Sono ormai trent’anni che in questo Paese si parla a vanvera di “riforme strutturali”, costituzionali, “di sistema” e chi più ne ha più ne metta. Trent’anni di vaniloqui, di prese in giro, di balletti sulla via tartufesca di miniriforme di facciata, atte a convincere che in ogni caso dei nodi più gravi venuti al pettine nel corso dei decenni non si può riformare un bel nulla e che il sistema politico ed economico di questo Paese, definito a volte addirittura, con involontaria ironia, “il migliore del mondo”, comunque si sarebbe sempre salvato. La diffusione della convinzione (del tutto infondata) che sarebbe bastato affidarsi ad uomini ‘onesti’ e ‘altruisti’, ascesi al potere (cosa che, avrebbe potuto dire Machiavelli: «Non si sono mai visti essere in vero» e tanto meno in sistemi come quelli ‘democratici’ moderni, che stimolano l’ascesa dei più pericolosi), per affrontare i problemi più gravi, ha sempre fatto da sfondo alla strategia gattopardesca del far finta di cambiare per non cambiare nulla.
In ogni caso, se qualcuno avesse proposto riforme radicali e decisive, era sempre pronta un’intera gamma di astuzie alle quali la classe politica avrebbe potuto ricorrere in ogni momento, per neutralizzare qualsivoglia autentica volontà riformatrice. Un po’ come quelle cricche di regimi che si preparano sotterranee vie di fuga per ogni evenienza. Basterebbe pensare, come esempio eclatante, alle innumerevoli formule pseudofederali proposte, basate sul nascosto intento di produrre un caos istituzionale, che avrebbe inevitabilmente scatenato una contro-reazione di tipo centralista nei cittadini presi per i fondelli.
Il risultato è stato un inarrestabile declino, una discesa agli inferi per un Paese depresso e malridotto, dalle immense potenzialità sprecate sull’altare di idoli sempre più ridicoli e buffoneschi, come quelli dell’unità e dei totem risorgimentali (progenitrici del fascismo).
La realtà vera era che riforme sostanziali sono sempre state possibili. Alcune si sarebbero potute fare dall’oggi al domani o entro pochi giorni (persino quelle costituzionali, se solo fossero state sottratte ai politicanti e restituite alla sovranità popolare, l’unica legittima detentrice del potere costituente), rivoltando come un calzino l’intero impianto costituzionale e politico. Altre avrebbero richiesto un lavoro lungo e durissimo, tutto in controtendenza (ad esempio la riforma della Pubblica Amministrazione), ma anche questa era un’opera del tutto possibile. Purtroppo, per queste ultime era già tardi alla fine degli anni Ottanta. Figuriamoci cosa sono potute diventate oggi.
Una congerie di problemi dai risvolti ormai surreali si è incancrenita al punto da farli sembrare definitivamente irrisolvibili. Proprio quei problemi che a lungo sono stati considerati poco gravi e destinati a scomparire da soli. Oggi il numero di riforme necessarie si è moltiplicato a dismisura. Ma si sono moltiplicati anche i freni e i blocchi escogitati da una classe politica conservatrice, che ha fatto tesoro delle blindature introdotte già nell’impianto costituzionale del 1948, del tutto illegittime, in quanto contrarie ala stessa ideologia che sta alla base del sistema elettivo rappresentativo, dato che sono riuscite a rendere praticamente immutabile quell’impianto, divenuto a lungo andare distruttivo e catastrofico. Soggetta ormai a una colossale crisi di consenso, la classe politica attuale è stata capace di blindare ogni cambiamento con mezzi illegittimi e sulla base di una sottostante, altrettanto illegittima, tirannica ideologia dell’immutabilità dei fondamenti costituzionali, sottratti alla sovranità popolare.
Il profondo malessere che ormai serpeggia senza argini è la conseguenza diretta dello stato di illegittimità in cui versa la classe politica al potere e tutto l’impianto dal quale i professionisti della politica traggono i loro vantaggi e seguiti clientelari. L’ipertrofia del politico continua a generare in questo Paese soffocanti conseguenze a catena, dalle quali non si riesce a liberarsi, paurosamente simili a quelle che hanno afflitto i sistemi amministrati di “socialismo reale”. La differenza è però che i Paesi devastati da quei sistemi sono riusciti a liberarsi della cappa politica e di una gabbia che li aveva imprigionati. Non è un caso se molte riforme, che in questo Paese continuiamo solo a sognarci (nella tassazione, nel mercato del lavoro, nelle professioni, nei sistemi pensionistici, nella liberalizzazione dei trasporti, ecc.) nei Paesi ex socialisti siano state realizzate: perfino, almeno in parte, in Russia, il Paese che ha subito la statalizzazione più integrale in Europa.
Le riforme in questo disgraziato Paese potranno essere fatte allora soltanto quando verrà restaurata la legittimità politica (violata da una Costituzione praticamente immutabile e quindi illegittima e da una classe politica conservatrice e tirannica) e il popolo potrà recuperare la sua sovranità, dandosi finalmente un nuovo ordinamento legittimo, distruggendo una legalità per crearne una nuova. Anche per questo Paese sta arrivando il momento della verità, quello in cui, come sempre accade in politica, tutti i nodi finiscono per venire al pettine. Lo si vede nel volto stesso di chi sta al potere: della legittimità gli rimane solo una maschera, sempre più sottile e trasparente, fatta di una legalità sempre meno attendibile e rispettabile.
*In collaborazione con la rivista Liber@mente
Bell’articolo, simpatici i commenti. Nulla da aggiungere se non una cosa per Roberto Porcù: bisogna armarsi di badile, ma anche di cucchiaio. Un bel po’ di questa merda mi piacerebbe che se la mangiassero i nostri cari politici.
E i loro clientes (parlo di quelli grossi).
Penso che il socialismo reale sia fallito nei paesi che lo avevano applicato per la sua stessa natura utopistica , ed è ovvio che quelli che hanno avuto modo di sperimentarlo, si aprano ora alle leggi di mercato.
La bidonata italiana è più sottile e sta in quella che chiamano “economia mista”. L’economia pubblica a guida politica, può andar male impunemente che dall’economia privata arrivano quelle che chiamano “risorse”.
Per noi la discesa in fondo sarà più lunga ed alla fine gli artefici dello statalismo avranno il tempo per cambiare la giacchetta, ne daranno la colpa agli evasori e si proporranno per essere loro a fare le solite (vaghe) riforme.
In Veneto diciamo che “no so se l’è merda, ma xe el cal che ea ga cagada”. Noi non abbiamo solo bisogno di prendere i forconi, ma anche di armarci di badile per rimuovere la troppa merda accumulata.
La Consensocrazia, come la chiamo io, surrogato della tanto blaterata e osanna Democrazia, di ateniese memoria, è un sistema tirannico blindato e autoriproduttivo.
Blindato perchè fa credere che una costituzione, come fosse la Torah per gli ebrei, o la bibbia per i cristiani, sia un libro di ispirazione divina, quando invece è il contenuto di cose inventate, scritte, pensate da uomini morti ormai da un pezzo, in un epoca che la velocità dei cambiamenti moderni, ha reso lontana come il mesozoioco.
Tirannica è la consensocrazia, perchè ha frantumato la faccia del potere in migliaia di facce anonime, o poco meno, di parlamentari, consiglieri, fino agli amministratori dei comuni e delle circoscrizioni. E al contrario del tiranno che tutti sanno come si chiama, che faccia ha, dove ha il suo palazzo, nella consensocrazia, i tiranni sono uno, nessuno, centomila, come avrebbe detto oggi Pirandello.
La consensocrazia è autoriproduttiva e per garantirsi “ad aeternum” questa prerogativa, ha i suoi trucchi :
– promettere continuamente riforme. La parola riforma, è vuota, priva di significato se non è calata in un contesto. Quindi è la parola giusta per la consensocrazia e i suoi sacerdoti e i suoi pubblicani. RIFORMA : tu lo dici, e la gente pensa subito al meglio che deve venire e dimentica il peggio in cui è costretta a vivere per colpa di una riforma di qualcuno del governo di prima.
– addditare nemici immaginifici per spostare l’attenzione e la critica dal propio territorio di caccia e dalle proprie attività. Alcuni esempi : gli speculatori finanziari, gli evasori fiscali, i terroristi islamici, i paesi canaglia, i paradisi fiscali, i petrolieri, i commercianti disonesti, i meridionali, quelli del nord-est, i sardi, gli alto-atesini, ecc…
– riempiere il vuoto di cui è fatta di parole altisonati e dal carattere taumaturgico. Alcuno esempi : pace, uguaglianza, solidarità, giustizia, benessere, sviluppo, democrazia, libertà, tutela dei deboli e degli emarginati, unità e tricolore, ecc….
La lbertà di pensiero e di azione sono ormai negate, l’unica cosa che la gente comune è ancora libera di pensare è sbarcare il lunario. Ci hanno tolto tutto, anche l’ultima cosa che può rimanere a un uomo ancora degno di tale nome ; la speranza
SMASCHERIAMO I TRUCCHI DELLA CONSENSOCRAZIA, RIPRENDIAMOCI LA SPERANZA DI ESSERE UOMINI.
Antonio Albanese dei politici di oggi direbbe a ciascuno : non ti sputo perchè ti profumo, non ti piscio perchè ti lavo, non ti caco perchè ti inciprio.
AMEN
Giusta osservazione……… Sig. Meneghini……….”dividi et impera”……….antico come il mondo !!!!
Un saluto cordiale
Carlo Maggi
P.S. Articolo ineccepibile
Il metodo che adottano per controllare l’opinione pubblica è antico come il mondo ed infallibile, Ne aumentano le fazioni riducendo le interazioni, moltiplicando le incomprensioni e dividendo le persone