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Milton FriedmanDI MAURO GARGAGLIONE

Non è una questione di “guerra” tra libertari e liberali. E’ una questione puramente concettuale. Dal punto di vista economico, ad esempio, i libertari condividono il principio (scuola economica austriaca) che la moneta non possa e non debba essere controllata dallo Stato o dalla Banca Centrale che dallo Stato ottiene questo privilegio.

La moneta, per i libertari, è il frutto della scelta degli attori del sistema economico, decide chi compra e chi vende quale sarà il mezzo di pagamento gradito per regolare le transazioni. Ma non è così perchè lo dice Mises, lo è perchè, fino all’affermazione dello Stato interventista, è in questo modo che si è evoluto il genere umano. Un’evoluzione secolare che ha portato gli esseri umani vicini e lontani a convergere verso l’oro senza un ente regolatore che lo imponesse a tutti. Risulta chiaro quindi che un monetarista come Milton Friedman venga dai libertari rigettato benchè gli sia riconosciuta una discreta propensione al libero mercato e a un basso livello d’interventismo dello Stato in economia.

Il fatto è che l’intervento statale sulla moneta è il padre di tutti gli interventi. E’ assolutamente utopico pensare a uno Stato che si limiti alla manipolazione della moneta, questo perchè modificarne la quantità danneggia il potere d’acquisto dell’individuo che esercita col denaro di “sua proprietà”.

Quindi la manipolazione della moneta è un attacco diretto al concetto di “proprietà privata” che per un libertario ha un’enorme valenza giuridica e filosofica. Una volta che accettiamo di limitare la proprietà privata, ammettendo pure che lo faccia una casta di esperti e selezionati (da chi, poi?) economisti, apriamo la strada a mille altre compressioni della libertà dell’individuo. Mica siamo tutti Milton Friedman, ottimi economisti e virtuosi manipolatori.

Friedman viene citato come icona liberale sostenitore di un basso livello di interventismo statale e non faccio fatica a credere che lo sia. Ma riflettiamo, ci sono due effetti opposti generati dall’intervento statale a seconda che sia basso o alto. Un basso debito pubblico oppure un enorme debito pubblico. Friedman era americano, una nazione che si è formata sul mito del self made man, non certo sul concetto del parassitismo di Stato finto solidale di matrice cattocomunista, eppure quella nazione ha ormai un debito spaventoso e irredibimibile.

Perchè quindi accusare i libertari di essere urticanti utopisti e non considerare Milton Friedman il vero utopista che immagina uno Stato capace di autolimitare il suo interventismo?

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Showing 12 comments
  • Pedante

    https://mises.org/system/tdf/qjae9_4_8.pdf?file=1&type=document

    Vienna and Chicago: Friends or Foes? A Tale of Two Schools of Free Market Economics – il libro di Skousen lascia molto a desiderare ma questa recensione illustra il divario incolmabile tra le due scuole.

  • Alessandro COLLA

    Dell’intelligenza credo di no. Certo, sull’onestà intellettuale… se si considera che ha avuto un passato keynesiano… Non saprei.

  • Alessandro COLLA

    Tecnocrate, forse, è eccessivo. Libertario no. Era per lo stato minimo e per la presenza della banca centrale. Un moderatamente liberale che non può essere sufficiente per soddisfare chi è libertario. In fondo, utopista inconsapevole anche lui. Preparato, però, non come Krugman che vuole curare le insolazioni esponendo al sole le parti cutanee lese.

    • Pedante

      Prima di postare il commento ho riflettuto a lungo. Come dice lei Friedman non è certamente allo stesso livello di Krugman. Ciononostante rimango convinto che classificare lui e la Scuola di Chicago come tecnocrati non è eccessivmente severo.
      https://mises.org/library/curse-withholding-tax

    • charlybrown

      “Era per lo stato minimo e per la presenza della banca centrale”

      Considerando che lo scopo della banca centrale è esattamente quello di consentire al sistema stato-banche di espandere a piacimento la massa monetaria e quindi allo stato di estendere le proprie attività in modi altrimenti impossibili, c’è da dubitare dell’intelligenza o forse, più verosimilmente, della sua onestà intellettuale.

  • Pedante

    “Permettetemi di emettere e controllare la moneta di una nazione e non mi importa chi fa le sue leggi.”
    – Mayer Amschel Rothschild

    Considero Friedman più un tecnocrate che un libertario.

  • Alessandro COLLA

    Condivido, Figuraquattro. Il prossimo passo dovrà essere un passo avanti.

  • Alessandro COLLA

    Forse no, ma se sono miniarchici a vita sono utopisti anche loro. Certo, tra loro e gli iperstatalisti, oggi come oggi potrei temporaneamente accontentarmi di loro come male minore. Meno peggio Friedman che Padoan, Draghi o Krugman.

    • figuraquattro

      Vero. Ma troppo spesso si sopravvaluta le loro differenze di pensiero. E’ vero che propongono strade molto diverse fra loro ma è pur vero che queste strade conducono alla stessa meta. Bisognerebbe incominciare a prendere atto di questo fatto e mettere i miniarchici nello scatolone degli statalisti. Il loro pensiero è stato un passaggio storico-culturale fondamentale. Fa parte del processo evolutivo del pensiero liberale. Ora guardiamo al prossimo passo.

  • figuraquattro

    I miniarchici, nonostante l’apparenza e nonostante lo negheranno sempre, hanno molto più in comune con gli statalisti che con gli anarco-capitalisti.

  • Alessandro COLLA

    E’ evidente che la risposta alla domanda del titolo non può essere che “sì, i veri utopisti sono coloro che lo stato possa esistere in forma limitata”. Questo può essere possibile solo per un limitato tempo, dopo di che i burocrati si riprendono tutto, una foglia di carciofo per volta (foglia che ovviamente è regolata nelle dimensioni dall’unione europea). Solo se in quel limitato tempo si svolge una concreta transizione verso una società completamente privata, si può pensare di convivere con una struttura monopolistica non spontanea di protezione contrattuale. E quel periodo di transizione andrebbe considerato solo se eventualmente necessario, non per le manie gradualistiche di qualche intellettuale di regime. Il tutto e subito può non essere oggettivamente possibile ma se lo fosse non ci si dovrebbe porre un qualche problema etico alla sua attuazione.

  • Albert Nextein

    Gli stati hanno convenienza ad avere una moneta fiat, puramente cartacea e virtuale, quindi manipolabile.
    La gente comune avrebbe convenienza ad avere una moneta fondata sull’oro che va depositato, custodito e controllato pubblicamente.
    Il vantaggio per la libertà è evidentissimo.
    Qualsiasi moneta si può usare ed inventare, basta avere il corrispondente o quasi in oro.
    L’oro diventa la base di ogni confronto.
    Vale di più una valuta che ha più oro alle spalle, e viceversa.
    A questo punto la banca centrale diventa il forziere , controllabile e valutabile, e stampa solo se l’oro nei forzieri aumenta.
    A me sembra di avere capito questo.

    Attualmente è tutto basato sulla fiducia, e sull’inganno.

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