DI GIOVANNI BIRINDELLI
“Il rispetto per l’insegnante è indispensabile. Esso si fonda sulla sua capacità professionale, fatta di conoscenza della materia che insegna e di aggiornati metodi didattici, ma anche sull’autorevolezza che discende dalla consapevolezza del ruolo non paritario che distingue chi insegna da chi deve imparare”, ha scritto V. Zagrebelsky su “La Stampa”.
Bene fanno gli studenti a non rispettare gli insegnanti che affermano queste sciocchezze!
Leggo queste bischerate mentre sto preparando delle lezioni sul protezionismo che, sebbene io non sia un insegnante né un accademico, sono stato invitato a fare in un’università. Devo ringraziare l’autore di questo articolo per avermi ricordato di sottolineare, all’inizio di quelle lezioni, che le argomentazioni se ne infischiano dei “ruoli non paritari”; che l’unica cosa che conterà, in quelle lezioni, saranno appunto le argomentazioni (degli studenti e mie); che non c’è alcun “ruolo non paritario” che possa ostacolare la loro libera espressione, anche e soprattutto in modo politicamente scorretto.
Il rispetto che discende dalla consapevolezza del “ruolo non paritario” fra due persone non ha nulla a che vedere con l’autorevolezza: mentre ha molto a che vedere con l’autorità. Si tratta dello stesso tipo astratto di rispetto che le nostre ‘leggi’ impongono per il presidente della repubblica, per esempio (col ‘reato’ di vilipendio), o per i ‘pubblici ufficiali’.
L’autorevolezza è un’altra cosa: è il rispetto che deriva, non dall’esistenza di un “ruolo non paritario”, ma dallo spontaneo apprezzamento che una persona (o le sue argomentazioni, o una sua particolare conoscenza o qualsiasi altra qualità) suscita in un’altra. L’autorevolezza non viene imposta, non viene richiesta, non viene esatta. C’è. Si forma spontaneamente.
Una persona che impone, richiede o esige autorevolezza, magari in funzione del suo ‘ruolo’, per definizione non è autorevole. Anzi, è anti-autorevole. Il suo valore è comparabile metaforicamente al potere d’acquisto del denaro a corso legale (quello il cui uso è imposto per ‘legge’ e che le persone non possono rifiutare): un potere d’acquisto artificiale che, una volta tolto il privilegio su cui si regge ed esposto alla concorrenza del libero mercato, si scioglie come neve al sole.
Il contrasto fra, da una parte, la figura dell’insegnante autoritario che viene rispettato in ragione del suo “ruolo non paritario” e, dall’altra, quella dell’insegnante autorevole che viene rispettato per le sue qualità individuali, è stato ritratto in modo molto bello nel film “L’attimo fuggente”, di Peter Weir. Un film vecchio, che tuttavia ai giovani a cui capita di leggere questo articolo di Zagrebelsky consiglierei di vedere subito dopo.
Il rispetto in ragione del “ruolo non paritario” che invoca Zagrebelsky umilierebbe, io credo, qualsiasi insegnante autorevole, mentre gratificherebbe qualsiasi insegnante autoritario.
Hayek scriveva che “Coloro che difendono la libertà differiscono dagli altri in quanto includono fra gli ignoranti loro stessi insieme ai più saggi. Comparata con la totalità della conoscenza che viene continuamente usata nell’evoluzione di una società dinamica, la differenza fra la conoscenza che il più saggio e la persona più ignorante possono deliberatamente impiegare è comparativamente insignificante”. Coloro che difendono la libertà non hanno paura della loro ignoranza; non hanno bisogno di nasconderla dietro “ruoli non paritari”. Anzi, sanno che quanto meno, all’interno di un ordine sociale spontaneo, ci sono questi “ruoli non paritari”, tanto più sarà possibile fare uso di una conoscenza che è dispersa capillarmente fra le persone e che nessuna mente direttrice (e nessun insegnante) può avere. I nemici della libertà, al contrario, fanno molta fatica ad accettare la loro ignoranza e cercano di mascherarla dietro “ruoli non paritari”, privilegi e autorità. In questo modo si chiudono sistematicamente all’innovazione.
L’uso della conoscenza è sempre stato il maggior punto debole dei collettivisti (cioè dei totalitari).
@Liberalista. Proprio perché la pensiamo nello stesso modo ho scritto quello che ho scritto. Anche la mia risposta era in realtà rivolta ad altro luogo, quello deputato dell’inutilità. Che come si è notato continua a manifestarsi palesemente. In realtà le tesi dei non libertari si capiscono benissimo ad eccezione di qualche individuo particolarmente astruso nel linguaggio. E talmente bene si comprendono che è naturale definirle contro la libertà. Del resto gli stessi sostenitori di dette tesi si autodefiniscono contrari alla libertà. O meglio, ipocritamente dicono “sì, però… purché… ma… non bisogna esagerare… basta che non sia troppa… in questo caso non si può…” e via dicendo. Quindi il problema non è nel considerare poco autorevole il non libertario ma riconoscere la sua distanza dal pensiero libero. Se uno scrive l’elogio della tirannia vuol dire che ama essere tiranneggiato o che vuole diventare tiranno. Nella migliore delle ipotesi è disposto a sopportare il tiranno in nome di una non precisata sicurezza. Può uno spirito libero considerare autorevole un aspirante tiranno? O un aspirante tiranneggiato? O un vile opportunista? Diverso considerare il peso che nella storia possono aver avuto pensatori filotirannici. Ogni libertario è contro Platone ma questo non significa non riconoscere la sua importanza nella storia della filosofia. Il mio fornaio e il mio falegname sono antilibertari ma personalmente continuo a essere loro cliente. Sarei sciocco se mi chiedessi quale autorevolezza può avere la loro abilità artigianale solo perché frequento questo sito. Il primo impasta e inforna bene, il secondo taglia meglio. Se hanno idee diverse dalle mie non vuol dire che non possano avere capacità professionali. Mai detto che Ettore Scola e Luchino Visconti non siano stati eccellenti registi perché di sinistra. A questo schieramento appartiene anche Vincenzo Salemme ma nella scrittura, nella regia e nella recitazione lo considero il vero erede di Eduardo De Filippo. Prendendomi critiche anche da sinistra perché il mio giudizio viene considerato eccessivo. Non può essere autorevole, indipendentemente dalla posizione ideologica, chi si spaccia per attore pronunciando le frasi con la ritmica sillabante tipica del cantilenare dei bambini frequentanti la scuola per l’infanzia. Non può essere considerato autorevole chi sostiene che per risolvere il debito sia sufficiente stampare banconote. Non può essere autorevole chi elogia il tiranno e la tirannia in genere. Autoritario sì, credibile no. Anche perché i risultati scolastici di questi filotirannici in autoreferenziale cattedra permanente, intendo i risultati dei loro studenti, sono ben visibili a coloro che non si foderano gli occhi. Ad esempio, il ritenere che il libertario sia uno abituato a ragionamenti elementari e infantili è tipica azione di chi non sappia cosa siano il ragionamento, l’elementarietà e l’infantilismo. La storia del pensiero, ma anche quella politica, ha dimostrato come la ricerca della libertà sia un aspetto molto complesso dell’agire umano. E la serie di pensatori che ha affrontato il problema, se si è capaci di leggerli, dimostra in pieno la distanza siderale tra la libertà e l’infantilismo, tra il libertarismo e il semplicismo. E’ invece evidente come sia infantile la ricerca della forza bruta contro la paura. E’ il pauroso ad essere infantile, l’infantile a cercare il tiranno in nome della sicurezza, il semplice (nel senso negativo del termine) a preferire la perdita della libertà per la presunta garanzia del tozzo di pane. Quando si ha paura si chiede lo spostamento della capitale a Predappio, l’impavido a Predappio ci costruisce la stazione termale (spero di non aver scritto una sciocchezza geologica). Il libertario non è tale solo perché la natura lo ha creato così. Per giungere alla pienezza dell’importanza della libertà occorre conoscere, capire, ragionare. L’esatto contrario del non saper indagare la complessità del mondo in cui si vive. Chi non indaga compie il percorso opposto: sto perdendo il mio potere d’acquisto quindi mi affido al tiranno, poco importa se poi mi ritrovo con l’inflazione ancora più alta. O con maggiore perdita del potere d’acquisto. E pazienza se morirò in guerra. Gli antilibertari non indagano il mondo in cui vivono in quanto non sanno come si indaghi. O se lo sanno, hanno paura delle conseguenze dell’indagine. Perché, appunto, non abituati a usare la logica e a pensare in modo critico. O meglio, semplicemente a pensare. E di conseguenza ritengono che gli incapaci ad indagare siano gli altri. Come se io ritenessi che a poker quello bravo sia io e gli altri non conoscano il gioco. Sarei penoso se lo sostenessi ma gli odiatori della libertà non conoscono vergogna.
La cortesia ed il rispetto di regole formali sono imprescindibili nella relazione docente discente, chi accetta volontariamente di essere allievo di qualcuno ne accetta implicitamente l’ autorità. Questo non significa che si debba genuflettere o non esercitare senso critico su ciò che viene insegnato, ma che deve partecipare alla attività didattica in conformità alla impostazione stabilita dal docente e dalle regole della istituzione. Non sono in grado di dire quali fossero le intenzioni di Zagrebelsky, se affermare un astratto principio di autorità o semplicemente richiamare gli studenti (e le loro famiglie) ad un magior rispetto delle buone maniere.
Se anche le intenzioni di Zagrebelsky fossero della seconda specie, il richiamo all’autorità avrebbe comunque poco senso. Le buone maniere e il sapersi porre nei confronti degli altri non sono una prerogativa del rapporto con le presunte autorità, ma sono imprescindibili nei rapporti umani. Oserei dire che lo sono a maggior ragione nei rapporti paritari, proprio perchè la mancanza di una parte che domina sull’altra dovrebbe ridurre notevolmente la tendenza a porsi nel modo sbagliato.
La verità è che siamo stati abituati fin da piccoli ad avere qualcuno che comanda, in quasi tutto ciò che vediamo. E quindi è sempre necessario un piccolo sforzo nel trovare quegli spazi in cui invece questi rapporti autoritari non esistono, che poi sono tanti, ma fanno meno rumore perchè non sono “pubblici”, solitamente. Da qui la caduta dal pero classica di chi ti risponde “ma senza uno che comanda, come facciamo?”, tipica di chi non è abituato a usare la logica e a pensare in modo critico.
@Liberalista: No. Siamo noi a non doverci proccupare dei sigilli altrui. Un economista non è autorevole ed è privo di statura intellettuale quando nega le leggi dell’economia. In breve, quando non è un vero economista. Chi è contro la libertà si rende non autorevole in quanto autoritario. Se il tiranno si rende non autorevole lo deve al suo esercizio della tiurannia, non per “il semplice fatto” che non appartenga all’area libertaria.
Io la penso come te. La mia domanda era rivolta all’intervento di Giorgio.
evidentemente, l’articolista non ha capito l’intento di zagrebelsky. evidentemente il ruolo non-paritario è la conseguenza di un percorso accademico che mette nelle condizioni una persona di insegnare. e poco ha a che fare questo percorso con una lettura fatta in un’università (quale poi?), sul protezionismo, tema di cui al massimo si possono avere opinioni. se poi constatiamo che all’università chiamano pure gente come schettino per “leggere” qualche foglio, il cerchio lo possiamo chiudere. ritornando al discorso di non-paritarietà, pensate veramente che una persona possa essere considerata esperta in, per esempio, fisica sperimentale, medicina, genetica ecc. senza prima aver passato anni a studiare e in laboratorio? è questo lungo processo che crea le competenze e che discrimina una persona che le possiede da chi non le possiede. non c’è nulla di segreto in tutto ciò, e soprattutto non c’è nulla di inesatto. l’autorevolezza è un’altra cosa e può dipendere da vari fattori.
di protezionismo, se ne parlo contro, molto probabilmente mi inviteranno a parlare istituti che sono contro quel tipo di politica. ma sono opinioni, da uomo della strada. un parallelo lo possiamo fare quando vediamo un avvocato che parla di vaccini, esprime opinioni. in questo sito in ogni caso ho sentito dire peste e corna di qualsiasi economista non libertario. ora, come può un’economista non libertario essere considerato dai frequentatori di questo blog un economista autorevole? non, può, ma non per via della sua statura intellettuale, della capacità di analisi, ecc. ma per il semplice fatto che non è un libertario.
E quindi? Imponiamo con l’autorità di un sigillo statale l’idea dell’economista non libertario ai recalcitranti libertari?
ovviamente no, come mi sembra altrettanto ovvio che molti libertari o sedicenti tali non capiscono l’economia insegnata da un accademico non libertario. è troppo complicata probabilmente, troppo astrusa, per persone per persone abituati a ragionamenti elementari e infantili. molte volte penso che un libertario sia tale proprio perché non sa indagare la complessità del mondo in cui vive.
Ma non è affatto questione di non capirla o di non studiarla. Se si è in grado di farne critiche argomentate, è proprio perchè le si è spulciate, analizzandole e sottolineandone i punti incoerenti e illogici. Il libertarismo (posto che a definirsi tali siamo due gatti, e posto pure che all’interno del libertarismo ci sono tante sfumature di “coerenza” che vanno dall’anarchia, alla panarchia, alla poliarchia, al miniarchismo) è molto logico e coerente. Per questo, molto probabilmente, chi non lo capisce nasconde le proprie incoerenze con la scusa che la complessità spingerebbe a navigare a vista senza punti di riferimento, abbracciando di volta in volta teorie in contrasto l’una con l’altra, perchè tanto la logica è subordinata alla contingenza dettata dalla cronaca quotidiana e dalle, vere o presunte, necessità dei vari gruppi organizzati della società.
Nel mondo di Sottosopra dove tutto è al contrario, questa è un’epoca di feroce individualismo, dove si è dato troppo spazio ai diritti individuali e bisogna tornare a parlare di diritti collettivi, del ruolo dello Stato e del Bene comune.
Nel mondo reale invece i diritti individuali vengono sistematicamente annientati, con crescente ferocia, lo Stato è solo cresciuto, e il risultato sono miseria, disoccupazione, declino economico e culturale, insicurezza, precarietà, etc..
Esiste un solo diritto ed è quello alla proprietà privata, è un diritto individuale, comincia dal possesso del proprio corpo e non è in fondo altro chili diritto di non essere aggrediti. In un mondo dove questo diritto è rispettato l’unico modo di ottenere qualcosa da qualcuno è con il suo consenso. Ogni persona può solo chiedersi “Cosa posso offrire agli altri?”. E può ottenere da loro qualcosa solo nella misura in cui è capace di costruire relazioni pacifiche e volontarie.
Non c’è nulla in ciò che sia contrario alla socialità, all’aggregazione, alla solidarietà, alla cooperazione, alla considerazione e al rispetto verso il prossimo, alla famiglia, alla religione, e a qualsiasi forma di associazione. Al contrario, dove si può ottenere qualcosa da chi abbiamo intorno solo in modo pacifico, dove l’aggressione è esclusa, buone relazioni con il prossimo e la capacità di costruire associazioni di tutti i tipi, dalle imprese alle famiglie, dalle associazioni di mutuo soccorso, alle comunità religiose, dalle associazioni culturali, a quelle di difesa, sono la cosa più importante.
Il vero antisociale, misantropo, egoista, nemico di ogni associazione umana è lo statalista.
“L’uso della conoscenza è sempre stato il maggior punto debole dei collettivisti”. Ma agli occhi della pubblica opinione passa per un punto di forza. Per questi occhi i collettivisti sono i soli depositari della conoscenza, così come della solidarietà, della bontà, dell’accoglienza, della tutela del povero e del debole. Gli altri sono tutti ignoranti, rozzi, maleducati, malvagi e avidi. Nel suo recente libro contro le richieste dei diritti, il direttore del quotidiano napoletano IL MATTINO parla dei limiti del liberalismo a causa del suo egoismo. Dalla “parte opposta”, IL SILENZIO (nome della testata assegnato al quotidiano di Arcore).