DI SILVANO CAMPAGNOLO
E’ interessante come molte persone che si auto definiscono “liberali” siano contrarie al processo indipendentista catalano per il semplice fatto che i catalani sono per la maggior parte socialisti mondialisti.
In altre parole questi presunti “liberali” si arrogano il diritto di decidere loro se un popolo abbia il diritto o meno di crearsi uno stato indipendente, in base al fatto che l’ideologia imperante di quel popolo sia “corretta” o meno, dal punto di vista di suddetti “li…berali”.
A mio avviso questo modo di ragionare è il classico processo alle intenzioni tipico del regime stalinista e di tutti i regimi più o meno comunisti. Ora se uno ragiona come un Ferrero qualsiasi, come fa a definirsi “liberale”?
A mio avviso, queste persone che si definiscono “liberali” sono in realtà dei classici socialisti che pretendendo di decidere per gli altri cosa è meglio o peggio per loro, evidenziano la grande verità che Ludwig von Mises scrisse oramai già 100 anni fa: “Ogni socialista è un dittatore mascherato”, o se preferite, “in incognito”.
Infine: poter decidere di fare o meno una cosa è un piano del discorso, progettare e costruire quella cosa in seguito alla decisione di farla, è un altro piano del discorso. Confonderli è indice di poca capacità di comprensione degli eventi.
I “liberali” contrari all’indipendentismo non sono liberali autentici. L’indipendenza, personale o territoriale, appartiene agli elementi fondamentali della libertà. Vale anche per la Tripolitania indipendente dalla Libia, per la Palestina indipendente dalla Giordania, per il Kurdistan indipendente da tutti (Iran, Iraq, Siria, Turchia). Si può capire la reazione interventista dopo l’undici settembre del 2001. Completamente incomprensibile la campagna di Libia cento anni dopo la prima conquista. Eravamo andati nel bel suol d’amore a rubargli la sabbia e adesso andiamo in guerra per fingere di restituirgliela. In nome della revisione della spesa e con incidenti aerei che, per mostrare i muscoli, provocano vittime a spese del forzato contribuente. Non so molto di Quinto Leprai, per ragioni territoriali. So che ha difeso il diritto di ammalarsi di ludopatia. E’ un buon punto di partenza ma non può essere l’unico elemento per essere considerato un liberale completo. L’antiproibizionismo deve essere a trecentosessanta gradi. Se è un Antonio Martino in salsa emiliana, può essere un interlocutore interessante. Ma Martino è firedmaniano e Firedman padre era faovrevole all’istituzione delle banche centrali pubbliche. Più a sinistra di Mises e de i minarchici (o miniarchici, non ho ancora capito come si dica e scriva). Ancora troppo poco per essere annoverato tra i libertari.
Troppo gentile.
Ogni socialista è un malato di mente che può diventare un pericoloso delinquente.
Specie quando crede di essere in buona fede.
Ritengo che in Italia l’unico liberale stimabile sia Quinto Leprai, soprattutto considerando che è in una zona che di liberale ha sempre avuto poco, anche se personalmente lo considero molto più libertario che liberale.
Sono d accordo. E lo stesso discorso deve valere per tutti. Anche per il medio Oriente. Per gli afghani gli iraqueni i libici i siriani i palestinesi etc.. nn ha senso altrimenti. Se ci sono molti liberali contrari all’indipendenstismo ce ne sono anche troppi favorevoli alle guerre e alle occupazioni in atto in medio Oriente. O che pensano che ancora più guerra in Medio Oriente sia la giusta risposta al terrorismo. Il contrario di quello che ad es. sostiene un Ron Paul. I liberali italiani sono sempre una delusione..