“Gli economisti usano in gran parte gli stessi strumenti di scienziati e ingegneri – algebra matriciale, regressioni multiple, teoria del controllo. Ma non li usano allo stesso modo. In economia – specialmente in macroeconomia – l’obiettivo è spesso di convincere le altre persone del tuo punto di vista”. (N. Smith)
Noah Smith scrive, tra gli altri, sul sito di Bloomberg. Nel pezzo dal quale ho attinto, Smith spiega a modo suo la differenza tra economia, scienze naturali e scienze umanistiche.
Come tutti coloro che hanno un approccio all’economia per lo più quantitativo, Smith snobba chi non fa uso della matematica, più o meno esplicitamente suggerendo che il quel caso ci si fa guidare dalle proprie tendenze politiche. La cosa è un po’ curiosa, dato che, sempre a suo dire, “in economia – specialmente in macroeconomia – l’obiettivo è spesso di convincere le altre persone del tuo punto di vista”. E l’utilizzo della matematica servirebbe a rendere il tutto più convincente.
Che argomentazioni politiche siano spacciate per scienza economica ovviamente capita spesso, ma in realtà l’economia dovrebbe occuparsi dello studio, utilizzando la logica, del comportamento umano nell’utilizzo di risorse scarse per il raggiungimento di obiettivi (che ogni individuo dovrebbe poter scegliere). Solo se si pretende di fissare gli obiettivi anche per gli altri è inevitabile che anche la modalità di utilizzo dei mezzi diventi una faccenda squisitamente politica.
Quando ho letto il pezzo di Smith non ho potuto fare a meno di constatare per l’ennesima volta l’abisso tra il suo approccio (quello mainstream) e quello degli economisti della scuola austriaca. Penso, per esempio, a “Human Action” di Ludwig von Mises e a “Man, Economy, and State” di Murray Rothbard, due lavori che ritengo fondamentali per chi si interessa di economia, e che suppongo Smith non abbia mai neppure visto in una nota a piè di pagina. Sarà proprio attingendo dalla prefazione di “Man, Economy, and State” che farò “commentare” a Rothbard alcuni passaggi di Smith (spero che Rothbard dall’Aldilà non me ne voglia: lui commentò criticamente un ben più noto Smith: Adam).
Dunque, come accennavo, Smith ammette che qualcuno potrebbe avere idee diverse sull’uso della matematica in economia, ma si affretta a guardarlo dall’alto verso il basso.
“Questo ad alcuni potrebbe suonare un esercizio stupido, o anche disonesto, ma il fatto è che in molte situazioni economiche non si dispone di dati sufficientemente buoni per affermare realmente cosa sta accadendo. Puoi rinunciare, oppure lasciare che le tue inclinazioni politiche ti forniscano una risposta emotivamente piacevole – e molte persone prendono queste facili vie d’uscita. Ma se vuoi fare del tuo meglio per descrivere la realtà pur di fronte a scarsità di dati e incertezza, vuoi essere sicuro che le tue argomentazioni siano il più consistenti e precise possibili. Di qui l’utilizzo della matematica.”
Lo stesso Smith, peraltro, nell’argomentare a favore dell’utilizzo della matematica in economia ne evidenzia involontariamente i principali punti deboli.
“L’intuizione principale, a mio parere, è che la maggior parte delle cose al mondo hanno una qualche casualità. L’economia si occupa di sistemi orribilmente complessi nei quali condurre esperimenti controllati è solitamente impossibile. Se vuoi isolare un fenomeno devi ignorarne molti altri interessanti.”
E sembra anche un po’ ondivago.
“Ma se ci pensi, ciò descrive molte delle situazioni che affrontiamo nella vita di tutti i giorni. Dobbiamo prendere decisioni basandoci su poche cose che (auspicabilmente) comprendiamo, trattando il resto come rumore di fondo casuale. Abbiamo una forte tendenza a modellare eccessivamente il mondo – a pensare che possiamo spiegare ogni piccola cosa che vediamo. Gli economisti – almeno quelli buoni – capiscono che questa è solo un’illusione.”
Appunto. Eppure
“Tecniche come variabili strumentali, stimatori strutturali e autoregressioni vettoriali sono state sviluppate per fare il meglio in una situazione difficile.”
Il tutto per arrivare a porsi la domanda sbagliata (e probabilmente a rispondere peggio)
“Prevedere le azioni umane è molto più difficile che prevedere le azioni di particelle, e ti impone di porti domande differenti, come “cosa farei io in questa situazione se fossi arguto?”
Ora, ognuno è libero di farsi le domande che vuole e di tentare di darvi una risposta, ma quella non è la domanda a cui deve dare una risposta l’economista. A meno che non si ritenga, platonicamente, che l’economista, in quanto “esperto”, debba fornire un supporto intellettuale ad azioni più o meno fortemente paternalistiche da parte di chi governa. Cosa che piace tanto alla maggior parte di coloro che si definiscono economisti, ma che tradisce, a mio parere, la scienza economica.
Tornando all’utilizzo in economia degli strumenti tipici delle scienze naturali, Murray Rothbard criticava questo scimmiottamento da parte degli economisti, sostenendo che “in precedenza l’economia era considerata una struttura logica. Fondamentalmente, quali che fossero le differenze di grado o anche le metodologie dichiarate, l’economia era considerata una scienza deduttiva che utilizzava la logica verbale. Basato su pochi assiomi, l’edificio del pensiero economico era dedotto passo dopo passo”.
Più avanti, Rothbard sosteneva che “L’empirismo ha disintegrato l’economia a tal punto che a nessuno ormai sembra di vedere un edificio completo… D’altra parte, la logica verbale nella teoria economica è stata sostituita dalla matematica, che appare più precisa e gode della luce riflessa delle scienze fisiche… Anche al livello della pura integrazione teorica, la matematica è del tutto inappropriata per qualsiasi scienza dell’azione umana”.
Sul fatto che l’uso della matematica rendesse incomprensibili a molti lettori gli studi degli economisti, Rothbard sosteneva che “la cosa veramente importante non è che i non matematici non possono capirli; il punto cruciale è che la matematica non può contribuire alla conoscenza economica. Di fatto, la recente conquista della economia matematica da parte dell’econometria è un segno del riconoscimento che la pura teoria matematica in economia è sterile”.
E tutto questo perché, come anche Smith deve riconoscere, la complessità e l’imprevedibilità dell’azione umana non può essere piegata alla modellizzazione matematica. Cosa che invece puntualmente avviene con l’uso della matematica in economia.
Voglio quindi concludere ancora con le parole di Rothbard nella prefazione di Man, Economy, and State:
“Il presente lavoro deduce l’intero corpo dell’economia da alcuni semplici e apodittici assiomi: l’assioma fondamentale dell’azione umana – che gli uomini impiegano mezzi per raggiungere fini, e due postulati secondari: che c’è una varietà di risorse umane e naturali, e che il tempo libero è un bene di consumo.”
Riempire un testo di formule matematiche dà senza dubbio l’impressione di scientificità, ma si tratta purtroppo spesso di scientismo, di uso della scienza fine a se stessa, che porta a conclusioni fuorvianti perché invece di utilizzare la matematica per comprendere la realtà, pretende di piegare la realtà affinché sia modellabile matematicamente.
esatto, bersaglio centrato perfettamente.
peraltro ricordiamo che l’economia keynesiana e l’approccio econometrico in generale sono stati demoliti già negli anni 50 da Hazlitt a partire dalle stesse considerazioni:
“if a mathematical equation is not precise, it is worse than worthless; it is a fraud. It gives our results a merely spurious precision. It gives an illusion of knowledge in place of the candid confession of ignorance, vagueness, or uncertainty which is the beginning of wisdom.”
Henry Hazlitt, The failure of the New Economics
La matematica è un linguaggio. In qualsiasi linguaggio si possono fare affermazioni sintatticamente ineccepibili ma contenutisticamente false, perché basate su osservazioni scorrette o presupposti indimostrati e discutibili.. Se io affermo:”Gli asini si librano nell’aria perché hanno ali adatte al volo” mi esprimo con una frase priva di errori sintattici e grammaticali, ma dico una sciocchezza enorme. Quanta matematica corroborava il saggio sui limiti dello sviluppo del Club di Roma! Nessun calcolo era sbagliato. Putroppo erano sbagliati i dati di partenza e i presupposti teorici. Ma che dico purtroppo? Meno male! Altrimenti , a sentir quei signori, saremmo tutti già morti.
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Enormi progressi tecnologici hanno aperto nuovi orrizonti alle scienze umanistiche.
L’economia non è una scienza…per i “libbbbberisti”.