DI MATTEO CORSINI
Come è noto, nel mondo della sinistra italiana non c’è mai pace. Una delle questioni sempreverdi è la presunta svolta neoliberista di una parte della sinistra, che avrebbe preso forma negli anni Novanta, con le privatizzazioni.
Le quali, a mio parere, furono fatte non tanto per una conversione al mercato, bensì per evitare il default ed entrare nell’eurozona. Se non ci fossero stati problemi di conti pubblici, dubito che le partecipazioni statali sarebbero state ridotte.
L’orientamento neostatalista accentuatosi in questi ultimi mesi in cui, in nome del contrasto al Covid-19 e grazie alla momentanea non applicazione del Patto di Stabilità, si pensa di avere mano libera per ogni forma di intervento in deficit, ha quindi galvanizzato una parte della sinistra.
Resta il fatto che il governo sta utilizzando metodi non proprio market friendly nel rapportarsi a soggetti privati, come nel caso di Autostrade, in cui ha usato metodi che da più parti sono stati definiti venezuelani.
Questo ha a sua volta determinato le reazioni di una parte della sinistra, in nome di un liberalismo (altrettanto di sinistra) a mio parere un po’ stiracchiato.
Scrive, per esempio, Nadia Urbinati su Repubblica:
“La decisione del governo di interrompere la gestione privata monopolistica della rete autostradale e di coinvolgere la Cassa Depositi e Prestiti nel controllo di Aspi è stata accolta dai media nazionali come un’indicazione di “chavismo” e deriva “venezuelana”.”
Segue ricostruzione della vicenda tragica del ponte Morandi di Genova. Poi un classico:
“La verità giudiziaria sulla vicenda e su altri casi di decadenza strutturale di ponti e arterie stradali è ancora in corso di accertamento. Ma la valutazione politica – che quei dissesti hanno condizionato – è autonoma dalla conclusione del lavoro della magistratura. Tra le valutazioni politiche quella di chavismo merita attenzione in quanto riflesso di una radicale trasformazione della cultura politica. Ha a che fare con la storia delle privatizzazioni nel nostro Paese e rispecchia la storia del centrosinistra stesso, che nel volgere di pochi anni, alla fine del secolo scorso, è passato da una politica di intervento pubblico nei settori nevralgici della vita sociale del Paese a una politica di privatizzazione a tutto tondo di società e beni pubblici.”
Quindi la valutazione di “chavismo” con riferimento al caso in questione sarebbe sintomo di una malattia da libero mercato che affligge parte della sinistra dai tempi delle privatizzazioni.
Secondo Urbinati:
“Quel mutamento ha portato con sé la reiterazione di quel che è oggi un luogo comune retorico: il fallimento della programmazione democratica dell’economia avviata dai governi di centrosinistra negli anni ’60.”
Segue richiamo al liberalismo (sinistrorso) di Ernesto Rossi.
Ora, il regime di concessioni di una infrastruttura pubblica data in gestione a privati non è proprio un modello di libero mercato, ma la questione mi sembra un’altra. Nello specifico, la modalità “chavista” con cui il governo ha inteso risolvere la vicenda Autostrade si riferisce non tanto e non solo alla neostatalizzazione, bensì alla modalità con cui la si concretizza. Ossia regolando a colpi di decreto questioni contrattuali che dovrebbero essere risolte, in caso di disaccordi, di fronte a un giudice (almeno formalmente) terzo.
Perché ci sarà pure la valutazione politica, ma questi mezzi (politici della peggior specie) si usano solo in regimi che dovrebbero fare inorridire chiunque, inclusi i libbberali dde sinistra.
Privatizzazioni a tutto tondo? Ma dove vive Nadia Urbinati? Perché non le elenca? Forse la RAI, la Cassa Depositi e Prestiti, la Terna, l’ANAS, l’INPS e altre centinaia di realtà sono state privatizzate da qualcuno e noi non ce ne siamo accorti?