“Ci sono alcuni casi limitati di errori nella certificazione unica, ma alcune cose sono state esasperate nella coloritura. Il 730 precompilato è una cosa nuova, sperimentale, epocale, che fosse tutto a posto subito con uno schiocco di dita, per magia, era anche infantile immaginarlo. Si tratta di un lavoro duro, fatto in pochi mesi. Come sempre stiamo cercando di risolvere i problemi”. (R. Orlandi)
Questo ha affermato il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, a margine di una audizione in Senato. I problemi che sta generando il 730 precompilato non credo possano essere liquidati come cose “esasperate nella coloritura”.
Al di là del fatto che ottenere il PIN da parte dell’Agenzia delle Entrate non è semplice come fare cose simili su portali di aziende private che offrono beni o servizi online (ed è anche facile intuire perché: queste ultime sono incentivate a conquistare la preferenza di individui che volontariamente scelgono i loro beni e servizi al posto di quelli dei concorrenti, mentre l’Agenzia delle Entrate ha a che fare con sudditi dello Stato che non hanno alternative), tutta la faccenda della precompilazione a me pare sia partita con il piede sbagliato, finendo con il creare problemi più che risolverne.
Per chi non ha spese da dedurre dall’imponibile o detrarre dall’imposta, il 730 è totalmente inutile, a meno che non desideri esercitare le opzioni sulla destinazione dei vari 8 e 5 per mille. Però i 730 precompilati, per lo meno in questa prima versione, contengono solo i dati sui redditi da lavoro dipendente o pensione, il che significa che o sono inutili, oppure costringono il contribuente a integrarli/correggerli.
Per integrarli/correggerli è necessario essere capaci, oppure rivolgersi a un CAF o a un professionista. Nel primo caso si rischia di essere sottoposti a controllo rispondendone in prima persona. Nel secondo caso è il CAF o il professionista a rispondere di eventuali errori. Ciò rende evidentemente più costosa l’operazione per il contribuente, finendo spesso per avere oneri superiori ai benefici derivanti da deduzioni e detrazioni.
Così il contribuente è spinto a evitare di apportare correzioni, a tutto vantaggio del fisco, che non vede eroso il gettito. Mi si passi la semplificazione, ma a me pare che la cosa “nuova, sperimentale, epocale” sia tutta qui. E che il fisco cerchi di usare ogni mezzo per arraffare il più possibile non mi sembra neppure una novità.
Orlandi dice che era “infantile” immaginare “che fosse tutto a posto subito con uno schiocco di dita, per magia”. Aggiunge poi che “si tratta di un lavoro duro, fatto in pochi mesi”.
Effettivamente era inimmaginabile che tutto fosse a posto subito, ma non perché si trattasse di un lavoro particolarmente complesso. Semplicemente perché siamo in Italia.
Resta il fatto che il fisco giustifica se stesso per ogni inefficienza, mentre pretende che i contribuenti non facciano errori, spesso non disponendo di mesi, bensì di ore (non di rado le circolari esplicative dell’AdE escono il giorno prima o pochi giorni prima della scadenza fiscale in questione) per adempiere alle pretese dello Stato. E se costoro fanno errori vengono pesantemente sanzionati.
Orlandi, forse volendo rassicurare i contribuenti, dice che all’Agenzia stanno “cercando di risolvere i problemi”. Quelli dell’erario, però.
Il vero problema di questa innovazione . . . è che tanta gente non è ancora adeguatamente preparata all’uso dei strumenti informatici. Esattamente come tanti ‘operatori’ dell’Agenzia delle Entrate hanno tutt’altro che le idee chiare sull’argomento che trattano (??). Insomma . . . è stata data una ferrari testarossa a persone che fino a ieri usavano la bicicletta. Ovviamente qualcuno si schianta . . .
i problemi dell’erario sono altri e tutti gli imbecilli nati al di là del muro, nel tentativo di risolvere quei problemi con fantasiose ginnastiche fiscali, mancano di vedere che il primo reale problema, è la lenta e irrevervsibile diminuzione contributiva da parte di una classe,
quella produttiva, che è ormai in via di evaporazione in italia.
tassare ferocemente i “restanti” come fecero tutti i sistemi fiscali storici prima della disintegrazione, non risolverà i loro problemi, solo contribuirà ad una accellerazione verso
il collasso.