“Quando la Federal Reserve americana cominciò la politica dell’espansione quantitativa della moneta (Quantitative easing), i soliti teorici del complotto gridarono all’inganno: gli Stati Uniti sviliscono la moneta e il dollaro debole fa guadagnare competitività ai produttori americani, a spese dei loro concorrenti. I complottardi avrebbero fatto meglio a pazientare. La Qe ha sostenuto l’economia americana e il dollaro si è rafforzato, tanto che in quattro degli ultimi cinque mesi le esportazioni sono scese”. (F. Galimberti)
Fabrizio Galimberti sostiene che il Qe della Fed (ma il discorso è valido in generale) non aveva come scopo (anche) quello di indebolire il dollaro, e la prova sarebbe da individuare nel rafforzamento registrato negli ultimi tempi dal dollaro stesso.
Sostenere che il rafforzamento del dollaro in corso grosso modo dal secondo semestre 2014 sia frutto del Qe è davvero assurdo, dato che il Qe statunitense era in realtà nella fase di “tapering”, ossia la Fed stava riducendo la quantità di base monetaria aggiuntiva stampata ogni mese (il tapering è terminato a ottobre 2014), mentre la Banca del Giappone andava in direzione contraria e la Bce si apprestava a fare il proprio Qe, poi lanciato a inizio 2015. E questo solo per citare le principali banche centrali.
Tra le altre distorsioni a tassi di interesse e moneta, la Fed ha fatto tre Qe a partire dal dicembre 2008, e fino a quando ha stampato denaro relativamente più delle altre banche centrali, il dollaro è stato relativamente debole. Il movimento del dollaro durante e dopo il Qe della Fed è pertanto del tutto coerente con l’idea che se una banca centrale adotta una politica monetaria relativamente più espansiva rispetto alle altre, la moneta emessa e gestita da quella banca tende a deprezzarsi nei confronti delle altre.
La cosa buffa è che affermazioni come questa Galimberti le fa in una rubrica settimanale su Plus24 del Sole 24 Ore il cui titolo è “Dietro i numeri”. A me pare evidente che, pur di non voler vedere la realtà, questo signore sia disposto anche a guardare ai numeri con lenti deformanti. E, più che dietro ai numeri, dovrebbe stare dietro la lavagna.
Sfido una lavagna, anche elettronica, che abbia almeno un minimo di dignità ad accettare che dietro di essa possano sostare pennivendoli e mistificatori di professione al servizio del re di Prussia.
Galimberti ha una bella faccia tosta a parlare male dei complottardi.
Io non sono un esperto, ma capisco che tutti costoro non sanno che pesci pigliare e che cazzate inventarsi.
E’ chiaro che siam tutti finiti in acque sconosciute, e che la bussola non funziona.
Si va a tentoni.
Una cosa ,però, è certa.
A subirne le conseguenze è la gente comune e le imprese.
Essere riusciti a convincere la gente che svalutando si aiuta l’economia la dice lunga.
La svalutazione ha l’effetto immediato di abbassare i prezzi per gli acquirenti esteri.
I produttori vengono pagati con un numero maggiore di dollari che però valgono meno, come dire che se tagliamo la pizza in 8 porzioni invece che in 4 mangiamo di più.
Nell’immediato l’effetto per i produttori è positivo perchè acquisiscono moneta non ancora inflazionata, in tempi brevi gli effetti svaniscono e si torna alla realtà, salvo nuova svalutazione.
Ma tanto qua si va avanti a botte di adrenalina iniettate in vena a un comatoso.
Il poveretto ha un breve sussulto, si alza a sedere con gli occhi sbarrati e resta così per un momento prima di ricadere in un sonno profondo.
In quel preciso istante i Galimberti scattano un’istantanea e ce la mostrano soddisfatti: visto che la cura funziona, stupidi complottardi?