Innanzitutto, devo confessare che il settarismo non mi è mai andato a genio. L’ho visto all’opera nel mondo libertario da sempre e la ricerca della purezza ideologica, della contemplazione del sé antistatalista vero, unico e inimitabile mi è sempre apparsa ridicola. Allo stesso tempo odio la voglia di compromesso a tutti i costi, il calare le braghe davanti all’ultimo che ci racconta “lo Stato deve fare poche cose, ma farle bene”, giacché questo, si sa, è l’estremo rifugio dello statalista impenitente. Non amo neanche gli attacchi personali, si combattono sempre le idee sbagliate e mai gli uomini, fossero anche Hitler o Stalin.
Il nostro amico Carlo Stagnaro, che oggi fa il consulente ministeriale, ritiene di poter dare un piccolissimo contributo, in questa tragica fase, ad alleggerire anche solo di qualche grammo il peso dello Stato. Il suo operato deve essere giudicato solo su questo e non a partire da moralismi, purismi, travaglismi di sorta.
Il compagno Carlo ha un ruolo di semplice consulenza, ossia non decisionale, ma la sua vivace intelligenza ed eloquenza incomparabile, nonché le idee delle quali è portatore, lo pongono in un ruolo di fatto particolarissimo.
La consulenza di Stagnaro credo sia visibile nel pacchetto taglia bollette: una parte di questo sta nel decreto già emanato (http://m.qualenergia.it/view/14516) e qualcosa di ben più sostanzioso si troverà in atti ancora da emanare. Il solo decreto (attualmente al senato per la conversione) contiene tagli secchi per poco meno di un miliardo di euro. Son tagli veri? Ai posteri l’ardua sentenza e tuttavia le proteste di un gruppo di parassiti (www.assorinnovabili.it o http://www.staffettaonline.com/articolo.aspx?ID=128990 oppure http://m.europe.wsj.com/articles/renzi-tilts-at-the-windmills-1403206659?mobile=y) e il supporto delle PMI che invece otterranno qualche vantaggio (http://www.wallstreetitalia.com/newarticle.aspx?IdPage=1707068) mi lasciano cautamente soddisfatto. Il pacchetto intero è ispirato ad un lavoretto di Stagnaro http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=14897), cosa che gli viene rinfacciata dai suoi critici, statalisti della più bell’acqua (http://m.huffpost.com/it/entry/5348200).
Dal ministero del quale Carlo Stagnaro ha accettato di far parte provengono un mare di altre cose del tutto inaccettabili – ma lui non ne può avere alcuna responsabilità e spesso neanche contezza, ma mi sento di affermare il vero: tutto ciò che il nostro amico sta facendo è un piccolo lavoro di Sisifo per convincere gli statalisti a non tagliare il ramo su cui stanno seduti. Ce la può fare? In tutta franchezza non lo credo, visto che non può far altro che sussurrare nell’orecchio dei distruttori di ricchezza che oltre un certo limite la cosa è controproducente.
Tagliare di circa 800 milioni di euro i sussidi pagati con la bolletta non è l’inizio della rivoluzione, ma se anche un imprenditore eviterà la bancarotta, se un lavoratore porterà il pane alla sua famiglia per un altro anno ancora, il suo lavoretto al ministero non sarà stato del tutto sprecato.
Mettiamola così: Stagnaro ritiene di poter essere un granello di sabbia all’interno di una macchina ormai votata alla distruzione della ricchezza. La mia stima nei suoi confronti mi obbliga a considerarlo in questo ruolo, il che non vuol dire che possa giurare sulla sua efficacia, ma solo sulla sua probità intellettuale.
Prima di prendermi la giusta dose di mazzolate dei manganellatori del libertarismo duro e puro, devo in ogni caso aggiungere che non sono affatto convinto che ampliare la diffusione – anche fra chi ha responsabilità di governo – di idee ragionevoli possa essere una tattica vincente. Un noto Istituto liberale classico ha scelto di diffondere idee favorevoli al libero mercato fra la classe dirigente dell’Italia come propria ragione sociale, nella convinzione che la cultura politica diffusa fosse l’arcano dello statalismo selvaggio che stiamo sperimentando. E anche io ho talvolta avuto forti perplessità. Ad esempio, una sera ad una festa “reaganiana” promossa dall’Istituto, sentendo un importante giornalista post-comunista invitato come ospite d’onore celebrare Ronald Reagan, mi è andato di traverso il dolce. Però per passare un giudizio conclusivo occorrerà molto tempo, almeno una generazione. E in ogni caso non vi sarà mai la controprova, un po’ come per l’operato della Chiesa nella storia: chissà quanto male in più vi sarebbe stato nel mondo senza la Chiesa. Ciò che resta sono gli uomini e le donne, con le loro storie, idee e integrità. Sull’onore antistalista di Carlo Stagnaro son ancora pronto a giurare.
LA RISPOSTA DI LEONARDO FACCO
Caro Marco, pubblico su questo sito l’articolo “Breve difesa del compagno Carlo Stagnaro” (così lo hai titolato) in ragione della libertà che da sempre contraddistingue questo sito quale spazio per dibattiti, per opinioni e prese di posizione inerenti l’ambito della libertà tout court. Da sempre, però, ho cercato di divulgare e applicare in questa disastrata e liberticida penisola quelle idee e quei principi di libertà e di buon senso insegnatimi dagli “estremisti” come te, che mi han fatto conoscere – tra gli altri autori libertari – un tale Murray Newton Rothbard, col fine di difendere la vita, la libertà e la proprietà di ciascun individuo, all’interno di un sistema di libero mercato, contro qualsiasi tipo di aggressione e/o imposizione coercitiva. La mia casa editrice, il Movimento Libertario, Interlibertarians, Forza Evasori, e, più in generale, ogni pubblicazione a mia firma, ogni battaglia fatta con la mia faccia messa in bella mostra sono testimonianze di quel che ho appreso dagli intellettuali a noi cari, del mio credere nel “laissez faire”.
Permettimi di dirti che è quantomeno caricaturale sentirmi giudicare da te come un soggetto settario, fondamentalista o propugnante la purezza ideologica individuale. Ma forse, una ragione c’è, data la tua superbia ed arroganza tipica del baronato universitario italico, ma anche considerato che tu vivi di soldi pubblici. Sul fatto che tu mi ritenga finanche ridicolo stendo un velo pietoso. Sai perché? Perché vi è una notevole differenza tra il propugnare e il difendere dei principi culturali – nel rispetto del rigore teorico di cui ti sei sempre eretto a paladino come professore – e l’imporre al prossimo un’ideologia o uno stile di pura condotta comportamentale. E’ evidente come il sottoscritto (leggi pure Movimento Libertario) faccia riferimento a dei chiari principi e a dei valori non negoziabili, i quali connotano e caratterizzano in modo trasparente e responsabile il mio operato. Rispetto al quale so solo io cosa mi è costato.
Ad ogni modo, come ricorda Rothbard, perfino
«l’economista liberale F.A. Hayek, che non possiamo certo definire un estremista, ha scritto pagine eloquenti circa l’importanza fondamentale, se aneliamo al successo della libertà, di tenere sempre alto il vessillo della sua ideologia pura ed “estrema”, da concepirsi come un credo che non deve mai essere dimenticato».
Hayek, in un suo evidente improvviso momento “moralista, purista e travaglista”, scrisse che
«abbiamo bisogno di leader intellettuali che siano preparati a resistere alle lusinghe e all’influenza del potere, e che siano disposti a lavorare per un ideale, per quanto piccola possa essere la prospettiva di una sua immediata realizzazione. Devono essere uomini che intendano essere fedeli ai principi, e lottare per la loro piena realizzazione, per quanto remota possa apparire… Coloro che erano interessati esclusivamente a quello che sembrasse praticabile hic et nunc, in funzione di un ben preciso e determinato sistema di credenze collettive, hanno poi sempre dovuto constatare che anche quell’obiettivo era diventato ben presto politicamente irrealizzabile, a fronte dei rapidi cambiamenti che si registravano nella stessa opinione pubblica, per la cui influenza non si era mai ritenuto di dover far nulla».
L’autore de La via della schiavitù spiega che serve coerenza d’adesione ai principi, volontà, coraggio e passione nel divulgarli, nel battersi per le proprie idee e per la causa della libertà senza perseguire scorciatoie e compromessi di maniera e di sostanza, dunque senza imboscarsi presso qualche dicastero statale. A tal riguardo Rothbard evidenzia che
«aderire al principio significa qualcosa di più che mantenere alto il vessillo, senza cadere in contraddizione, dell’estremo ideale libertario. Aderire al principio significa anche lottare per raggiungere tale obiettivo finale il più rapidamente e il più concretamente possibile. In breve, il libertario non dovrà mai né caldeggiare, né preferire il gradualismo, rispetto ad un approccio più radicale e rapido, volto al conseguimento del proprio obiettivo. Così facendo, infatti, egli mina alla radice la primaria importanza dei propri traguardi e dei propri principi. Se lui stesso reputa e valorizza i propri ideali con tanta leggerezza, come potranno mai valutarli gli altri?».
Come disse il conservatore Barry Goldwater, nel suo celebre discorso d’accettazione della candidatura a presidente degli Stati Uniti per il GOP nel 1964 (coincidenza, mio anno di nascita):
«vi ricordo che l’estremismo in difesa della libertà non è vizio! E vi ricordo anche che la moderazione nel perseguimento della giustizia non è una virtù!».
Il Movimento Libertario, radunando attorno a sé persone di buona volontà (un manipolo), ha sempre cercato di battersi per tale ragionevole estremismo (non sto a farti l’elenco delle battaglie politiche, senza il bisogno di candidarmi e inventare un contenitore per fermare il declino, condotte in beata solitudine, la maggior parte delle quali vinte), in difesa delle libertà economiche ed individuali, di intraprendere, affrontando in modo nonviolento, ma senza timori, i gabellieri e i satrapi che ci stanno riducendo in schiavitù vivendo alle nostre spalle. Oppure non è così e non mi sono mai accorto che l’Italia ha solo bisogno di qualche consulente liberista per essere annoverato tra i paradisi fiscali?
Uno degli slogan che ho appreso sin dai tempi di Collio è: «La proprietà è un diritto naturale e le tasse sono un furto». Questa è una posizione libertaria di principio in difesa di chi produce e crea ricchezza contro la fallace presunzione dei legislatori e dei pianificatori sociali (che ho sempre pensato si dovessero aborrire) di volerci imporre con la forza la fruizione di un bene o un servizio (determinando così una condotta o uno stile di vita eticamente imposto dallo Stato), parassitando in modo illegittimo risorse economiche (mediante le tasse) al fine di poter vivere sulle spalle dei contribuenti. Il caro Mises ci avrà pure insegnato qualcosa no?
La legittima difesa dei libertari, il rigore delle idee e le azioni che ho sempre cercato di promuovere non hanno nulla a che fare con una purezza ideologica totalizzante, con l’uso indiscriminato della violenza (cavolo citarmi in faccia Hitler e Stalin non è roba da poco), soprattutto quando penso alla battaglia sugli Ogm di Giorgio Fidenato che ho appoggiato da subito (anche fisicamente) e che mi costa, a tutt’oggi, le minacce e le violenze dei veri nazi-comunisti (di cui me ne fotto ovviamente).
Detto questo, voler ridimensionare e ridurre la mia (nostra) attività politica e culturale alla luce delle polemiche interne all’area liberale italiana, e nella fattispecie alle critiche mosse anche, ma non solo, a Carlo Stagnaro, a fronte di un suo progressivo e palese spontaneo allontanamento dalle idee libertarie, è semplicemente grottesco. Il compagno Stagnaro ha il diritto legittimo di aver mutato nel corso del tempo la propria visione politico-culturale personale circa il rapporto tra mercato e Stato al fine di perseguire con più facilità i propri interessi ed aspirazioni personali. Tutti hanno un prezzo, mi raccontava Alberto Mingardi in una delle decine di occasioni in cui ci si frequentava. Al contempo, per converso, il sottoscritto ha il pieno e legittimo diritto di criticarne il suo “nuovo agire politico-economico”, fuori e dentro le istituzioni. Nello specifico dei tuoi link relativi alla bontà del decreto Guidi per le bollette, ti rimando ad una risposta che ho dato qui ad un lettore di questo sito. Ma anche, ti cito Gerardo Coco, spesso ospite sul sito dell’IBL, che ha scritto: “Mises non avrebbe mai accettato compromessi e mai sacrificato le sue convinzioni all’interesse politico. Quando infatti gli fu chiesto quale sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto se fosse stato nominato ministro dell’economia rispose senza esitazioni che avrebbe dato le dimissioni”.
Sia chiaro, le critiche che ho mosso al compagno Stagnaro (un tempo, mi telefonava ogni due per tre, poi è svanito nel nulla…) non sono dettate da antipatie personali, sono sempre state contestualizzate (e sono rimasto alla finestra un bel po’ di tempo prima di cominciare a scrivere) con fatti provati su questioni politico-economiche di pubblico dominio. Ma sono anche mosse da anni e anni di conoscenze e di affermazioni dello stesso in diversi contesti. Non potevo più non evidenziare, in quanto promotore del libertarismo, dell’anarco-capitalismo, quanto fosse irragionevole e deformata la pretesa (sua e/o di tanti “liberali e liberisti”) di entrare nei palazzi ed etichettarsi come libertari.
Come ha scritto in un suo recente articolo Lew Rockwell, anche in Italia:
«abbiamo visto sufficientemente delle nostre parole distorte e fatte proprie da altri. Noi non intendiamo lasciar loro il termine ‘libertarian’».
Carlo, già co-fondatore e firmatario del manifesto di proposte del partito Fare per Fermare il Declino di Oscar Giannino (col quale ti candidasti e che ci portò ad allontanarci, per fortuna, solo per un breve periodo), si è fatto portavoce nel corso degli ultimi anni di proposte palesemente non libertarie, quali ad esempio le nazionalizzazioni bancarie descritte quali forme di “liberalizzazioni“, condividendo le delazioni nella lotta all’evasione fiscale, e scrivendo accorate lettere al premier Letta in difesa dell’Imu (una patrimoniale sulle case) al fine di poter ridurre l’Irap (una patrimoniale sulle aziende). Allora, ci pensò Cristian Merlo a prendere posizione in merito.
A tal proposito è bene ricordare, ancora una volta, cosa Rothbard scrisse in Per una nuova libertà: Il manifesto libertario, riguardo a tal genere di proposte fiscali.
«Un esempio di tale strategia controproducente e trasformista può essere tratto dal sistema fiscale. Il libertario anela con tutto se stesso all’abolizione delle imposte. Ed è del tutto legittimo per lui, quale misura strategica che asseconda questa prospettiva, spendersi per una drastica riduzione, se non per l’abrogazione, dell’imposta sul reddito. Ma il libertario non deve giammai supportare né l’introduzione di nuove tasse, né l’inasprimento di quelle già esistenti. Nella fattispecie, egli non deve, nel mentre rivendica un grande taglio delle imposte sul reddito, esigerne la compensazione, ricorrendo alla loro sostituzione per via di imposte sulle vendite od altre modalità di tassazione. La riduzione o, meglio, l’abolizione di una tassa si configura, sempre e comunque, come un ridimensionamento logico del potere dello Stato e un passo significativo verso la libertà; ma il volerla rimpiazzare con una nuova tassa, o con un aumento qualunque di questa, significa esclusivamente proseguire nella direzione opposta, giacché ciò postula una ennesima e supplementare interposizione dello Stato, su qualche altro fronte. Pertanto, l’imposizione di una nuova o maggiore imposta contraddice e pregiudica l’obiettivo libertario medesimo.(…) Il momento di opporsi alla spesa pubblica coincide con quello in cui il bilancio viene esaminato e poi approvato; è palese, poi, che il libertario dovrebbe sempre battersi parimenti per un abbattimento draconiano della spesa. In breve, l’attività di governo deve essere limitata e ridotta ogniqualvolta si possa: qualsivoglia opposizione a un particolare taglio delle tasse o della spesa è di per sé intollerabile, in quanto contraddice i principi libertari, unitamente allo stesso obiettivo ultimo. (…) Né vi dovrebbero essere contraddizioni nei termini. Il libertario non deve indulgere in alcuna retorica, per non parlare di tutte le raccomandazioni politiche, che sarebbero solo deleterie per l’obiettivo finale. Così, supponiamo che ad un libertario sia chiesto di esprimere le sue opinioni su un determinato taglio di imposta. Anche se non se la sentisse, in quel momento, di proclamare a gran voce la necessità di un’abolizione integrale della medesima, l’unica cosa che non deve mai fare è ricorrere, per supportare la tesi della riduzione, ad artifici retorici spregevoli: “premesso che, per taluni rispetti, la tassazione è necessaria … ecc”. Da certe infiorettature retoriche possono derivare esclusivamente danni per il traguardo finale, posto che queste confondono il pubblico e contraddicono, violandolo, il principio».
Terminata la sua non esaltante esperienza con quel partito politico, dopo le elezioni europee il compagno Stagnaro è stato prontamente nominato consulente presso il Ministero dello Sviluppo Economico dal ministro renziano Federica Guidi (ex presidentessa dei Giovani di Confindustria, figlia di Guidalberto Guidi già vicepresidente di Confindustria e membro di numerosi consigli di amministrazione di importanti industrie italiane, tra cui Fiat e Ferrari).
La sua nomina ministeriale è un chiaro esempio di cooptazione in relazione anche alle frequentazioni maturate nel corso del tempo dall’Istituto Bruno Leoni (di cui, non dimenticare, ho apposto la mia firma all’atto della fondazione della prima associazione) presso i settori confindustriali italiani, i quali sono tutto tranne che settori produttivi di libero mercato. Mercantilismo semmai, non libero mercato.
Rothbard descrisse tali analoghi consociativismi corporativi come:
«una sorta di “politica di stretta intesa” tra lo Stato e le imprese private, tra il regno della coercizione e quello informato alla volontarietà».
L’operato del compagno Stagnaro va giudicato, in primo luogo, alla luce della sua nomina politica a consulente ministeriale, ovvero alla sua accettazione di un ruolo di intellettuale di corte e di tecnocrate pianificatore atto a suggerire/consigliare a tal dicastero delle imposizioni fiscali e/o tariffarie ritenute “utili ed efficienti” per il “bene comune” (l’erario) sui contribuenti. A differenza di Ron Paul (ed è ovvio che l’America non è l’Italia), la presenza di Carlo nei palazzi delle istituzioni, non si configura in rappresentanza di istanze libertarie. Un libertario farebbe una consulenza semplice-semplice alla ministra Guidi (anche gratis a questo punto), le direbbe che il suo ministero andrebbe abolito!
Data anche la sua nomina, espressione diretta del responsabile di quel dicastero, l’operato di Stagnaro in esso è inevitabilmente un rapporto teso a giustificare in primo luogo l’esistenza e le attuali funzioni ricoperte dallo Stato e da quel Ministero, in contrasto con la critica libertaria all’interventismo statale ed in contrasto con l’etica libertaria. Hans-Hermann Hoppe (che entrambi conosciamo, tu meglio di me ovviamente) in Democrazia il dio che ha fallito spiega come un libertario dovrebbe comportarsi dinnanzi allo Stato:
«Non si deve lavorare o offrirsi di cooperare con lo Stato, (…) e non avere rapporti con chi lo fa (in particolare con chi occupa posizioni di alto livello nella gerarchia statale). Non si deve partecipare alle politiche dello Stato, né collaborare in alcun modo all’attività della macchina politica statale».
Appare evidente come il compagno Stagnaro non segua i suggerimenti di Hoppe. Per tal ragione, l’operato di Carlo nelle stanze ministeriali è moralmente e banalmente analogo a quello di Attilio Befera (pure lui ha avuto l’ardire di dire che le tasse sono troppo alte in Italia, basta per cooptarlo tra i libertari?), ovvero a quello di un grigio burocrate teso a collaborare con il sistema al fine di rendere più efficiente (termine che ho imparato a temere quando è riferito allo Stato) la quotidiana aggressione perpetuata dal Leviatano ai danni dei portafogli e delle vite degli individui. Se il compagno Stagnaro fosse un libertario e un sincero amante del libero mercato, non farebbe il consulente al Democratico Matteo Renzi, né avrebbe mai accettato tale ruolo di consulente ministeriale. Non è difficile se si vive del proprio e si crede in taluni ideali.
Stando a quanto scrivi, il consulente Stagnaro non avrebbe colpe se il ministero e il governo presso i quali presta i propri servigi attuano (“a sua insaputa”) cose disdicevoli e un «mare di altre cose del tutto inaccettabili»!. Tale giustificazione ricorda proprio quelle professate da certi complici dei regimi passati che tu mi rinfacci. Troppo comodo dire ah sì, faceva il consulente di buone speranze, ma non ha responsabilità individuali. Se la pensi così, allora, voglio seguire il tuo ragionamento e provocatoriamente proporre a te (e a tutti i legittimi fans di Carlo) di batterti per far dare tutto il potere al compagno Stagnaro! Paradosso per paradosso sarebbe assai apprezzato dalla pletora di sedicenti “liberali e liberisti” italioti. Per costoro, se ciò avvenisse veramente, lo Stato non sarebbe più ladro, e la rivolta di Atlante (o finanche quella fiscale) contro di esso di punto in bianco non avrebbero più senso.
Francamente tali novecentesche giustificazioni implicano una concezione della “libertà” che è di fatto la totalitaria sudditanza allo Stato e ai suoi governanti da parte dell’individuo. Tutto ciò ha indiscutibilmente una sua logica statalista di fondo, la quale però non ha nulla a che fare con la coerente concezione della libertà che tu (ed altri, lo sai) mi raccontaste per anni.
In conclusione del suo Manifesto libertario, all’interno del capitolo 15 intitolato Una strategia per la Libertà (leggi qui e qui), Rothbard tenta di far capire al lettore che c’è modo e modo per confrontarsi col problema dello Stato: uno è l’approccio del riformismo, il quale pur qualificandosi quale tendenza atta alla riduzione del danno in realtà, molto spesso, si riduce solamente a un tentativo contraddittorio di resa utilitaria (non mi ricordo più la quantità di concioni che ho subito da Lottieri sulle disgrazie dell’utilitarismo Benthamiamo) ed efficentista dello Stato; l’altro è quello di un radicale approccio abolizionista, andando ad incidere sui nodi fondamentali dello statalismo. Mi pare del tutto evidente come il “riformismo del compagno Stagnaro”, giustificato anche da te, non miri a liberare gli individui dal giogo della coercizione della mano pubblica, specie in ambito fiscale, puntando di fatto a mantenersi in una dimensione della libertà delimitata dal giuspositivismo (che ha tra i suoi artefici i Razzi e gli Scilipoti d’Italia) e dalla sua élite ministerial-mercantilista.
Sappiamo entrambi che l’eliminazione dello Stato è ben poco probabile che si realizzi hic et nunc, dunque anche per Rothbard è accettabile una riduzione graduale dello Stato, e se fattibile perfino una tattica politica elettorale, ma affinché essa sia effettiva, efficace e coerente è necessario che essa sia quantomeno assimilabile al modello di Ron Paul, evitando proposte gattopardesche:
«Se poi il libertarismo deve propugnare l’immediato conseguimento della libertà e l’abolizione dello statalismo, e se il gradualismo teorico è in palese contraddizione con questo fine primario, quale posizione ulteriormente strategica potrebbe assumere un libertario nel mondo di oggi? (…) Allora, come possiamo quindi sincerarci se una determinata misura intermedia o uno specifico provvedimento transitorio possano essere salutati come un passo in avanti, ovvero censurati quali un tradimento opportunistico? Ci sono due criteri di vitale importanza per rispondere a questa domanda cruciale: (1) quali che siano le esigenze transitorie, il fine ultimo della libertà deve sempre essere tenuto in altissima considerazione come l’obiettivo da conseguirsi; e (2) che i passi realizzati o i mezzi intrapresi non siano suscettibili di contraddire, né in maniera esplicita, né in maniera implicita, l’obiettivo finale. Una richiesta di breve periodo potrebbe anche non condurci lontano come invece ci si attenderebbe, ma dovrebbe pur tuttavia essere coerente con il fine ultimo; in caso contrario, lo scopo a breve termine contrasterebbe con il traguardo di lungo periodo, e si materializzerebbe la liquidazione opportunistica del principio libertario».
Secondo Rothbard, in assenza di proposte incisive ed abolizioniste, l’approccio gradualista riformista ed efficentista diventa una sterile aporia, sclerotizzandosi gradatamente in un riformismo che diventa l’anticamera della liberal-social-democrazia, il quale è il terreno di coltura degli opportunisti di destra.
«Il problema principale che si riscontra con gli opportunisti è che, limitandosi costoro a programmi graduali e “pragmatici”, i quali si distinguerebbero per la loro discreta possibilità di essere immediatamente adottati, rischiano di fatto di perdere completamente di vista l’obiettivo finale, lo scopo effettivo del libertarismo. Colui che si limita ad invocare una riduzione del due per cento delle imposte contribuisce ad affossare l’obiettivo finale dell’abolizione integrale di qualsivoglia imposizione fiscale. Concentrandosi esclusivamente sui mezzi immediati, egli arreca grave nocumento alla realizzazione del fine ultimo, e quindi alla stessa logica di essere un libertario, in primo luogo. Se gli stessi libertari rifiutano di tenere alta la bandiera del principio puro, del fine ultimo, chi mai lo dovrà fare? La risposta è: “nessuno”. Quindi, un’altra causa importante di defezione dalle fila, che si è registrata negli ultimi anni, è da imputarsi a questa deriva tesa all’opportunismo».
Se si riconosce e si ammette che lo Stato è votato alla distruzione della ricchezza, è intellettualmente allucinante esaltare la funzione di chi collabora in tale meccanismo collettivistico espropriatore, ponendo dubbi solamente sulla sua efficacia e vigente finalità di scopo. Tu, caro Marco, mi hai fatto conoscere e spiegato Rothbard (ma anche Calhoun e Hoppe, ecc.), che in Anatomia dello Stato scrisse che:
«Lo Stato è quell’organizzazione della società che tenta di mantenere un monopolio nell’uso della forza e della violenza in una data area territoriale; in particolare, è la sola organizzazione nella società che ottiene le sue entrate non con contributi volontari o in pagamento di servizi resi ma con la coercizione. Mentre gli altri individui o istituzioni ottengono il loro reddito con la produzione di beni e servizi e con la pacifica e volontaria vendita di questi beni e servizi agli altri, lo Stato ottiene il suo reddito con l’uso della costrizione, cioè con l’uso e la minaccia della prigione e delle baionette (…) Lo Stato, nelle parole di Oppenheimer, è l'”organizzazione del mezzo politico”, è la sistematizzazione del processo predatorio su un dato territorio. Essendo la criminalità, nella migliore delle ipotesi, sporadica e incerta, il parassitismo è effimero, e il cordone ombelicale coercitivo e parassitario può essere reciso in ogni momento dalla resistenza delle vittime. Lo Stato fornisce un canale legale, ordinato e sistematico per la spoliazione della proprietà privata; è per mezzo dello Stato che il cordone ombelicale che lega la casta parassitaria alla società viene reso certo, sicuro e relativamente “pacifico”. Dal momento che la produzione deve sempre precedere la spoliazione, il libero mercato è anteriore allo Stato. Lo Stato non è mai stato creato da un “contratto sociale”; è sempre nato dalla conquista e dallo sfruttamento».
Al mondo, peggio di un politico, di un imprenditore, di un economista o di un accademico con idee sbagliate vi è solo un politico, un imprenditore, un economista o un accademico che non hanno il coraggio di enunciare, di difendere o di descrivere tali idee per ciò che sono; mentendo spudoratamente, cambiando per opportunità opinione, toni, il significato dei termini o dei concetti, quale bispensiero e neolingua, laddove egli riscontri che essi non siano funzionali tra la gente per prendere voti, né più utili o confacenti per la propria carriera o per giustificarla. Potrei, qui di seguito, inanellare una serie di casi, con nomi e cognomi, di durissime critiche avanzate dal compagno Carlo, in anni passati, verso coloro che non erano considerati libertari, ma tiepidamente liberali, o peggio.
Il Movimento Libertario oltre alla sua attività culturale e politica, in questi anni ha organizzato vari convegni, incontri, dibattiti e conferenze orientati alla divulgazione delle idee coerentemente liberali, oltre ad aver messo in campo azioni di disobbedienza civile e fiscale contundenti, ruspanti, non di rado forti nei toni, così da guadagnarsi l’arricciamento del naso – e uso parole tue – di chi “adora pasteggiare a Brunello di Montalcino”. Suvvia, in parte lo dici nella tua lettera qui riportata, ma sai bene che è abbastanza essere persone intellettualmente libere, oneste e con un briciolo di perspicacia, per comprendere come l’operato di Carlo nelle stanze dei bottoni del Ministero dello Sviluppo Economico (la sola denominazione mi fa rizzare il pelo) non sarà e non potrà mai essere antistatalista né di alcun reale beneficio alla causa della libertà.
Caro Marco, da quando ho abbracciato le idee che ci accomunano, ho sempre sperato in collaborazioni – ciascuno nel suo ruolo ovvio – tra chi del libertarismo doveva fungere da “militante” (il Movimento Libertario ad esempio) e chi doveva vestire i panni dell’intellettuale (io sono solo un buon comunicatore e un piccolo imprenditore). Ma la verità è che in questo paese di merda è meglio stringere la mano a un parassita come Sacconi e farsi fare le prefazioni da D’Alema che stare con gente brutta, sporca e cattiva come me, che ogni tanto tira giù anche qualche vaffanculo. Meglio stare con Confindustria che con Giorgio Fidenato e quegli “zoticoni” di Agricoltori Federati. Se la sinistrata classe dirigente dell’Italia è divenuta la ragione sociale dell’Istituto Bruno Leoni un motivo c’è e lo conosci bene anche tu.
Scusami se mi sono dilungato, ma per il rispetto che comunque ti porto (e per quello che ho per i lettori di questo sito) mi pareva doveroso cominciare a chiarire un po’ di cosucce, prendendo spunto dalla tua lettera. Considera questo botta e risposta per quello che è, un chiarimento sincero sul fronte delle idee e delle azioni, non un motivo di rottura, nonostante il fatto che ci si trovi su sponde opposte rispetto alle scelte del compagno Stagnaro, rispetto al quale non nutro alcun risentimento personale sia chiaro.
Ho colto questa occasione, da qui la prolissità della risposta, per dettagliare un po’ il mio punto di vista ideologico, che mica era un mistero peraltro. Su questioni del genere non risponderò più, cazzo mi hai costretto a ore di lavoro extra! Per il resto, sappi solo che io non ho la verità in tasca, ho solo la libertà in testa.
Con cordialità…
Arrivo un po’ lungo, lo so , ma devo rammaricarmi della tiepidezza delle posizioni di Leonardo Facco. Speriamo che nell’anno che viene, come promesso, affili i denti e morda davvero.
Leggo infatti e vedo che alla replica di Leonardo manca un argomento essenziale, quello che supera secondo me ogni altra considerazione.
Non conosco Stagnaro e perfino non so che faccia abbia. So che da posizioni liberali è passato a fare il consulente del ministero dello sviluppo economico e da quella posizione ha cambiato d’imperio le regole del gioco, misconoscendo i contratti firmati dallo stato e imponendo delle modifiche unilaterali.
In questo modo ci fa risparmiare 800 milioni all’anno di costi di rinnovabili, ma questo forse apprezzabile risultato è ottenuto mediante un’attività dello stato che andrebbe definita per quel che è: criminale.
Il settore delle rinnovabili è stato sovvenzionato in maniera sconsiderata dagli stati e sarà in futuro annoverato tra le maggiori stupidaggini compiute in materia energetica. Il peso di questi errori grava sul sistema, e quindi su tutti, mentre i vantaggi vanno a pochi e senza meriti se non quello di essere parassiti capitati al momento giusto con la legge giusta.
Rimane il fatto che contratti sono stati firmati e privati hanno investito loro danaro in attività per le quali era stato promesso un ritorno che Stagnato ha combattuto per ridurre. Lo stato ha fatto quello che a nessuno è consentito di fare: rinnegare la parola data, disconoscere le proprie obbligazioni, modificare d’autorità contratti liberamente sottoscritti.
La diminuzione del carico fiscale è una cosa buona e giusta, non si discute, ma non è unica cosa che dovrebbe importare ad un uomo libero; altrimenti i’Arabia saudita (dove non si pagano tasse) o il Califfato (idem) sarebbero paradisi di libertà.
Lo stato che non rispetta la parola data implicitamente dichiara il cittadino un suddito non solo tassabile a piacimento ma anche indegno della minima considerazione che si dà anche agli schiavi ed ai miserabili, quello di rispettare la parola data.
Questo andava e va detto, questo è il crimine che Stagnaro ha compiuto: un offesa alla dignità dell’uomo.
In effetti, come ho già fatto notare, esiste una contraddizione di fondo nel libertarismo, in quanto esso disegna un modello di società e quindi, almeno per ora deve se vuole ottenerlo fare politica.
Ora, la politica e lo stato sono molto vicini…
Scusate ma dov’è lo scandalo? Mi risulta che Stagnaro ha un figlio piccolo, evidentemente non ho trovato lavoro nel suo campo, l’ingegneria, e adesso lavora come statale pagato da tutti noi. Le idee sono belle ma la pagnotta non te la danno rothbard e hoppe. Aspettiamoci cose analoghe dall’altro genio, il Mingardi… quando i soldi di papino finiranno hai voglia a vivere di aria libertaria…
questi libertari ex puri e duri mi ricordano quei comunisti che mentre predicavano l’estinzione della proprietà privata poi mangiavano con il padrone pur di comprarsi la seconda casa al mare… ah, l’italia…. a proposito: quanto costa ai contribuenti il denaro pubblico dato a stagnaro? Insomma il libertario del tigullio alla fine quanto si intasca?
@Luca F.
No, non mi convince per niente. Un Libertarian messo in carcere per evasione fiscale dovrebbe quindi rifiutarsi di mangiare cibo in carcere perchè il carcere è ente statale. Un Libertarian russo si sarebbe dovuto rifiutare di lavorare e farsi uccidere nel periodo URSS, perchè quel lavoro era fatto per lo Stato? E un pensionato dovrebbe rifiutare la pensione INPS perchè statale? La situazione attuale in Italia non è diversa. Qualsiasi comparto è praticamente di dominio statale. E LA7 e Mediaset sono comunque parastatali con frequenze assegnate dallo Stato. No, non è convincente. Stagnaro non sarà Libertarian, ma lavorare per lo Stato, in Italia, non può escludere l’essere Libertarian.
@Raffaele
Ma hai letto ciò che ho scritto in precedenza?. Guarda che non ho scritto da nessuna parte che un libertarian messo in carcere per evasione fiscale dovrebbe rifiutarsi di mangiare cibo in carcere perchè il carcere è ente statale.
Né ho scritto che un libertarian russo si sarebbe dovuto rifiutare di lavorare e farsi uccidere nel periodo URSS, perchè quel lavoro era fatto per lo Stato. Né ho scritto che un pensionato dovrebbe rifiutare la pensione INPS perchè statale.
Io ho citato l’articolo di Rothbard il quale sostiene chiaramente l’esatto contrario di ciò che fallacemente tu mi attribuisci: non bisogna giudicare le normali interazioni frutto della coercizione subita nel monopolio di un servizio, bisogna invece giudicare le interazioni volontarie che tendono ad essere funzionali ad incrementare o a collaborare con lo statalismo vigente.
Nella fattispecie il lavoro di Stagnaro al Ministero dello Sviluppo economico è una forma di collaborazionismo che giustifica lo Stato e la sua funzione.
Non è un obbligo lavorare per il ministero dello Sviluppo Economico, dunque se Stagnaro lo fa di sua spontanea volontà, non può certo essere paragonato a chi subiva le vessazioni del Leviatano ai tempi dell’Urss né a quegli individui che come Fidenato subiscono le vessazioni fiscali dello Stato italiano.
Non è vero che ogni comparto ha il medesimo grado di interazione con lo Stato, non viviamo in uno Stato totalitario come era l’Urss e nel caso radiotelevisivo appare evidente come vi siano varie offerte private.
LA7, Sky e Mediaset sono aziende private che non vivono di soldi pubblici frutto della tassazione, la loro interazione con lo Stato per le frequenze è accessoria ma non funzionale al loro mantenimento.
Stagnaro non è un libertarian come non lo è chi comunque lavora per lo Stato laddove potrebbe invece scegliere di lavorare in un settore privato.
@ Luca F.
Non ho mica scritto che Leonardo ha dato del traditore a Stagnaro. Me ne guarderei bene. Ho scritto, che, (nonostante appaia quasi palese a tutti) non posso credere che sia una sorta di traditore. E insisto, dicendo che si potrebbe discutere per ore sulle scelte e le strategie di ogni singolo Libertarian e di quanto sia o possa essere più o meno colluso con lo Stato. Del resto mi sembra debole anche la difesa di Rothbard, ossia che la scuola viene prima della scuola sovvenzionata dallo Stato. O meglio, io sono d’accordo con Rothbard, è giusto che un tecnico telefonico specializzato possa esercitate anche se pagato dallo Stato, dato che questo è il suo mestiere e non ha trovato altro. E sicuramente è anche giusto che vi siano più livelli di responsabilità e che magari il lavoro di Stagnaro per il ministero sia più “statalista” e vicino al male di quanto lo sia un imprenditore che prende appalti anche per lo Stato.
Però considero il fatto che un Libertarian sincero che lavora per lo Stato sia diverso da un Libertarian finto che lavora per lo Stato.
Certo per me non è Libertarian un cittadino che si spiega pubblicamente in difesa dell’IMU. Questo si è molto grave. Dato che un tecnico della RAI Libertarian può sempre dire che è d’accordo per la privatizzazione RAI ed essere anche contro il canone.
Rothbard diceva, nell’Etica della Libertà, che un vero Libertarian deve essere sempre pronto a poter schiacciare il tasto della Libertà subito, senza riformismi e compromessi.
Stagnaro, chiediamoglielo, (si può fare???) sarebbe pronto a schiacciare quel tasto di cui parlava Rothbard? Stagnaro, schiaccerebbe quel tasto che eliminerebbe di botto ministeri, aziende statali, tralicci statali, tasse e IMU di botto?
@Raffaele
Un libertarian sincero non lavora per lo Stato, tale collaborazionismo lo rende in sé un falso libertario.
Altro discorso è asserire, come peraltro fa Leonardo nella sua risposta, che i libertari possano fare politica anche all’interno delle istituzioni, venendo eletti in Parlamento e conducendo da lì battaglie di principio.
Ron Paul nella sua decennale carriera politica, condotta alla Camera e nelle commissioni parlamentari, ha sempre compiuto delle battaglie di principio nonostante fosse all’interno di un partito tutt’altro che libertario (qual è il GOP) e nelle istituzioni federali di Washington DC.
Ma Ron Paul lo faceva in virtù del mandato elettorale ricevuto dai suoi elettori e del suo essere un libertario che non ha mai proposto o votato in favore di un aumento delle tasse.
Stagnaro non solo non è stato eletto, non solo ha in passato caldeggiato nazionalizzazioni e un aumento dell’IMU, ma la sua è stata una nomina per cooptazione ministeriale, il che è assai indicativa del suo non essere libertario (a meno che non si voglia asserire per la proprietà transitiva che il ministro Guidi è anch’essa una libertaria).
Ovviamente nel caso di Stagnaro non è solo una questione di forma (la sua non elezione democratica), quanto anche di sostanza.
A ogni modo in Italia a differenza che negli Usa, la questione dell’elezione di un libertario in Parlamento va valutata anche alla luce del partito per cui ci si candida, dato che non vi è un regime bipartitico e in ogni caso il centrodestra e centrosinistra italiani hanno ampiamente dimostrati di essere liberticidi.
Non a caso il ML aveva proposto in ambito elettorale quale partito libertario miniarchico Forza Evasori (il quale non ha mai visto Stagnaro tra le sue fila) sostenendo ora Liberi Comuni d’Italia di Rivo Cortonesi.
Ovviamente il grado di interazione (dunque anche di collaborazione) con lo Stato dev’essere analizzato alla luce delle sue alternative disponibili.
Certo potrebbero anche teoricamente esserci dei tecnici della Rai individualmente libertari e contrari al pagamento del canone, il problema è che il loro contesto di lavoro (sebbene di minor rilievo rispetto a chi occupa il Cda Rai) è comunque contraddittorio e incoerente con le loro idee professate.
Ma a differenza di Rothbard (il quale era in un settore monopolizzato dallo Stato), costoro potrebbero liberamente optare di non lavorare in Rai preferendo Mediaset, La7 o altre reti televisive locali private.
Se non optano per il privato è ovvio che la loro coerenza sia assai risibile, dato che pur essendoci la possibilità di non sottostare ad un servizio pubblico statale costoro non ne approfittano.
Questo comporta che tutti i dipendenti della pubblica amministrazione, laddove possano scegliere in regime di concorrenza in favore del privato, qualora non optino per il privato siano altamente discutibili quanto a loro presunte idee libertarie.
Un libertario opta sempre per soluzioni di libero mercato se esse sono disponibili.
E’ ovvio che il Ministero dello Sviluppo Economico non sia un soggetto di mercato e che la sua scelta non sia analoga a quella di un ente sussidiato indirettamente dallo Stato (come ad esempio l’università in cui Rothbard insegnò).
A mio personale giudizio, ma anche Leonardo lo scrive nel suo articolo, Carlo Stagnaro non sarebbe pronto a schiacciare quel tasto di cui parlava Rothbard, altrimenti non avrebbe accettato per principio una sua nomina in un ministero come quello dello sviluppo economico!.
Se Stagnaro ha accettato la nomina di consulente significa che egli reputa al pari dell’IMU, quel ministero importante per la sua carriera e per ciò che economicamente esso rappresenta (alla luce delle tante aziende statali che esso sussidia e controlla).
@ Raffaele:
Sì, etichettarlo come traditore per una sua scelta professionale infelice è una personalizzazione odiosa e inaccettabile tra persone civili.
Traditore…? Beh, però ci sono elementi per trarre dei giudizi, io ad esempio la storia della lettera dell’imu non la sapevo, il mio giudizio non può essere che riassunto in una parola: incoerente.
Incoerente verso i princìpi libertari. Mi sa che “traditore dei princìpi libertari” ci sta benissimo.
Al contrario, Rothbard (parlo a Raffaele) non può essere accostato solo perché si è servito dello stato per insegnare a distruggerlo, un guastatore deve per forza andare nel territorio del nemico per piazzare l’esplosivo. Anche Carlo Lottieri lo fa, e nel farlo è coerente con i princìpi libertari. Non si può discriminare artigliere e guastatore che hanno comunque tutti e due un nemico comune solo perché operano da posizioni diverse.
Anzi, trovo esaltante che l’organismo da distruggere sia difettoso in partenza, ovvero, accolga al suo interno “virus” a lui estranei e dannosi per la sua sopravvivenza.
L’analisi va spostata sul chiedersi: “è un vero “virus”, oppure finto”? Giudicate voi.
Se la risposta è: “vero virus”, allora non è un traditore.
Se invece è: “finto virus”, allora è traditore.
Un saluto .
@ depaoli.fabrizio:
No, volevo solo respingere qualsiasi idea che tu potessi leggere nei miei commenti (nessuna insinuazione) sulla necessità dello Stato, tutore dei diritti (un non senso, appunto).
Ok. Chiarito l’equivoco. Ritiro la domanda.
Un saluto .
Sul residuo Pedante ha praticamente quasi ragione: ci rimane un barlume di speranza Cristiano. Ma l’importante non è trasformare la società, è trasformare noi stessi e cercare di squadrare sempre meglio (mi si perdoni l’esempio Massonico) il nostro animo Liberale.
Ho sentimenti contrastanti. Da un lato non posso che ammirare Leonardo Facco per il suo coraggioso e coerente impetto Liberale, (si, Liberale, alla faccia della neolingua), non posso che lodare la verticalità e la fierezza del Piombini, ma non posso credere che Carlo Stagnaro sia una sorta traditore. Certo, praticamente non lo conosco, ma si può arrivare a tanto? Non credo che accettare un incarico al ministero possa essere indice di cambiamento radicale, anzi potrebbe essere, se fatto in modo sincero, un evento per dare sostenibilità reale e sdoganamento ai nostri ideali, per cui mi chiedo: Stagnaro, a prescindere dalla sua folle lettera in difesa dell’IMU, (Leonardo, nel tuo programma di Forza Evasori, contrariamente a quello di Liberi Comuni c’erano tracce di tasse), è ancora un Liberale? E’ ancora un Libertarian? E’ ancora un sostenitore coerente e dichiarato di Rothbard, Hoppe, Block, De Soto, Rockwell? Non dimentichiamo che Rothbard era un insegnate pubblico!!!!!
Liberali sempre! Anche quando si mettono a rischio le proprie carriere! Compromessi magari si, ma sempre nella visione di un tornaconto per la causa Liberale! Come diceva Mises, non lasciamoci piagare dal male, ma combattiamolo, con ancora più forza, con ancora più coraggio, con ancora più determinazione!
Bravo Facco e bravo Piombini (anche se sull’Euro…..).
@Raffaele
Non mi pare che Leonardo nella sua risposta a Bassani abbia dato del traditore a Stagnaro.
Leonardo ha scritto che:
Stando anche agli autori libertari citati nell’articolo, appare del tutto evidente come la collaborazione di Stagnaro presso il Ministero dello Sviluppo Economico sia tutto tranne che libertaria ed antistatalista.
C’è una notevole differenza tra Stagnaro e Rothbard e di fatto il paragone non è calzante.
Rohtbard era un insegnante pubblico?.
Rothbard insegnò al Brooklyn Polytechnic Institute e al Butt Business School all’University of Nevada, Las Vegas, entrambi gli istituti erano enti educativi e come tali ricevevano anche fondi pubblici. In America ogni college o università riceve fondi pubblici statali e/o federali, dunque tale condizione esula dall’operato e dalla volontà di Rothbard in qualità di insegnante. Egli lo scrisse chiaramente in questo suo articolo, Come devono comportarsi i libertari in un mondo statalizzato
Rothbard e in seguito Hoppe hanno spiegato, in linea con Acton, come l’interazione tra libertari e Stato diventa sempre più deleteria man mano che essa diventa ravvicinata al potere coercitivo del Leviatano.
Appare evidente come lavorare in un ministero sia una interazione superiore (e carica di conseguenze) rispetto al prendere un mezzo pubblico o all’utilizzo di una strada pubblica.
Come ha spiegato Block quotidianamente se lo Stato ha un monopolio totalizzante su un bene o un servizio (ad esempio l’educazione o sulla moneta) ciò non significa che i libertari non possano usufruire di tali beni o servizi specie laddove coattivi (si pensi all’uso quotidiano di fiat money).
Rothbard nonostante il suo ruolo accademico non ha mai mancato di denunciare il Leviatano. Accusare Rothbard di incoerenza o di scarso antistatalismo per via dei finanziamenti pubblici ricevuti dagli istituti presso cui ha insegnato è un assurdo. Rothbard non ha tratto beneficio né ha direttamente collaborato con lo Stato, né ha responsabilità nell’accettazione da parte dell’università anche di finanziamenti pubblici.
Non vi è alcuna prova che certifichi che Rothbard abbia beneficiato di quei soldi pubblici stanziati dallo Stato alle sedi dove ha insegnato.
L’interazione di Rothbard con lo Stato è stata inferiore e del tutto incosistente rispetto a quella di Stagnaro, e non solo in termini di gradiente ma anche sul piano comportamentale, dato che il secondo non era obbligato ad accettare tale incarico ministeriale per la promozione delle idee di libero mercato.
Il Ministero dello Sviluppo Economico non è un ente educativo, né è un ente privato, esso costituisce la spina dorsale dello Stato e dello statalismo economico, dunque è evidente come la sua collaborazione in esso sia assai più compromettente della condotta di Rothbard.
@ depaoli.fabrizio:
Ricorrere alla costrizione per difendersi contro la costrizione è un non senso.
Siamo d’accordo che un esempio di autodifesa può ispirare altri e di conseguenza limitare la sfera di manovra del bullo.
Scusa, ma dove avrei ricorso alla costrizione per difendermi dalla costrizione?
@ depaoli.fabrizio:
D’accordo che il prepotente cambierà i suoi comportamenti in base alle circostanze (l’analisi costi-benefici) ma le tendenze comportamentali no, sono innate. Riguardo al bullo dell’asilo, resistenza alla sua prepotenza non farà che modificarne l’espressione materiale. In ogni probabilità cambierà solo l’oggetto della sua persecuzione, scegliendone più arrendevole.
Parlare al prepotente per farlo ragionare (chissà se non attribuisca un valore astronomico al puro piacere che i suoi soprusi gli recano) è secondo me un’impresa inutile, uno spreco delle risorse scorse di tempo ed energia. Evidentemente Stagnaro è della stessa opinione di te sull’educabilità del potente.
A me interessa che il prepotente cambi i comportamenti nei miei confronti, e credo che sia quello che dovrebbe interessare tutti per una pacifica convivenza, non voglio mica cambiargli il carattere, da libertario amo la diversità.
“Il bullo dell’asilo In ogni probabilità cambierà solo l’oggetto della sua persecuzione, scegliendone più arrendevole.”
Sì, è probabile, ma intanto i soggetti che subiranno la sua prepotenza saranno sempre meno, e questo è già un successo, inoltre quelli che ancora la subiscono potranno imparare che è possibile contrastare la sua prepotenza facilitati anche dal ridimensionamento della spavalderia del prepotente.
Ma dimmi una cosa: non starai mica insinuando la necessità di uno stato monopolista della forza che serva a tutelare i più restii a difendersi?
Sai bene che se non debelli completamente il virus questo tenderà di nuovo ad incancrenire tutto il tessuto.
Io non conosco le reali intenzioni di Stagnaro, né voglio educare il prepotente, voglio solo limitare le sue azioni prepotenti nei miei confronti agendo sulle circostanze, quindi modificandole.
Le circostanze da modificare sono: non riconoscere l’autorità del prepotente ed iniziare a difendermi da esso.
Nella fattispecie poi il bullo della metafora è lo stato, il quale è ancora più fragile del bullo dell’asilo poiché trae la sua forza dal furto di merendine, anche da quelle dei più deboli. Ma se per vivere il bullo ha bisogno di dieci merendine e i cinque più forti della classe si rifiutano di consegnare la loro lui muore, risolvendo automaticamente il problema anche ai cinque più deboli della classe.
Un saluto .
Il problema è che quando lo stronzo si nasconde dietro lo stato la sua prepotenze è addirittura legittimata dalla “legge”.
Nessuno potrebbe biasimare il bambino che si difende perchè il prepotentello di turno vuole rubargli la merenda. Ma se ti opponi al fisco rapace che vuole sottrarti il frutto del tuo lavoro diventi un evasore, un delinquente, un bandito sociale.
So bene come funziona, a tutti quelli che mi daranno del bandito, siccome sono coerente, allora risponderò: “io voglio rinunciare ai “servizi” dello stato, se voi continuate a volermeli imporre è un problema vostro”
Un saluto .
Ma il fatto che possiamo classificare certi individui come “stronzi” significa che le loro tendenze comportamentali e le loro personalità sono essenzialmente fissi. Lo stronzo o il prepotente dell’asilo nella mia esperienza sarà lo stronzo magistrato o poliziotto da grande. Il lupo e il suo pelo, insomma.
Credo che l’assetto caratteriale libertario è e sarà sempre in netta minoranza nella società.
Che le persone non siano tutte uguali caratterialmente è indubbio, è proprio per questo che nei millenni si sono istituiti dei princìpi accettati come naturali, per convivere pacificamente nonostante i prepotenti.
Ma, “che le loro tendenze comportamentali e le loro personalità sono essenzialmente fissi” non è vero: tutti noi (buoni o cattivi) agiamo mossi dall’interesse, e quando il prepotente trova filo da torcere il suo interesse viene meno o comunque si riduce, a quel punto anche lui modificherà le sue tendenze comportamentali perché non le troverà più utili al soddisfacimento del suo interesse.
Detta in modo più semplice: se il bambino dell’asilo, abituato a rubare la merendina ai suoi coetanei, ogni volta che ci provasse prendesse un calcio nei denti, dopo un po’ credo che modificherebbe il suo comportamento semplicemente perché non gli converrebbe, fosse anche solo perché non ha più denti per masticare le merendine.
Ma a chi dobbiamo parlare noi? Al libertario affinché si autodifenda, o al prepotente affinché cambi testa?
A tutti e due credo, anche al prepotente, non avendo però la pretesa di fargli cambiare testa ma (se non è completamente scemo) facendogli capire che alle sue azioni seguiranno REAZIONI per lui non convenienti, e che noi possiamo permetterci quelle reazioni poiché sono in linea con i princìpi che dovrebbero interessare anche lui.
Insomma, un invito alla coerenza, …seguito da un calcio nei denti qualora non venisse accettato e il prepotente tendesse a sconfinare nella prepotenza.
Le loro tendenze comportamentali quindi dipendono da noi e possono essere modificate.
Un saluto .
Leo semplicemente unico: hai colpito il segno al 100%
@ depaoli.fabrizio:
Le due parole non saranno mie ma bastano per rendere l’idea:
http://www.anticorpi.info/2013/06/i-rimanenti-sanno-cosa-significa-essere.html
L’intuizione di Nock (e anche di Chodorov) sull’inneità delle qualità del libertario tende a essere ignorata (volutamente?) dai libertari contemporanei (forse perché cozza con l’egemonico marxismo culturale dei nostri giorni).
Io invece credo non solo che libertari si nasce non si diventa ma che la proclività al libertarismo è si estende anche al gruppo di popolazione. In altre parole pure se bombardassero l’Afganistan con copie di L’azione umana anziché con il tritolo non riusciremmo a trasformarlo in una società liberale.
Ti ringrazio, ho letto ma non mi convince del tutto, molta gente non è scema a tal punto di non poter comprendere il pensiero libertario: è solo stronza, sostituisce la fatica di competere con la scorciatoia del potere politico (in senso ampio) calpestando sistematicamente i princìpi in cui crede un libertario che però, guarda caso, vengono momentaneamente ripristinati nel momento in cui sono gli stronzi stessi ad essere le vittime.
Credo che manchi coerenza più che intelligenza.
Un libertario cosa ha più di loro? La purezza, la serenità, la capacità di fottersene del giudizio altrui, la piena consapevolezza di sé e dei suoi limiti, la coerenza, e loro lo sanno, su questo si deve far leva fino a suscitare negli stronzi un sentimento di invida positiva che li potrà far evolvere nella direzione giusta.
Gli stronzi in fondo non sarebbero un problema se non si vivesse in un sistema democratico che li tutela ed incentiva e che li fa diventare più “importanti e sicuri” di quanto sarebbero in una realtà senza stato ma di princìpi. Direi che probabilmente farebbero meno gli stronzi.
E torniamo al solito punto: agli stronzi interessa la ricchezza di altri, quindi credo che la prima cosa che debba fare un libertario sia di proteggersi e, col sorriso sulle labbra nel puntarti la pistola in faccia (per proteggersi, beninteso) spiegarti perché lo fa.
Bisogna essere bastardi, …non stronzi.
Grazie ancora.
Un saluto .
Sicuramente il botta e risposta tra Marco Bassani e Leo Facco si pone come una interessante e gustosa esposizione dei principi cardine del libertarismo.
Ed ancora una volta ne esco con la convinzione, sempre più rafforzata in me, che pretendere di risolvere i mali che ci attanagliano in virtù del ricorso ala soluzione politica sia non solo un tentativo velleitario, bensì un’opzione del tutto contraddittoria e destinata al fallimento più totale. Affidarsi al canale politico per limitare o contenere il potere dilagante ed esorbitante del Leviatano è come pensare di combattere una febbre da cavallo contraendo volontariamente la più terribile delle infezioni virali.
Con Leo tutta la vita.
Il grande problema è che uno Stagnaro “al governo” rischia di far fraintendere, con la sua visibilità, le idee libertarie.
Un giorno arriverà qualcuno a dirti “ah, tu sei un libertario, come Stagnaro. Quello che…” e aggiungerà qualcosa che con il libertarismo non ha nulla a che fare.
A me basta e avanza questo.
Appunto: già abbiamo avuto un perenne socialista che rifondando il partito socialista ha dichiarato che avrebbe fatto la rivoluzione liberale e ci siamo fottuti il liberalismo, possiamo evitare di fotterci anche il libertarismo?
Comunque per sicurezza io mi definisco un anarchico che crede nella proprietà privata, almeno evito fraintendimenti.
Certo, si rischia che ti accusino di piazzare bombe, ma pace.
Marco Bassani e Leonardo Facco hanno argomentato con bravura le rispettive visioni.
Personalmente preferisco non prendere posizione, perché sono ancora scioccato per la lettera accorata che Carlo Stagnaro scrisse sul Foglio l’anno scorso, nella quale chiedeva al presidente del consiglio Enrico Letta di non togliere l’IMU sulla prima casa (a quanto pare l’hanno preso in parola).
Rischierei quindi di perdere la serenità di giudizio, e di farmi sfuggire qualche frase impulsiva.
In merito a Ron Paul, non credo che Rockwell abbia mai preso sul serio la possibilità di una riuscita campagna per la nomina repubblicana alle presidenziali (stolto non è di certo), ma nel promuovere la candidatura di Paul è riuscito a diffondere una visione di libertà e società civile. L’obiettivo era più la divulgazione del messaggio libertario di fronte a una barriera di opposizione mediatica e istituzionale che non la nomina di per sé.
Il Sistema ha una tale inerzia che è più sensato seguire il consiglio di Nock e puntare sul rimanente di Isaia.
Ti chiedo umilmente di spiegarmi in due parole il consiglio di Nock ed il “rimanente di Isaia”.
Ti ringrazio in anticipo.
Un saluto .
Il divario fin troppo evidente tra gli ideali della Chiesa e il suo operato non significa che tali ideali si debbano adattare all’imperfezione umana.
“derisoria”!
Anche a me dà fastidio l’etichetta – obliquamente derisorio – di “duri e puri”, come se l’incoerenza intellettuale e il relativismo fossero qualità più ragionevoli o addirittura pregevoli.
Se non ricordo male, Stagnaro si era detto rattristato dall’infelice destino politico di Martino; spero che lui a sua volta non venga ingoiato dall’abisso nietzschiano.
La risposta di Leo è semplicemente fantastica. Il suo rigore intellettuale non può che essere di esempio e sostegno a tutti coloro che, a torto o a ragione, si professano Libertari in questo triste paese…Grazie Leo
Condivido la risposta di Leonardo Facco al 100%.
Credo che anche volendo giustificare Stagnaro come una specie di “cavallo di troia” sarebbe comunque, in quel contesto, controproducente per l’affermazione del pensiero libertario poiché dal momento che questo sistema economico socialista e statalista è comunque destinato al fallimento, e dal momento che prima del fallimento ci sarà per forza ancora una fase di peggioramento, credo che in quella fase si offrirebbe uno spunto per mistificare, colpevolizzare, strumentalizzare, il pensiero libertario come già avviene con il finto liberismo o col finto capitalismo. Intendo dire che vengono mosse colpe al capitalismo quando in questo momento non esiste nemmeno l’ombra di un vero capitalismo e si potrebbe correre il rischio che il libertarismo subisca attacchi e sputtanamenti immeritati e pretestuosi dello stesso genere.
Son d’accordo con Facco: in questa giungla di serpi velenose l’unica cosa giusta da fare è essere coerenti e non scendere a nessun tipo di compromesso.
Un saluto .
Un libertario che accetti, entrando addirittura a far parte di organismi istituzionali, di collaborare con lo Stato, con la pretesa velleitaria di addomesticarlo e magari di trasformarlo in ciò che non fu mai, non è, né mai potrà essere, si comporta allo stesso modo di un candido fraticello francescano che si affiliasse a Cosa Nostra per redimerla e santificarla.
Un onore poter stringere la mano a Leonardo Facco: poche persone sarebbero capaci di rispondere in modo così intellettualmente integro alla forma peggiore di attività statalista: quella che dice di voler contribuire a difendere la libertà mischiandosi (anche tramite una semplice consulenza) con quel potere politico che giorno dopo giorno, grazie al positivismo giuridico, la distrugge sempre di più. Questo stato è un’organizzazione criminale: collaborare con esso o difendere chi vi collabora vuol dire lavorare contro la libertà, non per essa.
Condivido pienamente quanto argomentato da Leonardo in risposta a Bassani.
Infatti quello che sto leggendo l’ho comprato da Guglielmo :)
Voglio ringraziare Marco Bassani per aver provocato questa lezione di Libertarismo da parte di Leo. Sono a metà di un libro di Bassani e credo che me li comprerò tutti, magari nello shop del Movimento Libertario. Ancora, grazie di esistere a tutti e due.
Purtroppo non li ho in catalogo, ma ti consiglio di acquistarli alla Libreria del Ponte.
I libri di Marco li ho letti tutti e sarebbe imperdonabile per un libertario non acquistarli e non leggerli.
Io la faccio più breve di te Leonardo ed ai lacché renziani oppongo dati incontrovertibili e ragionamenti rigorosi.
Mandi
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Quella dei furti su commissione sarà l’ultima spiaggia di Renzi per non passare per un bischero.
http://renzoslabar.blogspot.it/2014/01/aiuti-di-stato-con-i-soldi-degli-utenti.html
Notizia di 6 giorni fa ed è tutto dire.
http://www.qualenergia.it/articoli/20140710-tagli-al-fotovoltaico-londra-dovr%C3%A0-rimborsare-gli-operatori-danneggiati
Mia lettera inviata tramite e-mail a vari organi d’informazione il giorno 26.06.2014 alle ore 10:07.
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I fatti, le opinioni
e la corretta informazione
I fatti riportati a suo modo dalla informazione del passato ha prodotto l’Italia d’oggi, ovvero una nazione allo sbando.
L’informazione dei fatti d’oggi invece ci proietterà in un futuro che temo sarà a tinte fosche se non peggio.
Per esempio non è senz’altro colpa dei media se riportano una mozione bipartisan del consiglio regionale del F-VG che esalta il taglia bollette del governo.
Il provvedimento governativo invece produrrà un aggravio dei costi per le famiglie italiane e non i risparmi sbandierati.
Per chi vuole leggere correttamente i fatti, invece di fermarsi al solo dato della propaganda riportata, la realtà delle cose è ben diversa.
Spalmare gli incentivi al fotovoltaico, su ulteriori 7 anni aggiuntivi ai venti precedentemente previsti, produrrà un ulteriore aggravio finanziario che pagheremo tutti, con buona pace di chi vuole fare le nozze con i fichi secchi.
Lo scorso anno la Spagna azzerò benefici di tutti gli incentivi al fotovoltaico perché questi afferivano alla fiscalità generale.
In Italia invece se il governo volesse fare ciò provocherebbe una “class action” da parte degli investitori stranieri che hanno fatto il loro piani sul rientro dell’investimento finanziario; non di quelli italiani troppo avvezzi a trovare altre forme surrettizie compensative.
Il risultato del giudizio di qualsiasi magistratura, nazionale o europea, non potrebbe che essere favorevole a chi chiede siano rispettati i termini contrattuali sottoscritti.
Notizia a margine e di questi giorni: la Spagna ha ridotto la tassazione sul lavoro ed alle famiglie dello 8%.
Renzo Riva
Cirn F-VG
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