DI FRANCESCO CASULA*
Alfred Zayas, americano, attualmente professore di diritto internazionale presso la Scuola di Diplomazia di Ginevra, dal 2012 ricopre il ruolo (nominato dall’ONU) di “Esperto Indipendente per la promozione di un ordine internazionale democratico ed equo”.
In un documento demolisce, tutto l’armamentario giuridico e la paccottiglia politica messa in campo ed esibita dal Governo centrale di Madrid contro la Catalogna. Ad iniziare dal mito e dal tabù sacrale del principio della “integrità territoriale”.
Confermando quanto già detto dalla Corte Internazionale di giustizia dell’Aja, (nel suo pronunciamento del luglio 2010, sulla dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, di 2 anni prima), afferma a questo proposito che “il principio dell’integrità territoriale è importante, come è stato inteso in molte delle risoluzioni delle Nazioni Unite, incluse le risoluzioni 2625 e 3314 dell’Assemblea Generale”.
Esso cioè prosegue Zayas “è destinato ad essere applicato esternamente, per vietare minacce straniere o incursioni nell’integrità territoriale degli Stati sovrani” Dunque “Questo principio non può essere invocato per sviare il diritto di tutte le persone, garantito dall’articolo 1 dei Patti internazionali sui diritti dell’uomo, a esprimere la loro voglia di controllare il loro futuro. Il diritto all’autodeterminazione è un diritto dei popoli e non prerogativa degli Stati di concedere o negare. In caso di conflitto tra il principio dell’integrità territoriale e il diritto umano all’autodeterminazione, quest’ultima prevale”. Chiaro?
In altre parole il principio di integrità territoriale degli Stati, va inteso esclusivamente come divieto di intaccarla tramite minacce, incursioni o altre azioni belliche ad opera di Stati stranieri; mentre é del tutto legittima – e tutelata da vari trattati internazionali – se origina dall’interno, come espressione democratica da parte della popolazione di un territorio.
E’ il caso dei Catalani: che attraverso il voto nelle elezioni della Comunità autonoma, attraverso il Referendum e attraverso una massiccia, democratica, non violenta, gioiosa, partecipazione popolare di massa, hanno inequivocabilmente, nella stragrande maggioranza, scelto l’opzione dell’Indipendenza.
Anche l’incipit del documento era stato chiaro e netto: “Deploro la decisione del governo spagnolo di sospendere l’autonomia catalana. Questa azione costituisce una regressione nella tutela dei diritti umani, incompatibile con gli articoli 1, 19, 25 e 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Ai sensi degli artt. 10, n. 2, e 96 della Costituzione spagnola, i trattati internazionali costituiscono la legge del Paese e, di conseguenza, la legge spagnola deve essere interpretata conformemente ad essi”.
Fuori legge, secondo l’esperto dell’ONU, è dunque Rajoy e non i dirigenti catalani. E prosegue: “Negare ad un popolo il diritto di esprimersi sulla questione dell’autodeterminazione, negando la legittimità di un referendum, usando la forza per impedire l’organizzazione di un referendum e annullare l’autonomia di un popolo per punizione, costituisce una violazione dell’Articolo 1 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. In alternativa, affrontare l’aspirazione dei popoli all’autodeterminazione in modo tempestivo è un’importante misura di prevenzione dei conflitti, come dimostrano le innumerevoli guerre che si sono verificate dal 1945 che hanno trovato la loro origine nel rifiuto dell’autodeterminazione.
Occorre incoraggiare il dialogo e la negoziazione politica per prevenire la violenza”.
Dialogo e negoziazione dunque: che i Catalani hanno sempre sostenuto. Non manganelli, galera, repressione: come ha praticato Madrid. L’unica soluzione democratica per uscire dall’attuale vicolo cieco, è sospendere le misure repressive e organizzare un referendum per determinare i veri desideri della popolazione interessata. Tale referendum dovrebbe essere monitorato dagli osservatori UE, OSCE e privati, compreso il Centro Carter “. Bene. E’ quello che vuole la Catalogna.
Ecco appunto, un vero referendum senza paura isterica di Madrid le avrebbe già tolto dalle palle il quinto Beatle, che non ha saputo mobilitare manco il 50% degli aventi diritto, dato che tutti i sondaggi danno i separatisti in minoranza (simpatica e rumorosa, ma sempre minoranza).
Ma Madrid è molto simile a Roma, specie nell’esibizione muscolare e nell’imbecillità.