In Economia

DI MATTEO CORSINI

In questo anno di pandemia si è assistito a un dilagare di keynesismo a ogni latitudine, a suon di spese in deficit come se non esistesse alcun limite e nessuno dovesse prima o poi pagare il conto, forse perché convinti di poter monetizzare altrettanto senza limiti.

Se già la tendenza a considerare solo gli effetti di breve termine e su particolari gruppi di interessi è diffusa in tempi ordinari, figuriamoci in tempi di crisi. La lezione di Bastiat e Hazlitt mai come in questi periodi è considerata un’eresia (e spesso del tutto ignorata).

Eppure resta valida, per quanto ciò possa risultare sgradevole a chi crede che a suon di deficit e monetizzazione si possano risolvere i problemi economici.

Da ultimo si assiste anche a un dibattito tutto interno al mondo keynesiano, dove ad alcuni, come Larry Summers, pare che la nuova amministrazione americana stia esagerando con gli stimoli fiscali che intende introdurre nei prossimi mesi.

Secondo Summers, gli stimoli sarebbero quattro volte superiori al necessario, sicché porrebbe “rischi inflazionistici del tipo che non abbiamo visto in una generazione, con conseguenze sul valore del dollaro e sulla stabilità finanziaria.”

Per inciso, se si adottasse la definizione classica di inflazione o, quanto meno, non si limitasse l’osservazione ai soli prezzi al consumo, ci si renderebbe conto che l’inflazione è da tempo tutt’altro che assente.

Summers, però, si riferisce all’andamento dei prezzi al consumo secondo la definizione mainstream. Le sue preoccupazioni sono condivise dall’ex capo economista del FMI, Olivier Blanchard, anche lui keynesiano, che ritiene che l’economia statunitense non corra un rischio di surriscaldamento, bensì di “incendio”.

Dal Tesoro risponde Janet Yellen, già presidente della Federal Reserve:

Ho passato molti anni a studiare l’inflazione e a preoccuparmi dell’inflazione. Posso dire che abbiamo tutti gli strumenti per affrontarla.”

A dire il vero la signora Yellen ha passato molti anni a crearne di inflazione, se si adotta la definizione classica. Ma tant’è.

Infine non poteva mancare il punto di vista di Paul Krugman, che dà man forte al Tesoro, ritenendo che non vi sia alcun rischio concreto, con una discettazione sull’appiattimento strutturale della curva di Phillips, concetto che non ha mai avuto senso economico, ma che nel mondo keynesiano ha sollevato perplessità solo di recente.

Ma Krugman, si sa, arrivò a pensare a un piano di spesa per la difesa da un immaginario attacco alieno per spingere la domanda aggregata.

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Comments
  • Alessandro Colla

    I prossimi alieni di Krugman saranno probabilmente i cinesi, vista la scelta di Blinken come ministro degli esteri. Tanto vale dare la difesa a Hillary Rodham, alias Clinton, così la guerra è assicurata. Era Trump il cattivo che ha ucciso una sola persona in Iran, peraltro invisa allo stesso regime locale. Il problema Keynesiano, però, c’è anche qui. Ieri il pentapentito (pentastellese pentito) Gianluigi Paragone, ha definito Mario Draghi e Francesco Giavazzi come membri del “credo neoliberista”. A parte l’italiano che dovrebbe escludere gli ossimori (il liberismo è un metodo non un credo, sarebbe come parlare di confessionalismo laico o di laicità confessionale), cosa ci trova l’illustre giornalista di liberistico nell’inondazione monetaria operata da Draghi in qualità di banchiere centrale europeo? Non contento della sciocchezza, il commentatore rincara: “Altro che il leccadraghismo delle penne riformiste che lo elevano a nuovo keynesiano secondo gli insegnamenti di Federico Caffè. Draghi darà il colpo di grazia all’economia italiana.” Sicuramente. Ma glielo darà proprio perché keynesiano, con o senza tazzine di… Caffè, più o meno adulterato o zuccherato. Come ha sempre fatto da governatore del monopolio monetario e cioè stampando moneta falsa. In chiusura, Paragone sostiene che sia attualmente in atto una deregolamentazione dell’emergenza. La vede solo lui, dal momento che tutto è regolato, tutto vietato, ogni movimento è impedito a suon di decreti. Se vuoi aprire la palestra devi mettere un milione di precauzioni e poi non apri lo stesso perché c’è la variante, non si capisce se del virus o del piano regolatore. Se vuoi aprire la trattoria deve limitare i tavoli per sole quattro persone, identificare i clienti e stare aperto solo a pranzo. Se vuoi aprire il teatro devi assicurare un numero di posti talmente limitato che con lo sbigliettamento non ti converrà aprire. Tutto questo lui la chiama deregolamentazione (fonte: quotidiano IL TEMPO, pagina 3 di giovedì 25 febbraio 2021).Deregolamentazione? In realtà è la solita truffa che però va chiamata con il suo vero attributo: keynesiana. Altro che neoliberismo, solo gli analfabeti cronici e gli intellettualmente disonesti ritengono che queste politiche possano avere tale nome. E’ inutile opporsi a Draghi se poi come alternativa si propone la stessa salsa con colore apparentemente diverso. Senape o mostarda sempre impiastri sono, che c’entrano con la dieta mediterranea? L’olio d’oliva è un’altra cosa. Peccato che in molti non comprenderanno il… Paragone.

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