DI GUGLIELMO PIOMBINI
In ogni tempo e in ogni parte del mondo, l’accusa di evasione fiscale è sempre stata utilizzata dalle persone privilegiate e prive di scrupoli, i politici e i burocrati, come pretesto per umiliare, infamare e depredare le persone migliori, quelle che con il proprio lavoro e i propri sacrifici mantengono la famiglia.
La storia del professor Leonard Wantchekon della New York University ne è un tipico esempio. Ma quante storie simili si potrebbero trovare anche in Italia?
“Sono nato negli anni sessanta a Zagnanado, una piccola cittadina di tremila abitanti nel Benin centrale. Era uno dei luoghi più poveri del paese. I miei genitori, sebbene analfabeti, attribuivano un immenso valore all’istruzione, e avevano a questo proposito alte ambizioni per i loro figli.
Mio padre riuscì a trovare un buon terreno a quindici chilometri dal villaggio. Costruì un rifugio in una grotta per immagazzinare le messi, e durante il periodo della mietitura si fermava al campo. La mietitura lo occupava per intere settimane, durante le quali restava lontano da tutti, e senza poter comunicare. Un uomo di grandissimo coraggio, che di notte dormiva nella grotta, circondato da serpenti e scimmie. Chiedeva ai suoi figli di raggiungerlo solo durante il fine settimana per portare via parte del raccolto, che veniva venduto per acquistare libri, matite e quaderni per i loro studi. Integrava il suo reddito occupandosi del bucato di un funzionario governativo locale, eppure spesso doveva chiedere dei prestiti per garantire ai propri figli le risorse per gli spostamenti e per il materiale necessario per la scuola.
Un anno a mio padre fu chiesto di pagare tasse che ammontavano al 90% delle sue entrate, un livello di tassazione ovviamente impossibile da sopportare per chiunque, ma specialmente per lui, considerata la sua età. A quel tempo era già piuttosto anziano, e troppo malato per lavorare. I funzionari si presentarono a casa nostra in piena notte, lo svegliarono, lo arrestarono e lo costrinsero a sfilare per tutta Zagnanado autodenunciandosi, dicendo: “Sono un delinquente irresponsabile, non ho pagato le tasse. Ho fatto una cosa terribile. Non ho fatto il mio dovere. Sono stupido e meschino e non ho pagato le tasse”.
E a subire tutto ciò fu il più gentile, dolce e generoso uomo che abbia mai conosciuto. Questo è stato il trattamento riservato a quell’uomo coraggioso che viveva da solo in una grotta per settimane per poter mantenere i propri figli. Quando accadde pensai: no, non può essere vero. E fu allora, quando vidi mio padre subire tali umiliazioni, che decisi di darmi da fare per cambiare le cose nel mio paese”.
(Racconto biografico tratto dal libro di William Easterly, I disastri dell’uomo bianco, pp. 182-183)