Provate a chiedere al “cittadino qualunque” una definizione di Ernesto Guevara de la Serna, conosciuto perlopiù con il nomignolo di “Che”. Vi accorgerete che il 99 percento delle risposte avrà un tenore molto simile a quanto scritto dal sito www.antoniogramsci.com, che riportiamo qui di seguito[1].
“La giustizia sociale, un fine nobilissimo, perseguito con grande dedizione fino al sacrificio della vita. Vittorie e sconfitte di un uomo che è diventato un mito della Storia.
Come tutti gli eroi, il “Che” combatte contro il mostro che affama e inghiotte la povera gente, compie imprese meravigliose che suscitano stupore e ammirazione, rinuncia, in nome di una giusta causa, alla tranquillità, per affrontare sacrifici e pericoli, acquista via via una saggezza, una nobiltà e una forza d’animo che lo fanno apparire come un profeta e una guida.
È possibile ravvisare delle costanti antropologiche negli eroi, ma è certo che questi nel tempo hanno assunto spesso caratteristiche diverse. Il “Che”, ad esempio, non è un eroe classico perché non ha parentele con antenati divini.
Non è un eroe medievale perché non è fedele ad un re. Non è un eroe romantico perché la sua vita non è basata solo sullo spirito. Non è un eroe moderno perché la sua azione non si fonda sul sapere. È un eroe storico perché ha compiuto imprese documentate dagli uomini. È un eroe naturale perché simboleggia il sole che lotta contro l’oscurità. È un eroe morale perché rappresenta la lotta dell’uomo contro se stesso. È un eroe universale perché non lotta per la patria, ma per l’umanità. È un eroe tragico perché la sua nobiltà d’animo e i suoi ideali puri lo conducono ad una morte prematura. […]
Sul piano dell’etica, il “Che” somiglia più ad un santo che ad un eroe. Nessun altro individuo è riuscito ad incarnare in modo così completo ed esemplare la mentalità e la sensibilità dell’uomo cristiano. Egli appare come una figura ideale, modello di virtù superiori, emblema dell’amore disinteressato per l’umanità. […]
La sua figura crea gravi conflitti alle coscienze lacerate e inaridite dei suoi contemporanei, dai quali è nel contempo temuto e amato. Temuto perché rimprovera loro di vivere in un modo innaturale e perché mette in discussione l’ordine delle cose; amato perché combatte quelle norme che snaturano l’essere e mette in luce valori essenzialmente umani.
Il rivoluzionario argentino è un eroe epico e tragico, un esempio di speranza e di sconfitta. Il “Che” che, insieme alla sua gloriosa colonna ribelle, sconfigge i soldati di Batista a Santa Clara e che poco dopo arriva come un liberatore all’Avana, è un eroe epico. È tale perché i suoi ideali non sono legati alla morte, ma alla vita, perché dopo un lungo isolamento sulle montagne, ritorna nella società dove porta un soffio di fiducia e di felicità, perché al suo nome e a quello di altri compagni sono legate imprese eroiche e leggendarie, perché la rivoluzione cubana ha segnato un’epoca e si iscrive nella memoria storica come un evento grandioso.
Il “Che”, isolato e braccato dai soldati di Barrientos nella foresta boliviana e colpito a morte nella scuola di Higueras, è un eroe tragico. È tale perché la sua vita è contrassegnata da un crescendo di sofferenze, perché consapevolmente va incontro al suo destino, perché insieme a lui muoiono i grandi ideali per cui si era battuto, perché la sua è una nobile morte. […]”.
Fortunatamente, la storia è sì scritta dai vincitori, ma la sua revisione è un dovere morale di ogni studioso libero, anche e soprattutto quando sovverte quei dogmi considerati intoccabili da certe fazioni ideologico-politiche. Io, nel mio piccolo, ci ho scritto un libro (C’era una volta il Che, grazie a Simonelli Editore) per mostrare che la storia può essere raccontata – fatti e testimonianze alla mano – diversamente. Le camarille mainstream non l’hanno preso tanto bene…
*Link all’originale: http://www.lindipendenza.com/che-guevara/
[1] La fonte da cui è tratta l’apologia di cui sopra fa parte di uno studio sulla figura dell’eroe moderno di Giovanni Sole presso la cattedra di Etnologia dell’Università della Calabria, i cui primi risultati sono stati pubblicati nei seguenti volumi: Ernesto Guevara de la Serna detto Che. Mito dell’eroe tragico, Rende, Università degli Studi della Calabria, Centro Interdipartimentale di Documentazione Demoantropologica,Ernesto Che Guevara, Questa grande umanità, Newton Compton, 1997.
Bene, Lei impari a scrivere. “Desalinizzi”, non “desaNilizzi”. Forse è solo un errore di battuta ma visto che ama i toni insulsamente aggressivi, Le rispondo paritariamente. Afferma di non essere misteriosa: io mi firmo per esteso, Lei no. Quindi l’aggettivo non è riferito al Suo carattere, che non conosco, ma al fatto che non so chi Lei sia. Padrona di voler mantenere l’anonimato ma altrettanto padroni gli altri di notarlo. Ancor più misterioso è quel “che ci farei io” dopo quattro anni. Mi ero solo chiesto come mai Lei fosse intervenuta quattro anni dopo l’ultimo commento. Altrimenti non avrei prodotto alcuna domanda. Tra l’altro Lei emette patenti di utilità o inutilità alle domande stesse in base a non si sa quale criterio. Ho chiesto con chi ce L’ha perché non riesco a capirlo, in quanto nei Suoi scritti non specifica il bersaglio, sia nel contenuto che nelle persone. Ho chiesto chi L’avrebbe accusata di cattive maniere e di aver usato un linguaggio volgare, dal momento che nei commenti precedenti non ho trovato nessuna accusa nei Suoi confronti. E’ Lei che invita a leggere i commenti di altri; mi segnali quali sarebbero, forse non compaiono nella pagina o io non riesco a trovarli. L’unico termine volgare l’ho letto nel commento di Jan e non mi pare fosse a Lei diretto. Soddisfare la curiosità è oggettivamente un occupare il tempo in modo più che costruttivo. Evidentemente, il Suo grado di curiosità è inversamente proporzionale ai Suoi livelli di tolleranza. Del resto, che si lamenta a fare se poi chi vorrebbe capire e sapere non riesce a darLe né ragione né torto per mancanza di informazioni complete? I redattori di questo sito non hanno bisogno di difensori d’ufficio, né io sarei la persona più adatta per questo ruolo. Tuttavia ritengo che accusare Facco di non sapere cosa sia il nazismo, sia come invitare Tania Cagnotto a imparare a nuotare. L’espediente linguistico “Facco – Fascio”, oltre a essere poco originale, è insensato sotto il profilo letterario e sotto quello drammaturgico. Sarebbe paragonabile a voler accusare Marx di tentare l’instaurazione di un sistema capitalistico. Essere contro lo stato è la massima espressione di antifascismo, anzi l’unica autentica. Forse il bisogno di riprendere gli studi è stato un suggerimento del Suo inconscio alla Sua stessa persona. Chissà se Lei conosce programmi e posizioni del nazismo in merito all’economia, al diritto, alle esigenze individuali, all’ambiente… Tutte posizioni naturalmente agli antipodi di un movimento libertario. E ciò vale anche per il razzismo. Vada a vedere bene il nome completo del partito nazista, magari se lo faccia tradurre dal tedesco. Capirà perché qui si diffida profondamente di chi ritiene di poter parlare in forma autoreferenziale a nome dei lavoratori e della classe operaia.
Sig Alessandro Colla.
Non sono per niente “misteriosa”.
E lei che ci fa dopo quattro anni ?
Si ponga meno domande inutili. Occupi il suo tempo in modo più costruttivo. Desanilizzi il mare..per esempio.
Lei non sa neanche cosa sia il nazismo. Insulti se stesso e faccia un giro nei campi di sterminio. Se ha tempo….altrimenti vada a studiarselo. Magari incontra la parola : RAZZISMO. Sig. Fascio la saluto.
Questi inviti alla desalinizzazione dell’acqua marina da parte di una misteriosa Chiara mi lasciano perplesso. Non si capisce con chi ce l’abbia e perché. Dopo quattro anni, tra l’altro. E chi l’avrebbe accusta di cattive maniere e di turpiloquio?
Non ho usato cattive maniere. Non ho detto parolacce. Leggere i commenti di altri.
Mi fate pena…
Ma andate a svuotare il mare con un cucchiaino..Che è meglio! Palabras del Che!! Mi fate pena.
Difendere un criminale come Guevara, dà la cifra di che persona è lei! Voi nazisti fate schifo!
carla / Ciao Emilio,mi permetto di stcrveiri in merito al tuo commento di venerdec alle parole del cardinale, su come dovrebbero comportarsi i nostri politici, e sulla lettera che invece a suo tempo era stata inviata alle chiese d’Irlanda. Beh, ecco, non ti ci mettere pure tu ad attacare la chiesa .. E’ vero, ha sbagliato e sicuramente sbagliere0 ancora essendo fatta di uomini anch’essi con tanti difetti, perf2 e8 anche vero che il precedente papa e l’attuale non hanno taciuto, anzi! Mentre i nostri politici si guardano bene dal riconoscere i propri errori e chiedere scusa. Ti dico questo perche8 al mattino ti ascolto in macchina con mia figlia (14 anni) e penso che se a questi giovani dissacriamo anche la Chiesa, gli rimangono ben poche istituzioni in cui credere.Per il resto grazie, e8 una vita che ti ascolto, gie0 quando eri a Reporter sperando di vincere la Micra ..e mi sei sempre piaciuto perche8 a differenza di molti altre conduttori che parlano tanto per parlare tu sei pif9 come dire reale e divertente insomma come se uno stesse chiaccherando del pif9 e del meno con un simpatico amico che usa anche la testa e non solo le parole.Grazie e buon lavoro.
………tipico frutto dell’università italiana, ispirate stronzate in salsa marxista ribollite in sugo di supponenza pseudointellettuale
Due cose più mi accomunano a Ernesto “Che” Guevara: la Laurea in Medicina e i Montecristo n° 4
Se Breivick invece di uccidere 77 militanti del partito laburista avesse ucciso 77 militanti di un partito di estrema destra (magari violento a parole ma non nei fatti) il sito antoniogramsci.com, i comunisti come Rizzo che preferiscono vivere in Corea del Nord e molta gente di sinistra lo avrebbero considerato un eroe.
Per questa gentaglia contano più lo loro irrealizzabili idee che la vita delle persone.
Per quanto mi riguarda , non è un eroe.
E’ peggio di Padre Pio, ma è meglio di Berlusconi…( parlo di moralità )
Dai Leo, sii giusto.
Il Che non ha mai affamato nessuno, casomai usava fucilare.
Doveva essere talmente stronzo che anche Fidel non ha visto l’ora di toglierselo dalle palle.
E sospetto che sia stato sempre Fidel a dire ai Boliviani dove prenderlo.