietà non già eliminarla, tutto ciò che può fare è gestire la proprietà con una diversa teoria della proprietà, tutto ciò che può fare è togliere ad uno per dare ad un altro. Quando tutto è deciso dallo Stato la proprietà è semplicemente del ceto politico, burocratico e poliziesco, che esercita di fatto i diritti del proprietario. Quando tutto fosse deciso dal clero, non sarebbe già deciso da Dio, ma dagli uomini che dicono che Dio esiste, e che ne interpretano la volontà. Di fatto in una teocrazia è la casta sacerdotale o chi è investito del diritto divino di governare a comandare non Dio.
Tutto sta a quale teoria della proprietà vogliamo rifarci. Quale proprietà vogliamo considerare legittima e quale no. I libertari e gli anarchici individualisti considerano legittima ogni proprietà acquisita in modo pacifico e volontario, cioè all’interno del principio di non aggressione: acquisita quindi tramite un atto di appropriazione originario, o tramite il libero scambio, di cui sono fattispecie tanto il dono che la compravendita. Ecco perché il mercato è l’esempio perfetto: il panettiere non obbliga con il fucile i clienti ad entrare nel suo negozio, ne li attira raccontando loro che il suo pane guarisce il cancro. Non li truffa e non li rapina. Cerca invece di convincerli a comprare da lui. Ma loro possono scegliere se farlo o meno. È un rapporto volontario, in cui due persone collaborano, ricavandone un vantaggio reciproco: una ottiene il pane l’altra un tot di denaro. Chi ha comprato il pane ha di fatto mostrato di preferire il pane al possesso di quella quantità di denaro e chi ha venduto il pane ha di fatto mostrato di preferire il denaro a quella quantità di pane. Di fatto le loro preferenze erano diverse e per questo hanno potuto incontrarsi con mutuo vantaggio. Ma tutto ciò è possibile solo riconoscendo la proprietà privata, in un contesto dove pane e denaro si devono acquistare tramite scambi volontari. La proprietà privata è il presupposto necessario dello scambio volontario.
I socialisti hanno teorie della proprietà confuse e contraddittorie, e che di fatto ammettono l’aggressione, il furto, la rapina, la segregazione, e l’omicidio. La legge dello Stato si regge sulla forza, se non fosse così una legge non sarebbe che una gentile preghiera.. mi scusi potrebbe andare sotto i cinquanta all’ora? No? Ah vabbè pazienza.. invece una legge è tale perché viene imposta con tutta la forza necessaria.. se superi i cinquanta ti multiamo, se non paghi la multa, se ti rifiuti caparbiamente e fai resistenza parte l’escalation: ti multiamo di più, se non paghi ancora prendiamo la macchina, pignoriamo lo stipendio, ti arrestiamo.. resisti ti portiamo via con la forza, ti picchiamo coi manganelli, ti ammanettiamo.. resisti a mano armata siamo armati anche noi, se ci resti secco colpa tua. Lo Stato nega da statuto il rispetto della sfera dei rapporti pacifici e volontari, i mezzi politici altro non sono che l’uso della coercizione per aggredire persone e proprietà privata. Le tasse non sono volontarie, sono un furto. La guerra è un massacro e una strage. La coscrizione è un rapimento e un sequestro. La burocrazia è una forma di schiavitù. Lo Stato e la politica sono la sostituzione della rete degli scambi pacifici e volontari con la centralizzazione il dirigismo e la pianificazione portati avanti con la violenza.
E gli Stati socialisti sono Stati totalitari che più degli altri cercano di portare all’estremo questo tentativo. Non importano le intenzioni, ma i risultati. Risultati inevitabili come meglio degli altri ha spiegato Mises. Non basta avere un’idea su come dovrebbe essere la società, bisogna che questo sia innanzitutto compatibile con ciò che è possibile, e poi bisogna vedere con quali mezzi seguire i fini che ci si presuppone. Ad esempio una società senza miseria attraverso la costruzione di una economia pianificata è un progetto insensato perché sappiamo dalla logica sviluppata da Mises e da altri che l’economia pianificata distrugge il sistema economico produttivo e causa miseria. I mezzi dei socialisti sono mezzi violenti usati per fini ideali a volte nobili, ma sono mezzi che non possono raggiungere quei fini. Ciò che resta dunque è solo la violenza, il trasferimento della proprietà allo Stato, la distruzione economica culturale e sociale di tutto ciò che è spontaneo e volontario, la perversione delle relazioni umane che costituiscono la società.
In nessun caso si verifica assenza di proprietà se non quando tutti i proprietari sono assenti, cioè quando siamo tutti morti. Per questo ribadisco che chi è contro la proprietà deve spararsi, lo dico evidenziando il paradosso per cui come logica conseguenza la loro idea ha la soppressione dell’umanità, visto che finché c’è umanità c’è proprietà, il che dovrebbe far saltare all’occhio la mostruosità di chi combatte la proprietà. Assieme all’ipocrisia di chi dice di combattere la proprietà, ma vuole solo costruire una società dove la proprietà non è un diritto individuale universale, ma un diritto di pochi, di un ceto politico, burocratico, di un clero, di una oligarchia che lo esercitano su tutti gli altri, che a questo punto non sono che una massa di schiavi. Suicidatevi insieme alle vostre idee, perché sono idee violente e assassine, ed è meglio che il resto dell’umanità se le risparmi, visto che di stermini ne ha già subiti abbastanza.
complimenti Spago.
gran bel post.
lo stampo e me lo tengo caro.
grazie
Piacere mio :)
Cos’è!? un virus (digitale) di pazzia generale.
Scusa, questioni personali discutetele da altre parti tipo per e-mail, facebook od altro.
christian,
forse è una seduta spiritica, forse è una stregoneria , forse è magia nera (candomblé, umbanda)
https://www.youtube.com/watch?v=S4yHEhODMag
Io vorrei solo esortare chi crede che la proprietà sia un furto ad essere più coerente..
Se la proprietà è un furto, il fatto che possediate il vostro corpo e ne disponiate a vostro piacere, la qual cosa di tutta evidenza esclude tutte le altre persone dal poterlo possedere al vostro posto, e dal poterne disporne come meglio gli aggrederebbe, è una ingiustizia terribile. Dovete disfarvi subito di questa refurtiva! Ovviamente non potete disfarvene dandola a qualcun altro, che anche la proprietà degli altri è un furto, quindi non vi resta che far sì che il vostro corpo non sia di nessuno, nè vostro nè di altri.. solo così nessuno ne sarà proprietario e quindi non vi sarà alcun furto.
E come raggiungere questa nobile e giusta condizione di non possesso? ma è semplicissimo: ci vuole solo un attimo, un pezzetto di corda, un proiettile, un goccio di veleno, un panoramico volo dalla finestra.. scegliete pure il modo che più vi aggrada.. e sia fatta giustizia!
Insomma, della serie : “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra !” . Noi l’abbiamo scagliata (la pietra), ora aspettiamo gli altri, ovvero gli accusatori (se ne hanno il coraggio di farlo, ma non direi tanto di scagliare la pietra e neppure altri oggetti contundenti, quanto piuttosto di spogliarsi pubblicamente e veramente, di “metterci la propria faccia” sulla piazza virtuale, ma neanche tanto solo virtuale), senza fare i nomi. Buona serata a tutti.
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Wow ! Michelina ! Ciao tesoro ♥
…noi ci conosciamo bene….vero? ma se gli altri non mi conoscono ancora, ebbene…allora lascio i miei dati in solidarietà con la gnocca
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Io non ho proprio nessun segreto o scheletro nell’armadio da nascondere caro Sig. Alessandro Colla
E questa e’ la mia storia : https://www.youtube.com/watch?v=S4yHEhODMag
@Vilma: Il vero furto è rubare, comunque. Vale anche per le parole chiave di accesso ai siti informatici e per la posta elettronica. Ma non capisco perché la frase sia rivolta a me. Se è un’accusa lo si affermi chiaramente. Non so quando e a chi avrei rubato, né in che occasione; anche perché non credo di essere in grado di appropriarmi della posta altrui, tanto meno delle chiavi d’accesso. Ho la mia chiave, il mio indirizzo e non vedo a cosa possano servirmi quella e quello degli altri. Io tra l’altro mi firmo per esteso, mentre se “Vil” è un nome e “Ma” un cognome, la cosa potrebbe portare a ironizzare sul nome stesso. A meno che a intervenire non sia un personaggio del disegno animato “Gli Antenati” di Hanna e Barbera.Se ha compiuto un furto simile qualcuno che conosco, sarebbe opportuno segnalarmelo. Se è qualcuno che scrive su questo sito non è mia la responsabilità. Se è un delirio, come temo, non sono in grado di offire consigli diversi dall’astenersi dallo scrivere. Quando parlavo del mondo marxisteggiante non intendevo affermare che la frase sulla proprietà equivalente al furto sia stata pronunciata da Marx ma che quel citato mondo si è APPROPRIATO (paradossale participio) della frase stessa. Se pronunciata da un anarchico è somma contraddizione, tanto peggio per lui e per i socialisti lombardiani (tra i quali, una volta, c’era anche un certo Fabrizio Cicchitto) che l’hanno reiterata. Non c’è dubbio che finta destra e autentica sinistra unite abbiano consegnato l’Italia e l’Europa ai banchieri e alle oligarchie. La Nato e quello che viene impropriamente chiamato imperialismo statunitense, però, non c’entrano nulla. Se non altro perché il tutto è nato per effettuare una forma di concorrenza verso gli Stati Uniti. E con una moneta artificiale, la concorrenza risulta anche sleale. A meno che non siano stati gli Stati Uniti a premere perché venisse creata una moneta finta in Europa e avvantaggiarne una più stabile come il dollaro. Non escludo niente dal momento che la sterlina è rimasta autonoma anche quando la Gran Bretagna era dentro l’Unione. Su Putin e le merendine non vedo alcun nesso con la frase di Fer. Il confessionalismo ortodosso russo è di fatto religione di stato, tre anni e mezzo di carcere per interruzione di una funzione sono troppi. In Inghilterra la sanzione è di trecento sterline. Ma nulla di paragonabile a quando c’erano gli altri cialtroni collettivisti dove si potevano passare vent’anni o più ai lavori forzati per reati d’opinione. Nella Russia attuale, vendere merende è considerata un’azione meritoria; purché non cia sia disegnata sul prodotto un’immagine blasfema. L’imprenditoria era vietata prima di Putin, prima di Eltsin. Qualcuno continua a non volerselo ricordare ma si sa: mai guardare nel telescopio; se no, poi, ha ragione Galileo.
Vilma Laudelino De Souza, ok ?
Vuole per caso anche la mia mail cosi’ che se ne possa appropriare liberamente ?
Eccola : [email protected]
[email protected]
https://it.cam4.com/michelina87
@ Alessandro Colla : il vero furto è rubare le password e le e-mail !
1) La frase “la proprietà e’ un furto” non è di Marx, ma di Pierre-Joseph Proudhon.
2) La destra e la sinistra unite hanno consegnato l’Italia ai banchieri, alle oligarchie dell’Unione Europea, alla funzione di camerieri della Nato e dell’imperialismo statunitense.
3) Il partito islamico in Italia : http://www.ilfoglio.it/politica/2017/02/28/news/ecco-il-partito-islamico-italiano-di-hamza-roberto-piccardo-122800/
“la proprietà e’ un furto” (Pierre-Joseph Proudhon): http://www.circoloproudhon.it/shop/la-proprieta-e-un-furto/
Veramente è di S. Giovanni Crisostomo che non perdeva colpo nel fustigare i ricchi, ma se non sbaglio la rubò anch’egli a più umili pensatori minori del cristianesimo di cui non ricordi i nomi.
Un altro furto (di spazio, pazienza e buongusto) è quello di spammare commenti come se piovesse.
Guess who I am referring to.
Questa sinceramente non l’ho proprio capita a cosa si riferisse nello specifico, e poi il voler fare la morale agli altri e’ sempre cosa di cattivo gusto. Ricordando anche che… “Non c’e’ nessun giusto, neppure uno” ! E poi… anche Gesù se è per questo “fustigava i ricchi”.
S . Giovanni Crisostomo non ha mai scritto esplicitamente che la “la proprietà e’ un furto” , ma cosa assai diversa : ” Dimmi donde viene la tua ricchezza? Io i miei beni li ho ereditati. Da chi li hai ereditati? Dal mio avo. E lui da chi? Da suo padre. Potresti, risalendo di generazione in generazione, dimostrarmi che sono stati acquistati secondo giustizia? No, non potresti: alla loro origine e fonte ci fu per forza qualche ingiustizia. Perche’ ? Perche’ Dio non creo’ all’origine ne’ ricchi, ne’ poveri . In altre parole, il diritto di proprieta’ non deve mai esercitarsi a detrimento dell’utilita’ comune.
Nessuno e’ autorizzato a riservare a suo uso e consumo cio’ che supera il suo bisogno, quando gli altri mancassero del necessario per vivere. . Si deve quindi distinguere tra proprieta’ ed uso che se ne fa: la prima di suo non si perde per qualche abuso, mentre il secondo puo’ e deve essere indirizzato da opportune leggi al bene necessario della collettivita’. Questi sono solo dei validi prìncipi di vita evangelici, di certo non anarchici, comunisti o socialisti !
E neppure si tratta di prìncipi libertari, mi sembra cosa ovvia che non lo sono e non potrebbero mai esserlo !
Sì, abbiamo “guadagnato” un nuovo troll e forse non solo uno. A meno che non sia la stessa persona che si firma in più modi. Il sospetto viene dalle analogie e dallo stesso metro di intolleranza tra firme diverse. Quando si dà dell’ubriaco a Birindelli commentando “La caratteristica intellettuale del socialismo è la stupidità”, ci si rivela come al solito incapaci di controargomentare attraverso idee. E si prefersice l’ottusità di chi chiamava malati mentali i dissidenti sovietici. Altra incapacità è di tipo parodistico. Nel tentativo di parodiare, appunto, si finisce per scrivere che la caratteristica intellettuale dei proprietari di vigne sia l’ubriachezza. Non si comprende, ovviamente, che quest’ultima è uno stato fisico e che non può quindi annoverarsi tra le caratteristiche intellettuali. Sarebbe come dire che possa esserlo il raffreddore. Certo, nel loro caso anche la stupidità è una patologia ma Birindelli si riferiva al mondo delle idee, quelle di cui i trolleggiatori sono completamente privi. Lo dimostrano riproponendo la litania della proprietà che sarebbe un furto, una delle frasi più idiote del mondo marxisteggiante. Quando il vero furto è togliere la proprietà a qualcuno; se la proprietà fosse furto non esisterebbe proprietà alcuna. Sull’assenza di un partito ebraico non starei tanto a sottilizzare. Sturzo voleva un partito laico, Dossetti uno confessionale e integralista. Vinse quest’ultimo. Forse perché così voleva la chiesa, mai niente del genere vuole la sinagoga. Che comunque non ha una struttura universale come quella dei cattolici. Ma se anche si creasse un partito confessionale ebraico non ci sarebbe alcun pericolo reale. Solo il rischio interno di correnti di destra e di sinistra come nella Democrazia Cristiana. Meglio dividersi tra liberali e labouristi, come saggiamente avviene in Israele (avventure centriste di Sharon a parte). Sul non voler vedere il centralismo e l’interventismo dell’Unione Europea, occorre ricordare i cardinali che si rifiutavano di osservare il cielo attraverso lo strumento di Galileo. La guerra delle parole non contribuisce alla chiarezza. Infatti non tutti i fautori dell’economia libera, cioè del mercato, vogliono chiamare capitalismo la stessa economia di mercato. Non so se abbiano ragione o se incorrano in un errore semantico. Ma chiamare capitalista un sistema che si basa sul protezionismo non ha senso, anche se a essere protetti sono i settori di raccolta del capitale; ossia gli istituti di credito. Questo non è altro che mercantilismo, la sia pur parziale negazione della libertà economica. E lo strumento utilizzato è sempre quello legislativo, la negazione delle regole mercatorie spontanee. Io chiamo capitalismo la diffusione del capitale, la sua libertà di creazione senza altri vincoli che quello di perseguire le proprie finalità senza aggredire alcuno e alcunché. A meno che tra questi “alcunché” non vi siano virus letali per la salute umana, in realtà aggressori quanto meno potenziali. Se il termine è sbagliato (magari ragioniamoci sopra e stabiliamo il perché) cambiamolo pure. Ma non voler riconoscere quanto sia socialista l’Europa, anche quando governano partiti conservatori o nazionalisti o sedicenti liberali, siginifica essere al di sotto del livello intellettivo e morale dei citati ecclesiastici dominanti in epoca galileiana. Il capolavoro fiolosofico, però, lo si raggiunge quando si vuole chimare capitalismo una società fondata sulla proprietà “privata o statale” dei mezzi di produziome e di distribuzione “regolata dalle leggi del mercato”. Peccato che le leggi del mercato, quelle autentiche e non quelle spacciate per tali, non contemplino la possibilità di una proprietà statale. Se per ragioni tattico – strategiche si è costretti a sopportare uno stato minimo, tutt’ al più si può accettare l’idea provvisoria di una proprietà demaniale ma solo per questioni logistiche. Nulla a che vedere con i mezzi di produzione e distribuzione. Parole al vento, comunque, le nostre; e forse anche quelle di Huerta De Soto. La scuola di stato ha già prodotto danni difficilmente riparabili se ancora ci si ostina a chiamare capitalismo il socialismo. Orwell docet: “la libertà è tirannia”.
Colla, ma non si faccia trascinare in polemiche inutili da una banda di socialisti.
Invece parliamo dello stupendo articolo di de soto, che e’ aria fresca per la mente
@ vito
bevi meno.
non sei messo molto bene.
povero ragazzo, gli auguro una fine lenta e dolorosa in un carcere socialista per aver venduto a scuola merendine fatte in casa.
Non c’e’ bisogno di nessun carcere socialista o esilio forzato in Siberia : ci basta e avanza Putin , ci penserà lui a fare il suo lavoro !
Infatti, christian, eccolo qui il TROLL: https://it.wikipedia.org/wiki/Utente:Vituzzu
Cos’è abbiamo guadagnato un altro TROLL.
Almeno dicesse cose logiche. La classica scimmia che pigia tasti a caso sicuramente produrrebbe frasi più sensate.
E per capitalismo intendiamo una società fondata sulla proprietà privata o statale dei mezzi di produzione e distribuzione, una società regolata dalle leggi del mercato.
L’unione europea è socialista. ??? A noi sembra che sia governata dalle banche , quindi l’unione europea e’ l’esatto opposto del Socialismo. Noi chiamiamo l’attuale sistema sociale capitalismo . L’Umanità sta finalmente superando il capitalismo, ed è tempo per un grande cambiamento. E’ ora all’orizzonte un futuro senza scarsità basato sulla proprietà comune, sul libero accesso e sul controllo democratico. Una società globale senza frontiere dove le risorse della Terra sono diventate l’eredità comune di tutti e sono usate per soddisfare i bisogni della gente senza l’uso del denaro. Il più grande cambiamento nella società dalla scoperta dell’elettricità.http://socialismo-mondiale.blogspot.it/p/che-cose-il-socialismo.html
Occorrerebbe diffondere questo scritto alle vittime del terremoto che vanno a manifestare in piazza.