“L’intero Vangelo di Karl Marx può essere riassunto in poche frasi: odia l’uomo che si dimostra migliore di te. Non ammettere mai, in nessuna circostanza, che il suo successo possa essere dovuto alle sue capacità, non riconoscere mai il contributo produttivo che possa aver dato a tutta la comunità. Attribuisci invece sempre il suo successo allo sfruttamento, all’imbroglio, alla rapina più o meno …esplicita ai danni degli altri. Mai ammettere, in nessuna circostanza, che il proprio fallimento possa essere dovuto alla propria debolezza, o che il fallimento di chiunque altro possa derivare dai suoi difetti – dalla sua pigrizia, incompetenza, imprevidenza o stupidità.” (Henry Hazlitt, Freeman)
Karl Marx è morto 129 anni fa ma la sua eredità memetica è rimasta in buona parte dell’umanità nonostante la caduta del Muro di Berlino e nonostante indossare le magliette col Che sia passato un po’ di moda ultimamente.
Marx lo puoi vedere dappertutto nella nostra società, lo puoi sentire in tantissime persone con cui parli ogni giorno, lo senti nella tua testa come quei piccoli diavoletti dei cartoni animati -perfino in quella di un libertario- e devi controbattere con la logica e il buon senso per non soccombere ai suoi ragionamenti. In futuro l’apporto memetico di Marx verrà equiparato nei libri di storia insieme a quello di Gesù Cristo e Maometto per quanto sia riuscito a sopravvivere alla sua morte e a inserirsi come un virus nelle menti degli uomini. Non sono abbastanza esperto di sociologia e storia da sapere se l’invidia sociale delle società umane sia aumentata dopo Marx. Quello che posso dire è che ha trovato uno sfogo organizzativo ottimale, uno schema, una struttura logica tutta sua che permette agli uomini di incanalarla in qualsiasi discussione e argomento.
Dice bene Hazlitt nella frase all’inizio del post: l’eredità di Marx è quella di averci lasciato una struttura mentale in cui l’invidia può lavorare al suo meglio. Il mondo si divide in sfruttati e sfruttatori e le sfortune dei primi sono da imputare ai secondi e le fortune dei secondi sono da imputare allo sfruttamento dei primi. Non c’è bisogno di essere marxisti per pensarla in questo modo, come dicevo questa forma mentis è entrata a far parte dell’uso comune e non ha più alcun collegamento ideologico col marxismo.
E quando ho sentito parlare tal Alessandro Robecchi (giornalista de Il Manifesto, Repubblica e Micromega) a Le invasioni barbariche non ho potuto che pensare alla frase illuminante di Hazlitt.
A Le Invasioni barbariche si parlava di tasse e nello specifico del blitz a Cortina di qualche settimana fa. In studio anche il grande Giorgio Fidenato che ha dovuto cercare di spiegare il libertarismo in appena due minuti subito sbeffeggiato dal tal Robecchi con argomenti da prima elementare. Fidenato ha fatto il meglio che poteva e sono felice che finalmente il libertarismo vada un po’ più mainstream. Ma purtroppo il protagonista della puntata è stato Robecchi con le sue argomentazioni superficiali e l’atteggiamento da sbruffone.
*Libertarianation.org
Michele, benedeto del Sior ! E’ la seconda volta che ti trovo in questo sito e sempre ti sento rabbioso. Non è che a te nessuna la dia mai ?
chi ha scritto l’articolo e’ solo un tifoso dell’altra parte.
a questo hanno ridotto i libertari la follia del gold standard.
Marx faceva bene a dire che chiunque avesse capitale in un sistema capitalista come quello di allora sarebbe dovuto essere espropriato.
e i pagliacci stupidi libertari (falsi) di oggi vorrebbero l’oro moneta.
Marx e’ molto, molto, molto meglio degli austriaci monarchici e conservatori reazionari cattolici.
Giungere a più miti conclusioni, no? Il tuo discorso è promotore di estremismo. Da un estremismo non può altro che sorgere un estremismo opposto, poi l’uomo fa la guerra…..impariamo dagli animali!!!!!
Il post originale è stato tagliato a metà. Potete leggere l’intero post con conclusioni e video qui:
http://libertarianation.org/2012/02/09/linvidia-come-motore-delle-societa-moderne/
Come ho scritto già altrove, Hazlitt (che pure apprezzo) ha forse letto poco e male gli scritti di Marx. Uno dei più feroci attacchi contro l’invidia che mi sia capitato di leggere si trova nei Manoscritti economico-filosofici del 44 di Marx in cui scrive: “L’invidia universale … non è altro che la forma mascherata sotto cui si presenta l’avidità.” E, riferendosi probabilmente al comunismo di Babeuf afferma: “Il comunismo rozzo non è che il compimento di questa invidia e di questo livellamento partendo dalla rappresentazione minima.” Attribuire a Marx questo comunismo rozzo è un po’ come attribuire ad Adam Smith l’interventismo statale. E poi uno se la prende perché gli altri manipolano e distorcono le idee sul capitalismo di libero mercato?! Un po’ di rigore scientifico da tutte la parti non farebbe proprio male!
Egregio prof., forse si ricorda di me per avermi tirato un cazziatone (relativamente ad un post in cui era stato tirato in ballo il Proudhon)
Ebbene, da quel giorno ho cercato di dare una registrata alle mie conoscenze in ambito filosofico scoprendo, appunto, che il Marx che ho studiato a scuola era insegnato molto. Ma molto male. Ci abbiamo perso tre mesi per non arrivare a vedere che in tanti punti lo si è travisato, secondo me a bella posta.
E’ incredibile vedere quanto la scuola funzioni male e allontani la gente dalla conoscenza.
Aveva ragione Flaiano: “tutto quello che non so l’ho imparato a scuola”.
Questo post solo per salutarla.
Ti ringrazio del titolo ma non mi sento proprio un professore; caso mai un alunno ancora ignorante (di troppe cose) che cerca di imparare.
Ricambio i saluti e … al prossimo incontro, tra un commento e l’altro. Ciao.
Hoppe, in Economics and Ethics of Private Property, sostiene la correttezza delle tesi di Marx: la storia dell’umanità è una storia di lotta di classe tra sfruttatori e sfruttati; il diritto e lo Stato sono una sovrastruttura ideologica il cui fine è quello di indurre l’accettazione sociale dello sfruttamento. Ciò posto, il problema è che le due classi in cui si divide l’umanità, come scriveva Oppenheimer, sono quella di coloro che producono ricchezza con il proprio lavoro (il mezzo economico) e quella di coloro che si appropriano in forma violenta e coercitiva della ricchezza altrui come le organizzazioni criminali e lo Stato (il mezzo politico). I difensori delle tasse sono i sostenitori, spesso inconsapevoli, della classe degli sfruttatori. L’invidia per chi è più capace e più ricco e l’ansia di vendetta, attuata espropriandolo violentemente, è il mezzo utilizzato dallo Stato per ottenere l’accettazione sociale delle sue attività violente e coercitive di sfruttamento.
brutta cosa l’invidia…
io penso che è il sesso che muove il mondo e non l’economia.
penso che i “migliori” in economia si sforzano in tal senso per superare con i soldi il fatto che sono MINORATI sessualmente, sia come individui che come popoli, in quanto invidiosi dei maggiorati/più performanti.
spesso “gli ultimi diventano i primi” e così i fisicamente minorati invidiosi (i vecchi, i bianchi) per non essere eliminati inventano un “sistema” che rivoluziona diametralmente i valori: l’economia capitalista, che è il frutto dell’invidia e del rancore dei deboli e sfortunati.
Dopo aver letto l’articolo mi trovo d’accordo con l’autore specialmente sulla sua affermazione: ” Non sono abbastanza esperto di sociologia e storia.” Si vede.
Vedo che abbiamo un’invidiosa.. fa male la verità, vero?
:)