Di Jack Zama
Esiste una libertà vera e una libertà illusoria. La libertà vera non è qualcosa che si possa raggiungere con la politica, per definizione. E’ un diritto naturale. Un polletto in un allevamento free-range non è veramente libero. Uno schiavo che dopo sufficienti suppliche ottiene una vacanza, non è veramente libero.
La libertà che può essere data o tolta da una figura in una posizione di autorità non è vera libertà ma una concessione. Il massimo che può fare una concessione è renderti uno schiavo trattato bene.
Chiarito che l’attivismo politico mira a ottenere concessioni e non libertà, possiamo dire che qualsiasi messaggio politico che può essere riassunto con “Dammi il potere di coercidere e aggiusterò le cose” abbia i seguenti effetti collaterali:
- cercare di ottenere il controllo dello stato per farci quello che si reputa giusto, dopo averne detto peste e corna, verrebbe giustamente visto da libertari e non libertari come un comportamento incoerente e ipocrita.
- alcuni libertari potrebbero covare speranze verso il risultato politico e potrebbero diminuire gli sforzi alternativi molto più utili. Alcuni libertari spenderebbero ingenti risorse, in termini di soldi e tempo, per ottenere improbabili risultati politici.
- rafforzerebbe quella superstizione per cui l’autorità possa effettivamente risolvere i problemi. Chiedere all’autorità una concessione implica l’accettazione implicita che sia diritto dell’autorità dartela.
Più un libertario fa campagna elettorale per aumentare le concessioni e più sta implicitamente comunicando a tutti che “L’autorità è la fonte della libertà”. Questo non fa altro che rendere ancora più mentalmente schiave le persone che stava cercando di liberare.
Nel lungo periodo l’attivismo politico ha un effetto negativo dal punto di vista della libertà ma nel breve periodo potrebbe, in pochissimi casi e dopo enormi sforzi, aumentare le concessioni.
Le concessioni fanno assolutamente piacere. Se fossi costretto a scegliere tra tasse al 5% e tasse al 70% ovviamente sceglierei le prime. Questo è il trabocchetto piscologico che permette allo stato di aumentare le tasse sempre di più: illuderti che possano diminuire. “Se solo riuscissimo a farle diminuire, solo per questa volta, perchè questa volta è proprio necessario”, “Se solo passettino, dopo passettino, lo stato diventasse sempre più piccolo, elezione dopo elezione” purtroppo non è mai successo e mai succederà. Il massimo che può succedere è che ogni tot anni gli stati facciano un passo indietro per poi farne dieci in avanti subito dopo. Finchè a un certo punto non crollano sotto il loro stesso peso e ricominciano il ciclo.
Puntare a diminuire lo stato significa di fatto aumentarlo, non solo dal punto di vista filosofico ma anche pratico. Uno stato poco invasivo permette al mercato di creare benessere e ricchezza. Da un lato la ricchezza prodotta viene tassata causando un ingrandimento dello stato, dall’altro viene utilizzata dai ricchi per lobbizzare causando un ulteriore ingrandimento.
Cosa fare allora? Le alternative sono innumerevoli e la parola d’ordine è sempre Agorismo. Sfruttare e creare, mercati neri, mercati grigi, praticare disobbidienza civile e incivile, creare network alternativi in qualsiasi ambito, utilizzare Bitcoin, divulgare, spiegare la vera natura dello stato, educare i propri figli e studenti con metodi educativi pacifici (cerca su google “peaceful parenting” e “unschooling”), ma soprattutto cercare di unirsi, vivere vicini, nella stessa regione, quartiere, paese o città.
Se 1000 persone votano per togliere le mascherine e il distanziamento, non ottengono niente. Se vanno ad abitare nello stesso paese non avranno bisogno di votare. Vivere circondato da statalisti non risolve la situazione anche nel caso si decidesse di prendere parte alle elezioni.
Nella maggior parte dei casi se ci sono abbastanza persone votanti da riuscire a smuovere la politica significa che sarebbe stato possibile ottenere lo stesso risultato anche senza la politica. Ricercare la concessione significa perdere la faccia per l’incoerenza e aumentare la dimensione dello stato nel lungo periodo. Il tutto per ottenere qualcosa di improbabile che sarebbe stato possibile ottenere lo stesso se le persone che hanno votato avessero ignorato, aggirato o disturbato il sistema statale.
Certo è che se si è circondati da statalisti è difficile fare qualsiasi cosa. Soprattutto se si supporta il sistema elettivo. Anche supponendo che il 51% della popolazione votasse per l’anarchia (per quanto insensato sia), rimarrebbe un 49% che farebbe una guerra civile piuttosto di rinunciare allo stato. Se invece gli statalisti fossero tutti da una parte e gli anarchici tutti dall’altra, il problema non sorgerebbe, o sarebbe molto minore, perchè la libertà è fatta di confini (ovviamente privati).
Eccezioni:
- Potrei supportare un politico il cui messaggio è “Non votatemi perchè nessuno ha il diritto di governarvi”. Sarebbe uno sfruttare il palcoscenico politico (sempre che gliene diano uno) per divulgare messaggi giusti e non avrei nulla in contrario.
- Potrei forse anche supportare un politico che voglia permettere la secessione unilaterale individuale ma perchè di fatto non sarebbe un politico. Come nella definizione di stato vi è il concetto di coercizione, così nella definizione di politico vi è l’esercizio della coercizione. Permettere la secessione unilaterale individuale trasforma di fatto lo stato in un’azienda privata e il politico in un manager.
Per chi volesse approfondire lo sviluppo di una società anarchica in un villaggio ancap all’interno di uno stato e senza bisogno di armi o approvazione politica, può leggere questo breve testo dall’autore sconosciuto.
Sono contento di aver stimolato il dibattito! :-)
Mi permetto di aggiungere:
Potrei forse votare un politico che vuole smantellare lo stato. Giovanni Birindelli mi ha esposto sabato un’idea molto interessante per fare in modo che non si rimangi la parola.
Immagino che l’idea di Birindelli sia quella già esposta alcuni mesi or sono sul suo sito catallaxy.org e che ha convinto anche me. Forse è giunto il momento di unire le forze e non intendendo la frase solo retoricamente.
Si tratta di questo articolo:
https://catallaxyinstitute.wordpress.com/2022/01/25/anarcocapitalisti-e-miniarchisti/#more-4654
Il problema è mio avviso uno solo: il sacrificio richiesto è di fatto l’emigrazione per quasi tutti. Proprio in un periodo in cui la tecnologia telematica consentirebbe di essere nazione senza specifica appartenenza territoriale. Perché andare ad abitare tutti in uno stesso posto, significa che solo chi in quel posto già ci abita non sarà emigrante. E sarà l’unico tipo di emigrante sgradito dagli occupanti dell’oltretevere. Chi deve lasciare genitori anziani può non sentirsela e non è l’unico caso di distacco feroce; anche i figli che avevano stretto le loro prime amicizie, per esempio, sarebbero penalizzati. Si pone allora il problema della polis, in quanto è questo il vero significato dell’azione umana: non la politica come insulsa ricerca del potere ma come legittima e doverosa ricerca del consenso alla filosofia della libertà. Anche l’anarchismo è una scelta politica e abbracciare tale scelta in massa risolverebbe ogni problema. Per tentare di arrivarci i metodi possono essere tanti ma se fallisce quello della disobbedienza perché non tutti possiamo abitare nello stesso luogo, ecco che si riaffaccia l’idea della partecipazione alle votazioni come situazione eccezionale. Guerra? No, certo; ma se mi aggrediscono tento di difendermi. E nell’azione di difesa non legittimo la guerra. Non escludo che la difesa attraverso la partecipazione al voto possa essere controproducente ma occorre ragionarci sopra. Una lista che si presenti per limitare il potere, senza per questo riconoscere la legittimità del tiranno, è un’ipotesi. Azzardata, non c’è dubbio, ma a un certo punto le strade da esplorare devono essere messe tutte nel calderone delle valutazioni. E’ probabile che non se ne farà niente ma almeno nella teoria ragioniamoci sopra.
Ottimo intervento per il dibattito