Agli inizi del secolo scorso, lungo uno dei fiumi più belli d’Europa sorgeva una bellissima città, che era diventata famosa per la qualità della sua cultura, delle sue scuole e università. Li aveva studiato un eccentrico personaggio che dopo aver avuto fortuna in America era tornato per condividere le sue ricchezze nei luoghi della sua infanzia. Per questo motivo donò alla città i soldi necessari per costruire un ponte sul fiume. Dopo i festeggiamenti il consiglio della città cominciò a discutere su come dovesse essere individuato l’ingegnere giusto, il relativo progetto e su chi avesse dovuto realizzarlo.
Dopo qualche mese, per il bene pubblico, si decise di creare un comitato per il ponte con l’obbiettivo di trovare le giuste soluzioni. Quando si inizio a discutere su chi dovesse essere il progettista però gli animi si accesero, c’era chi sosteneva dovesse essere laureato , chi che doveva avere esperienza, chi che bisognava fare un esame ai candidati. Si optò allora per creare un albo degli ingegneri , a cui potevano accedere solo laureati previo il superamento di uno specifico esame. Alla prova si presentarono in 10, 8 superarono il test e si misero al lavoro su un progetto personale da presentare al comitato.
Dopo oltre due anni dalla donazione, tutti i progetti erano sul tavolo, ma anche qui si presentò immediatamente un problema, non si riusciva a trovare un sistema per decidere quale fosse il migliore. C’era chi sosteneva che avrebbero dovuto decidere a maggioranza del comitato, chi che avrebbero dovuto interpellare tutta la cittadinanza, chi invece chiedeva consiglio all’albo degli ingegneri. Si decise infine per fare votare i cittadini, che furono convocati a dare il loro parere sul progetto migliore. Ora al comitato rimaneva solo l’ultima questione da risolvere, chi doveva costruire il ponte , che qualità doveva avere l’azienda, che garanzie c’erano da fornire e il prezzo? Si inventò così il sistema dell’appalto, per cui alcune aziende qualificate poterono presentare un’offerta per la realizzazione dell’opera. Dopo quasi 4 anni dalla donazione fu posata la prima pietra per la realizzazione del bellissimo ponte progettato dal migliore ingegnere della città e che sarebbe stato realizzato dalla migliore azienda in circolazione.
Peccato che dopo neanche un anno i lavori si bloccarono perché i soldi ahinoi erano finiti; in effetti la donazione era sufficiente per completare il ponte e non per pagare un comitato , un albo , un referendum ecc…
Qualche tempo dopo uno dei membri del comitato si recò per affari presso un paesino a monte, arrivato poté da subito notare un magnifico ponte da poco costruito e chiese agli abitanti informazioni al riguardo. Quando venne a sapere che quello non era altro che il paese natale dello stesso bizzarro uomo e che anche a quel paese erano stati donati gli stessi soldi per costruire il ponte non poté limitarsi dal chiedere: Ma voi come avete fatto ? Come avete risolto il problema di scegliere il miglior progettista, il progetto e l’azienda costruttrice?
Semplice, gli risposero, abbiamo lasciato che fosse il bizzarro uomo ad occuparsene, visto che lui ci metteva i soldi era giusto che a lui toccasse scegliere, e sapevamo che così avrebbe fatto le scelte migliori; l’unica cosa che non capiamo del tutto è la frase che ha fatto incidere al centro del ponte: Il giusto non dimora in certe idee, ma nella realtà e nel buon senso.
Dopo oltre due anni dalla donazione, tutti i progetti erano sul tavolo, ma anche qui si presentò immediatamente un problema, non si riusciva a trovare un sistema per decidere quale fosse il migliore. C’era chi sosteneva che avrebbero dovuto decidere a maggioranza del comitato, chi che avrebbero dovuto interpellare tutta la cittadinanza, chi invece chiedeva consiglio all’albo degli ingegneri. Si decise infine per fare votare i cittadini, che furono convocati a dare il loro parere sul progetto migliore. Ora al comitato rimaneva solo l’ultima questione da risolvere, chi doveva costruire il ponte , che qualità doveva avere l’azienda, che garanzie c’erano da fornire e il prezzo? Si inventò così il sistema dell’appalto, per cui alcune aziende qualificate poterono presentare un’offerta per la realizzazione dell’opera. Dopo quasi 4 anni dalla donazione fu posata la prima pietra per la realizzazione del bellissimo ponte progettato dal migliore ingegnere della città e che sarebbe stato realizzato dalla migliore azienda in circolazione.
Peccato che dopo neanche un anno i lavori si bloccarono perché i soldi ahinoi erano finiti; in effetti la donazione era sufficiente per completare il ponte e non per pagare un comitato , un albo , un referendum ecc…
Qualche tempo dopo uno dei membri del comitato si recò per affari presso un paesino a monte, arrivato poté da subito notare un magnifico ponte da poco costruito e chiese agli abitanti informazioni al riguardo. Quando venne a sapere che quello non era altro che il paese natale dello stesso bizzarro uomo e che anche a quel paese erano stati donati gli stessi soldi per costruire il ponte non poté limitarsi dal chiedere: Ma voi come avete fatto ? Come avete risolto il problema di scegliere il miglior progettista, il progetto e l’azienda costruttrice?
Semplice, gli risposero, abbiamo lasciato che fosse il bizzarro uomo ad occuparsene, visto che lui ci metteva i soldi era giusto che a lui toccasse scegliere, e sapevamo che così avrebbe fatto le scelte migliori; l’unica cosa che non capiamo del tutto è la frase che ha fatto incidere al centro del ponte: Il giusto non dimora in certe idee, ma nella realtà e nel buon senso.
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A parte il rischio di sangue infetto, non è da escludere che le donazioni interrazziali comportino anche il rischio di incompatibilità genetica.
Da sempre chi fa del bene riceve ingratitudine che, se la beneficenza è notevole, può trasformarsi col tempo in odio.
Lo sapevano già molto bene gli antichi romani i quali sconsigliavano di fare del bene per non crearsi nemici aggiuntivi.
Se poi tra benefattore e beneficiato si frappone il filtro intasato della burocrazia, allora è certo che la maggior parte dei soldi sia buttata letteralmente nel cesso.
Una volta mi scappava di fare elemosina, offerte alle diverse istituzioni italiane e mondiali di beneficenza.
Ora non spendo più un soldo in queste porcherie.
Però ho iniziato a donare sangue.
Spero che almeno quello non lo buttino nel lavandino.
Io pure donavo. Poi mi sono reso conto che è una mia proprietà privata di cui però mi è proibito far quel che voglio, esempio venderlo o donarlo proprio a chi voglio io (1).
Cioè, lo Stato (io e te collettivizzati) può comprare e vendere i nostri corpi o parte di loro, ma ci proibisce di usare lo stesso diritto individualmente.
Lo Stato, usando la sommatoria dei diritti degli individui, può comprarlo infetto nelle prigioni africane (scandalo Poggiolini coi lingotti d’oro nel divano) ma l’individuo non ha lo stesso diritto.
Se si proibisce di far funzionare il Libero Mercato in Libera Concorrenza è più che ovvio che poi c’è carenza di sangue (come di qualsiasi altra cosa).
Ma guai a parlare di soldi con questi bisogni!! ma che sei matto?! Vuoi mercificare il corpo umano??
Ed assisti quindi alle lagne moraliste tipo le pubblicità per regalare il sangue ed organi, o il tesserino dove dichiari che sei disposto regalare i tuoi organi….
(1) la donazione per una persona ricoverata per un intervento funziona come coi soldi e le banche: il sangue che lasci al centro trasfusionale non è veramente quello che viene usato in sala operatoria, quindi al tuo parente o amico sarà dato quello africano o cinese mentre il tuo, di ottima qualità, magari lo mandano al Celio (l’ospedale della casta militare).
Ovviamente la storiella ha valore didascalico, ma sarebbe ben triste che un siffatto benefattore dovesse personalmente occuparsi di tutto.
Mi ricorda i soccorritori dei terremoti di certe popolazioni “pigre”: i primi lavorano e la gente del posto guarda con le mani in tasca.
Neppure Gesù arrivava a tanto; nei miracoli lui ci metteva il più, ma un piccolo sforzo lo richiedeva anche ai beneficiari.
Aiutati che Dio t’aiuta.