DI REDAZIONE
Non c’è niente di sacro né di particolarmente giusto nella democrazia a suffragio universale e con uguaglianza di voto, come è ovvio a chiunque abbia un minimo di senso morale o di logica. Il motivo storico per il quale la democrazia iniziò ad emergere era molto pratico.
La produzione di valore e il controllo del potere si erano divaricati. Il potere, nell’antico regime, era in mano a rentier ormai parassitari, che non producevano valore economico né fornivano più protezione tramite la forza militare (cioè non producevano valore securitario). Il principio democratico rappresentativo servì in principio a trasferire il potere alla borghesia produttiva.
Dopo la rivoluzione industriale, le masse lavoratrici divennero imprescindibili produttrici di valore e vennero anch’esse associate al potere, tramite l’estensione del diritto di voto. Ora però il sistema è nuovamente disallineato. Nei paesi sviluppati, la redistribuzione ha reso possibile la creazione di un gigantesco “welfare”, che ha permesso a masse sterminate di tenersi fuori dalla produzione e vivere grazie al valore estratto dai sempre meno produttori, la cui libertà è crescentemente coartata.
Oggi in Italia lavora una persona su tre, per capirci. Le altre due vivono grazie all’estrazione di valore dal povero terzo lavoratore, sempre più oppresso da un sistema che lo mette sistematicamente e inevitabilmente in minoranza e lo schiaccia, privandolo nel processo della libertà di agire e di godere dei frutti della sua fatica.
La democrazia a suffragio universale con uguaglianza di voto ha finito per replicare esattamente la situazione che era nata per superare: chi produce non ha potere; il potere è interamente concentrato nelle mani di rentier parassiti. In questo esito non c’è né giustizia né equilibrio né sostenibilità né futuro. Il sistema in ogni caso collasserà: il Venezuela non ne è una patologia ma il suo logico epilogo. È tempo di abbandonare il dogma democratico, che ha esaurito il suo ruolo storico positivo e propulsivo ed è ormai una cancrena, ed elaborarne uno nuovo e allineato all’esigenze dell’oggi e del domani. Il tempo per passare dalla teoria alla pratica sta già venendo. Già sarà difficile che questo arrivi in modo pacifico e indolore. Figuriamoci che macello senza neppure idee in testa.
QUESTO È IL PROBLEMA DEI PROBLEMI
Tratto da Facebook
in un ambito di Libero Mercato in Libera Concorrenza, ogni persona potrebbe fare le scelte che vuole.
Prendiamo per esempio un operaio di un’officina che ripara automobili: secondo lui i clienti pagano troppo per le riparzioni, oppure i tempi sono davvero troppo lunghi, o ancora certi pezzi potrebbero essere sostituiti con nuovi invece di roba presa allo sfasciacarrozze (autodemolitore) che si rompe prima.
Se l’operazio pensa di poter offrire un’alternativa valida ai clienti (servizio migliore/prezzi più bassi/ecc..) potrà aprire la propria officina come e quando vuole, prendendo o meno degli aiutanti a proprio servizio, provando a realizzare il proprio sogno.
Ogni imprenditore offrirà la propria ricetta, il proprio prodotto, il proprio mix di costo/servizio come i ristoranti offrono i propri piatti in base a proprie ricette. Saranno sempre e solo i CLIENTI a premiare l’imprenditore coi propri soldi, che non potrà garantirsi nicchie di mercato protette dalle leggi dello stato che blocca il rilascio di licenze ai concorrenti in base a criteri come distanze minime e bacini di utenza.
Ogni persona potrà essere imprenditore di se stesso (realmente, non a la berlusca): se vuole creare e gestire una squadra, perché è portato o ne ha le capacità o vuole provarci, ben venga; se non gli va di avere pensieri, non è capace di gestire la squadra, non gli piace avere a che fare coi clienti, eccetera… allora potrà “andare sotto padrone”, cioè unirsi alla squadra che lo vorrà e che lui vorrà, proprio come fanno gli sportivi negli sport a squadra. Possiamo dire che un attaccante ‘sfrutta’ un mediano (o viceversa)? o il portiere sfrutta i tifosi o l’allenatore (o viceversa)?? Ognuno faccia quel che gli viene meglio e saranno i clienti a giudicare.
Dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti senza neanche bisogno di dimostrazione che le dinamiche che portano il cliente a sbagliare meno possibile sono migliori nel libero mercato, dove si è sempre sotto la lente dei competitori e delle certificazioni, che con lo Stato ed i suoi ministeri coi loro interessi e bustarelle che possono imporre con la forza dei limiti alle scelte dei clienti.
Però non credo che chi anacronisticamente ancora parla di “classe” di produttività possa comprendere che questo è un concetto davvero irrilevante.
Non c’è bisogno di alcun giudice supremo che assegna patenti a destra e manca.
E’ il cliente l’unico giudice sovrano.
Per esempio basti pensare la diatriba VSH/Video2000: ma davvero pensi che il cliente che va a comprare un elettrodomestico gliene possa fregare qualcosa delle tue classi ?? Vuole qualcosa che funzioni come dice lui, al prezzo che secondo lui va bene (alto o basso è oggettivamente irrilevante), alle condizioni che lui decide di accettare (dilazioni, garanzie, consegne, ecc..), non fare un esame ingegneristico sulle classi di produttività che non sa neanche cosa sono e non gl’interessa affatto conoscere.
Ci manca sono che cominci a ragionare di utilità marginale e stiamo a posto.
propongo un’altra idea mutuandola dal condominio (semplificando un po’ per velocità d’esposizione):
– da una parte in assemblea si vota in base ai millesimi di proprietà, indipendentemente da quanto guadagni il proprietario di casa, dal saldo del suo conto corrente, da quanti abitano l’appartamento. In questo modo esprime il suo potere democratico, tutti hanno parola, possono raccogliere firme, partecipare alle decisioni, ecc.., ma poi la delibera obbliga tutti al rispetto.
– dall’altra l’assemblea si esprime SOLO sulle proprietà comuni!! MAI e poi mai all’interno dei singoli appartamenti. Non si potrà MAI costringere (per esempio) il proprietario dell’interno 1 a comprare le scarpe al negozio del condomino dell’interno 9 -magari per aiutarlo perché in difficoltà economiche- o perché almeno l’economia resta circolare all’interno del con-dominio.
Non esiste che l’amministratore di condominio mi venga a dire per chi devo o non devo lavorare; o minacciando un inasprimento della quota condominiale a seconda se compro da amazon o dalla bottega all’angolo; o che il consiglio dei condomini decida che non posso più usare il vialetto perché devono passarci e parcheggiare solo loro (mettendosi una luce blu sul tetto) riservandosene arbitrariamente l’uso esclusivo…
E se un condomino viene a trovarsi nella sciagurata situazione che è impossibile vivere in una palazzina, potrà sempre cambiare casa semplicemente attraversando il marciapiede (o quasi), senza dolorosi strappi, senza abbandonare amici, affetti, tomba di famiglia, lavoro.
Per questo lo Stato (o condominio) dev’essere piccolo, per contenere meglio i satrapi e gli abusi di potere democratico che conosciamo oggi e che non riconosce la proprietà privata altrui come qualcosa che sta fuori dalle proprie disponibilità e competenze.
Per questo che hanno dapprima fatto l’unità d’italia ed ora d’europa e sognano in futuro eurasia e poi un governo unico mondiale, per allontanare il confine, allontanare ogni via di fuga, per cancellare ogni concorrenza tra stati (visto mai che se ne trovi uno dove salvarsi)
Per questo ogni spinta centriFuga secessionista è benedetta e sacrosanta, da qualsiasi parte venga.
Naturalmente non voglio per forza applicare questa mia idea, ma l’avere una pluralità di stati (grandi quanto la lombardia o la toscana) in concorrenza tra loro, ognuno con la sua ‘ricetta’ offerta al cliente-cittadino, porterà finalmente a vivere come si vuole e con chi si vuole: il fascista sarà felice coi fascisti, così come i nazisti brinderanno tra loro, idem i comunisti, gli ebrei, i vegani, ecc…
Qualcuno dice che è un’utopia. Ma non è più utopico aspettarsi che uno Stato Onnipotente coi suoi gerarchi sconosciuti ed intoccabili a capo di Ministeri, Servizi e Calotte, si preoccupi di fare ciò che il singolo s’aspetta e mendica col cappello in mano?
Come si stabilisce la classe di produttività? Se un imprenditore produce grazie ai suoi lsvoratori come lo stabiliamo il merito della produttività?
Una specie di voto “censitario”, dove in luogo del censo (che è solamente un indice di ricchezza patrimoniale) si può creare un parametro di produttività . Nella Roma Repubblicana le votazioni erano per classe, 5 classi che producevano 5 voti. In versione moderna, le prime due classi sarebbero le più altamente produttive, la terza il vetro medio e infine le ultime due. Il Sistema sarebbe così anche in equilibrio
Se tutto quello che si paga va in base al reddito sono fermamente convinto che anche il peso del voto deve essere progressivo. Non è possibile che il voto di un parassita della società abbia lo stesso peso di chi lavora, paga un sacco di tasse e produce ricchezza con cui, poi, vengono mantenuti i parassiti. La redistribuzione del reddito è una bestialità inventata e portata avanti dalle solite sinistre.
Assolutamente d’accordo con lei.
OK. Dimmi che lavoro fai? Sei imprenditore? Ok! Assumi due “parassiti “a lavorare! Non hai i soldi? Rinuncia a qualche cosa di tuo. In cambio, fatichi meno e non devi pagare soldi a due parassiti.