DI MATTEO CORSINI
Sono ormai dieci anni che si sente ripetere come un mantra che una delle cause della crisi fu la mancanza di regole. Questo è servito per introdurne in quantità industriale nel settore finanziario, oltre che per istituire nuovi enti regolatori, che hanno, di fatto, aumentato il numero dei burocrati.
Non è vero che mancavano le regole: le regole c’erano, molto probabilmente erano sbagliate, e, altrettanto probabilmente, gestite in modo inefficace, anche perché, contrariamente a quanto alcuni potrebbero credere, nessun regolatore è onnisciente.
Fatto sta che, nonostante i regolatori non siano indenni da responsabilità per quanto accaduto, la crisi ha rappresentato una formidabile opportunità non già per metterne in discussione l’operato, bensì per attribuire loro nuovi poteri e aumentarne i ranghi.
Un copione che, ahimè, si ripete di crisi in crisi. Perché alla fine si tratta sempre e comunque di fallimenti di mercato, stando alla versione mainstream.
Non stupisce, quindi che il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, riferendosi a un progetto di rafforzamento (ulteriore) delle autorità di vigilanza a livello comunitario, abbia affermato:
“I mercati finanziari stanno cambiando velocemente. Una sorveglianza più integrata rafforzerà la zona euro.”
Il fatto è che non vi è alcuna prova che l’aumento delle dimensioni degli apparati di controllo, magari accompagnato dalla centralizzazione a livello comunitario di determinate attività, migliori il funzionamento della vigilanza.
L’unica certezza è che, a ogni tornata, aumentano le regole, i regolatori e spesso si creano sovrapposizioni, anche perché le nuove strutture non sostituiscono quelle esistenti.
La conclusione è che ogni volta che qualcosa non funziona, anche se si tratta di un fallimento della regolamentazione, non si sostituisce quella precedente (magari riducendola veramente), bensì si aggiunge uno strato ulteriore.
Così aumentano i consumatori di risorse altrui, i veri vincitori di ogni crisi. Su tutto il resto avrei dei dubbi.
Ero ragazzo, igloo gioco on line non era nemmeno fantascienza. Al circolo del paese a Natale si passavano le nottate a giocare a poker, baccarat, etc. etc. Pochissimi vincevano, i più perdevano. Per forza: il circolo si beccava centinaia di miglialia di lire, grazie al contributo di mille lire a pacchetto.
Il cartaio vinceva sempre
All’economia non fa bene alcun tipo di repressione. Quello che serve è proprio la libertà di finanziare; o di non essere obbligati a finanziare se si ritiene che ciò che viene prestato sia a rischio di mancata restituzione. E che ognuno sia libero di finaziare senza dover essere iscritto a qualche ordine professionale o a risposndere del tasso di interesse fissato. Il vero “segreto” è libertà di battere moneta, altro che repressioni. I soli a dover essere repressi sono i pianificatori.
Penso che un po’ di sana “repressione finanziaria” farebbe bene all’economia del pianeta. Sappiamo da dove è partita la crisi e siamo altrettanto consapevoli che la molla si sta ricaricando, grazie ad una finanza senza remore – ma nessuno le chiede di averne – e senza controllo, che invece è necessario. Con la differenza che la prossima volta non ci saranno quantitative easing e tassi sotto zero che possano tenere a bada lo tsunami.
Le crisi stanno alla finanza come gli attentati terroristici stanno all’ordine pubblico.
Ci pensano le criptovalute a semplificare.
Il vicepresidente della commissione palermitano – corleonese, Turiddu Ixixixi di Formocariddi, ha affermato che siccome i mercati siciliani stanno cambiando velocemente, una sorveglianza più integrata rafforzerà i capizona e i capimandamento.