“La rimodulazione del debito pubblico greco, il cosiddetto debt relief, potrebbe prevedere tre concessioni o una o due delle tre possibili per la Grecia: un abbattimento degli interessi, un allungamento delle scadenze per rinviare il rimborso del capitale e un’estensione del periodo di grazia su interessi o quota capitale… L’unica ristrutturazione del debito pubblico greco che implica una perdita per l’Italia è quella dell’haircut, al momento anche questa non sul tavolo delle trattative”. (I. Bufacchi)
Isabella Bufacchi, giornalista del Sole 24 Ore, si occupa prevalentemente di questioni legate ai mercati obbligazionari, e in particolare ai titoli di Stato. Analizzando le conseguenze delle ipotesi di rimodulazione del debito greco, tende a rassicurare i lettori circa l’impatto poco significativo per i contribuenti italiani.
Il problema, in questi casi, è confondere le rappresentazioni contabili e la realtà. In una situazione ideale, le scritture contabili e il bilancio dovrebbero fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale ed economica del soggetto di cui trattasi, sia esso una impresa, una famiglia o uno Stato.
Ma i principi contabili, che altro non sono se non convenzioni, spesso portano a una deformazione della realtà. Nel caso in questione, la realtà, sotto gli occhi di tutti coloro che non vogliano fingere di non vedere, evidenzia che la Repubblica ellenica è insolvente, quindi i crediti nei suoi confronti dovrebbero essere svalutati in misura consistente.
La contabilità pubblica consente però agli Stati creditori di evitare di svalutare i crediti nei confronti della Grecia finché non si arriva a un default vero e proprio, con successiva ristrutturazione che comporti una decurtazione del valore nominale dei crediti stessi.
Ne consegue la preferenza, da parte dei creditori, per forme di rimodulazione consistenti in allungamenti di scadenze e sospensioni dei pagamenti da parte del debitore. Sta di fatto che il valore attuale di quei crediti, così rimodulati, diminuisce in misura significativa, quasi azzerandosi se i flussi di cassa (sempre più remoti nel tempo) sono scontati a un tasso che incorpori il premio per il rischio di credito prevalente sul mercato secondario dei titoli di Stato greci.
Ma nessuno Stato valuta quei crediti attribuendo loro prudenzialmente un valore ridimensionato in funzione del consistente rischio di credito che essi incorporano. Quindi finché si mantiene la finzione che la Grecia non sia insolvente, si finge che i contribuenti europei non stiano perdendo nulla.
Nel caso italiano, tra l’altro, la perdita è già presente fin dall’inizio, dato che gli interessi percepiti (prima della sospensione) erano comunque inferiori a quelli pagati sul debito emesso per finanziare la Grecia; quello che può a tutti gli effetti essere definito un carry trade negativo.
Quindi, comunque vada, i pagatori di tasse italiani di soldi ne stanno già perdendo e ne perderanno altri. Quali che siano le finzioni contabili.
Ne nascerà qualcosa di buono? Forse si ma verrà prontamente soffocato, nel sangue alla bisogna.
leggo oggi sulla stampa :
Una moneta parallela all’euro per sperimentare una possibile via di fuga, tutta interna, nella Grecia del quasi default.
Prima che la proposta venisse formulata dall’arcigno ministro tedesco Schauble o dall’estroso Varoufakis, ci ha pensato una comunità di cittadini a organizzarla e, poi, a metterla in pratica.
Nella marittima Volos, che tra l’altro ha dato i natali al nostro Giorgio De Chirico, ben 800 cittadini, tra commercianti e famiglie, ha sperimentato la TEM.
Si tratta di una nuova moneta usata per scambi e acquisti nata inizialmente su stimolo della rete di solidarietà per transazioni locali. Non è stata mai stampata su carta, ma usata al posto dell’euro per l’acquisto e la vendita di prodotti e servizi. I membri della rete inizialmente 50, oggi sono più che decuplicati e si basano sulla fiducia, il sostegno e la partecipazione.
Non è una moneta, dicono i promotori, ma una semplice unità di scambio che un gruppo di persone utilizza tra di loro, nata per una doppia esigenza: consentire a un gruppo di commercianti locali di mettere in vendita la merce che avevano, invenduta, in magazzino; sostenere chi, a causa della crisi, non riusciva più ad accedere ad alcuni servizi primari. La rete ha attraversato diverse fasi evolutive ha dichiarato Christos Papaioannou, ingegnere informatico tra i promotori dell’iniziativa.
‘Si basa sulla fiducia, la fornitura e la partecipazione’.
Quando hanno lanciato la rete, ogni nuovo iscritto poteva registrarsi con una semplice fotocopia della carta d’identità. Il nome veniva così inserito in una banca dati e riceveva come credito iniziale 300 Pcs. Nell’organizzazione, da subito, insegnanti, idraulici, sarte, agricoltori. I primi casi erano quelli proprio di un idraulico desideroso di fare un corso di inglese pagando in Tem e in cambio essere pagato in Tem per la riparazione di un rubinetto. L’iniziativa è stata avviata nel 2010 e ci sono stati alcuni membri che non hanno mai speso il proprio credito senza offrire alcun servizio.
Così ora il credito minimo è sceso a 20 Pcs per ogni partecipante, mentre chi raggiunge il massimo di 1.200 Pcs è invitato a spenderlo all’interno della rete.
Tuttavia il Pcs non garantisce la sopravvivenza perché le spese vive della quotidianità, come l’affitto, le bollette, il carburante e molti altri beni e servizi vengono acquistati e venduti regolarmente in euro.
Ma ad esempio un gruppo di coltivatori diretti, per abbattere i costi di trasporto, non si sono mossi da dove producevano frutta e verdura che hanno venduto con il Tem e a prezzi vantaggiosi.
Un’opportunità, quella del conio alternativo, che è stato però alla base dell’allontanamento dell’ex ministro Varoufakis come confermato dallo stesso deputato in varie interviste televisive. Il punto del non ritorno è stato l’ultimo consiglio dei ministri in cui la sua proposta di una dracma o di una moneta per uso interno è stata bocciata, per quattro voti a due, dalla segreteria politica di Syriza. Mentre nelle stesse ore dallo staff di Schaeuble arrivava ai quotidiani tedeschi la velina con l’opzione in questione, propedeutica al Grexit.
Nel corso delle ultime due settimane, tuttavia, oltre a una miriade di richieste di interviste dai media americani e alcune e-mail di sostegno da parte degli attivisti di altri Paesi, soprattutto sudamericani, la rete non si è potuta ampliare a causa dei controlli sul capitale.
‘Ancora nessuno è venuto da noi perché le banche erano chiuse’, dice il signor Papaioannou. Ma c’è chi scommette che non appena riapriranno l’esperimento potrebbe essere messo a regime. Una forma di baratto 2.0 immaginata da chi, lontano anni luce da euro summit e giochi di potere, semplicemente si è rimboccato le maniche e ha inseguito un’idea: innovativa e, non si sa ancora, efficace.
twitter@FDepalo
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carino il passaggio ‘Non è una moneta ma una semplice unità di scambio’