Il concetto di libertà di stampa se non è unito al concetto di proprietà è un guscio vuoto. Per mandare fuori il tuo giornale devi avere le rotative, la carta, i computer, etc etc. Se si loda la libertà di stampa e poi magari si auspica una società nella quale lo stato detiene tutti i mezzi di produzione, c’è qualcosa che non va. In una società simile puoi essere libero di stampare quanto vuoi ma se un giorno lo stato si sveglia e ti dice che si è stancato di te, può non darti più carta per il tuo giornale e ciao alla libertà di stampa.
A ben pensarci, è una situazione che un po’ si è venuta a creare con Liberazione, il cui numero di ieri era l’ultimo. In Italia, a causa della situazione insostenibile che si è venuta a creare a causa di decenni di allegro debito pubblico fatto sulle spalle delle generazioni future, sembra si sia posto un freno ai finanziamenti all’editoria e quindi molti quotidiani che dipendono principalmente da quelli per la sopravvivenza si trovano in una situazione traballante a dir poco.
Quando un quotidiano chiude non è mai una cosa bella. Altrettanto poco bello è però il fatto che in Italia ci sia questa mentalità diffusa a ogni livello che il fine dello diffondere le proprie idee sia da perseguire con ogni mezzo, anche quello di rubare soldi a me che magari non sono interessato alle idee di cui sopra o, peggio ancora, che ho in orrore le idee di cui sopra. In Italia è da sempre sdoganato il concetto che non ci sia niente di male nel farsi finanziare dallo stato un quotidiano solo per il fatto che altrimenti ci sarebbe una voce critica in meno. Cioè, la voce critica vuole essere finanziata dall’oggetto che critica perché in caso contrario ci sarebbe meno democrazia.
Capite anche voi la perversione di un simile ragionamento? Lo stato deve rubare i soldi ai propri cittadini aumentando sempre più le tasse per redistribuire a migliaia di giornali i soldi affinché questi possano criticare/biasimare/incensare il sistema, altrimenti vuoto di democrazia. La forza delle idee è tale perché sopravvive alle persone, supera le difficoltà e si diffonde viralmente. Può non piacere il personaggio e possono non piacere le sue idee, però guardate dove è arrivato Ron Paul grazie alla forza delle sue idee e grazie ai contributi volontari di milioni di supporter che in quelle idee vedono un futuro. Se si dipende dallo stato, si crea cultura asservita allo stato e poco importa quanto critica può essere la tua voce: sarà sempre asservita e dipendente dallo stato.
Io umanamente sono vicino ai giornalisti e a tutti i lavoratori di Liberazione perché perdere il lavoro non è mai una bella cosa e capisco lo sconforto e il senso di vuoto e di incertezza nel guardare al futuro. Però non posso unirmi al coro unanime da destra a sinistra che chiede una soluzione, ossia ancora soldi statali. La soluzione, per me, è che a Liberazione si facciano un esame di coscienza e capiscano che dipendere dallo stato per diffondere le proprie idee non è sano e porta solo sterilità: non c’è futuro intellettuale libero e fecondo nel dipendere dal sovrano che oggi è magnanimo e domani è cattivo. E poi, suvvia, al giorno d’oggi ha davvero senso battersi per un quotidiano cartaceo? Internet, anche nell’arretrata Italia, si sta diffondendo sempre di più e sempre di più pesa nell’opinione pubblica. Fare un bel sito internet di informazione non ha i costi stratosferici di un quotidiano cartaceo e può ogni giorno di più sostituirsi in meglio ai paludati quotidiani cartacei.
Il (communist) party è finito. È ora che anche in Italia la cultura dei soldi dovuti (dagli individui a soggetti terzi via estorsione statale) venga spazzata via dalla cultura del camminare con le proprie gambe.
*Tratto da www.libertarianation.org
Grazie per gli auguri re per il video.
Chiedo scusa se ritorno sul problema del finanziamento agli Enti lirico-sinfonici, che probabilmente interessa a pochissimi, visto che si tratta di un mondo agonizzante, caro a nostalgici come me (anni 65 fra pochi giorni, nonno di una bellissima bimba). Da un articolo pubblicato qualche giorno fa sul “Giornale”, a firma di Carlo Lottieri, ricavo la notizia che il Metropolitan Opera House di New York riceve finanziamenti pubblici per poco più dell’1%; per il resto vive di mecenatismo privato, lauti incassi di botteghino, sana gestione e intelligenti iniziative mass-mediatiche. Buona imprenditoria, dunque. Se si eliminasse anche quello sparuto contributo pubblico, il MET non chiuderebbe; al massimo ridurrebbe il numero dei titoli in cartellone: Probabilmente, se tutti i teatri dovessero finanziarsi da sé, i peggiori chiuderebbero e i migliori sarebbero in grado di abbassare i favolosi onorari percepiti da certe star dell’ugola e del podio: le quali dovrebbero far buon viso a cattivo gioco, se non vogliono finire d’ esibirsi all’angolo delle strade, raccogliendo elemosine con il cappello in mano…
Ed ecco perché le star dell’ugola si precipitano in soccorso dei fondi pubblici.
In Italia esiste un patto scellerato tra artisti, in ogni ambito, e Stato.
Secondo me è anche a causa di questo irrazionale patto che la lirica ha i giorni contati,
se si smettesse con il maneggio totale di ogni ambito della vita civile, sarebbero non pochi i giovani che si avvicinerebbero ala musica classica e al melodramma.
I politici hanno talmente lordato ogni cosa che siamo ridotti così, hanno bisogno di una massa di deficienti rincitrulliti dal “tunz-tunz-tunz” delle discoteche. Tanto per lor signori “questa e quella” pari sono
(e beccati gli auguri di buon compleanno, auguri per la nipotina che ne avrà bisogno, e questo video:
https://www.youtube.com/watch?v=2l5q9QgjojM )
chiedo scusa “questa O quella”…
IL NUOVO QUOTIDIANO, SENZA CONTRIBUTI PUBBLICI
http://www.lindipendenza.com
DALL’8 GENNAIO ONLINE
“Quando un quotidiano chiude non è mai una cosa bella.”
Non capisco il senso di questa affermazione. Le risorse liberate, sia quelle fisiche che quelle umane potranno trovare qualque altra configurazione meglio apprezzata dal pubblico.
E a proposito di finanziamenti pubblici, che dire del “Fondo unico per lo spettacolo”? Perchè anche chi s’annoia a morte all’Opera deve pagare parzialmente il biglietto dei melomani?Parla uno che adora la musica, ma più volte a teatro si è sentito in colpa all’abbassarsi delle luci, poco prima che s’apra il sipario, pensando che il suo biglietto,pagato formalmente per intero, costerebbe molto di più se le spese dell’allestimento non fossero state pagate, in massima parte, anche da chi non è lì presente, e forse neppure vorrebbe esserci. FInanziamenti interamente privati, o si chiude! I musicofili come me si tassino volontariamente per sostenere gli Enti musicali, o accettino di pagare per un biglietto il quadruplo di quanto pagano ora, ma non pretendano di tassare anche chi non ci sta. In Italia il sistema con tutta probabilità crollerebbe, e io sentimentalmente sarei il primo a dolermene. Però…amicus Plato, sed magis amica veritas…
ignobile Fondo!!!! Utile a dar soldi ai milionari, e la chiamano redistribuzione: luridi parassiti!
Ma ci sono casi all’estero in cui il teatro e l’opera prosperano in assenza di (o con ridottissime) sovvenzioni statali?
Nel libro “la città volontaria” mancano esempi in quest’ambito.
La risposta, perfetta, l’ha già data CarloButti, chi vuole l’opera se la paga, come tutto il resto. Se siamo disposti a giustificare di estorcere quattrini al contribuente per l’opera, come faremo a lamentarci se vengono estorti per la sanità, per l’istruzione?
in teoria concordo.
ma “lo stato detiene tutti i mezzi di produzione” in realtà non lo auspicava manco togliatti, quindi la contraddizione è solo apparente… e non mi pare che bertinotti metta “in comune” i suoi 200.000 euro l’anno.
il rischio del “camminare con le proprie gambe” è che da una dittatura di stato si passi a una dittatura PLUTOCRATICA, perchè chi ha tanti soldini può finanziare di più i media che fanno i suoi interessi e plagiare le menti… per questo esisteva il “finanziamento pubblico”, perchè (a torto o a ragione non mi interessa) si pensava che così si sarebbe data voce a tutte le componenti della società, non solo a quelle finanziariamente più forti, e si pensava che questa “democraticità” fosse un bene per tutti.
vedremo se ron paul poi farà gli interessi della vecchietta che gli versa 50$ o di quelli che gliene versano 10milioni!
“camminando con le proprie gambe” qualcuno che cammina più veloce di te lo trovi… si tende alla concentrazione monopolistica, aumenta la polarizzazione fra le classi di reddito, la middle class tende a trasformarsi in mort di fam class. e si torna indietro di secoli.
pensateci.
Ci siamo in pieno nella dittatura “plutocratica” condita con social-tecno-burocrazia. Per di pù, i plutocrati non fanno nemmeno lo sforzo di “guadagnarli” i soldi, li inventano e li cedono a chi è loro utile. Evidentemente Liberazione non è più “utile”, ha finito la sua parte (disastrosa per me) e va scaricata. Non cambia niente, in sostanza, strilloni e banditori utili allo statalismo se ne troveranno altri, si sono già trovati.
concordo
A Liberazione sta bene: se vogliono salvare le proprie idee è ora che si incazzino con lo stato che tassa in maniera pazzesca gli operai che poi non sono in grado di pagare il giornale a 5€ al giorno che permetterebbe a liberazione di continuare la sua vicenda e a chi volesse finanziaria di non fare la fine di un morto di fame per finanziare le idee che vuole finanziare. Perché non appoggia la nostra battaglia sul sostituto d’imposta? In questo modo tutti i soldi arriverebbero nella busta paga dei dipendenti e con questi loro potrebbero finanziare alloro Liberazione. CIO’ CHE STA SUCCEDENDO E’ TUTTA COLPA LORO: non hanno capito che chi guida lo stato gli lascia solo le briciole e quando si stufa, non gli lascia nemmeno quelle!!!!!!
Umanamente vicino ai lavoratori di una giornale che non legge nessuno?!
Io mi sento umanamente vicino ai lavoratori di AZIENDE PRODUTTIVE che sono costrette a chiudere per colpa del fisco!
I lavoratori di Liberazione sono dei parassiti che hanno vissuto per anni sulle spalle di queste ultime!
Un parassita in meno, un sollievo in più per chi produce ricchezza.
Quoto.
Dovremmo parlare anche del mercato drogato della pubblicità che confluisce verso le TV e lascia le briciole agli altri. Solo mettendo mano alla porcata Gasparri si potrà almeno provare ad avere una editoria libera e dallo Stato e da ingombranti editori
concordo Luca, buon anno