DI MATTEO CORSINI
Paul Krugman sostiene che se c’è stata un’età dell’oro della destra americana, debba essere passata da un pezzo. La sua posizione non stupisce e, seppure per motivi diversi dai suoi, può pure essere condivisibile.
Mi limito a riprendere ciò che Krugman sostiene in campo macroeconomico.
“In campo macroeconomico, non c’è dubbio che gli economisti Milton Friedman e, inizialmente, Robert Lucas, abbiano offerto un servizio utile contestando le basi teoriche di un approccio attivo alla politica economica, e in particolare alla politica di bilancio. Nel 1976, la scuola di Chicago poteva ostentare risultati impeccabili. Ma poi ha deragliato. I modelli di Lucas non hanno retto alla prova dei fatti negli anni 80, mentre il keneysianesimo aggiornato ha tenuto botta. Ma invece di ammettere che avevano fatto il passo più lungo della gamba, gli economisti di destra si sono arroccati sempre più sulle loro posizioni, finendo per voltare le spalle anche al monetarismo friedmaniano, oltre che alle teorie keynesiane. L’espansione monetaria per combattere una recessione grave, originariamente un’idea della destra, è diventata un anatema per quello schieramento politico, mentre ora è vista con favore a sinistra. Quella che in origine era un’idea di destra valida adesso è stata sposata dai progressisti e rigettata dai conservatori.”
Da un keynesiano non ci si deve aspettare nulla di diverso dall’affermazione della superiorità del verbo di Lord Keynes. Ma il cambiamento di idea, vero o presunto che sia, in merito ai benefici dell’espansione monetaria, non dovrebbe essere visto come un regresso. Semmai come un rinsavimento.
Il monetarismo friedmaniano altro non era che keynesismo applicato alla materia monetaria. Un esempio di statalismo che mal si addice a chi difende il libero mercato. Consegnare l’emissione e la gestione della moneta al monopolio statale (o di una sua agenzia “indipendente”) è infatti la manifestazione di statalismo più deteriore, perché la moneta e i tassi di interesse sono elementi vitali e determinanti di un’economia.
Per questo non deve stupire che gli statalisti apprezzino l’idea della gestione attiva della moneta da parte dello Stato, ovviamente con una predilezione per l’espansione monetaria. Per lo stesso motivo, non credo che sia male se chi sostiene (almeno a parole) di essere contrario al “big government” sia anche contrario alla manipolazione della moneta.
Ciò che sconvolge di più degli pseudo economisti alla Krugman è la totale incapacità di usare il cervello per applicare una scienza esatta come la logica deduttiva.
Secondo loro, può anche essere che la matematica sostenga che 2+2=4, ma se tutti gli insegnanti del regno cominciano a scrivere sulla lavagna che 2+2=5, allora è dimostrato che “la matematica non ha retto alla prova dei fatti”.
Nessuna espansione monetaria potrà mai curare nessuna recessione, per ovvie ragioni logico deduttive, sorvolando sul fatto che le gravi recessioni sono sempre causate proprio dalla manipolazione della moneta e del credito.
Sono le idee, il lavoro, il risparmio, gli investimenti e la struttura dei beni capitali che fanno ricca una società, non la quantità di moneta in circolazione.
Di sicuro non apparteneva alla Old Right di tassazione leggera e non interventismo.
http://vonmises.it/2012/08/09/il-sostituto-dimposta-una-sventura-per-il-contribuente/