A proposito di Draghi e del Quantitative Easing annunciato giovedì scorso… «Se le variazioni del potere d’acquisto della moneta prodotte dai cambiamenti della quantità di denaro effettuati dai governi risultassero solo in un trasferimento di ricchezza da alcune persone verso altre … sarebbe ovviamente fraudolento giustificarle sotto il pretesto del ‘bene comune’ o dell’ ‘interesse pubblico’. Tuttavia uno potrebbe comunque considerarle come misure politiche adatte a promuovere gli interessi di alcuni gruppi a scapito di altri, senza altre conseguenze negative. Tuttavia, ci sono ben altre cose in gioco.
Il favore delle masse, degli scrittori e dei politici in cerca di applausi va all’inflazione [cioè all’aumento della quantità di denaro, n.d.r.]. Rispetto a questo occorre enfatizzare tre punti.
Primo: le politiche inflazionistiche o espansioniste [come quelle annunciate dal governatore Mario Draghi questa settimana, per esempio, n.d.r.] producono necessariamente da una parte consumo eccessivo [rispetto alle proprie preferenze temporali, n.d.r.] e, dall’altra, investimenti non economicamente sostenibili [“malinvestment” – questi investimenti sono economicamente insostenibili a causa del fatto che le politiche espansionistiche producono tassi d’interesse che veicolano informazioni sbagliate riguardo alle preferenze temporali dei soggetti economici e quindi anche riguardo al livello di risparmi disponibili, la cui quantità è molto inferiore a quella segnalata dai tassi d’interesse resi artificialmente bassi da tali politiche, n.d.r.]. Queste politiche espansionistiche quindi dilapidano capitale e compromettono la possibilità di soddisfare bisogni nel futuro.
Secondo: il processo inflazionistico non rimuove la necessità di aggiustare la produzione e di riallocare le risorse. Si limita a posticiparla e quindi a renderla più gravosa [in altre parole, le politiche inflazionistiche non risolvono i problemi economici: li posticipano al prezzo di aggravarli sempre di più, n.d.r.].
Terzo: le politiche espansionistiche non possono essere impiegate come una politica permanente in quanto, se continuate, alla fine risulteranno in un crollo del sistema monetario [come è sempre successo in passato e come succederà di nuovo, inevitabilmente, a causa delle attuali politiche inflazionistiche: in questo caso probabilmente il primo tassello a cadere sarà il dollaro, n.d.r.] » (Mises L., 2007 [1949], Human Action (Liberty Fund, Indianapolis), Vol. 2, pp. 431-432).
Sempre a proposito della mossa di Draghi volta a svalutare l’euro e ancora di più a proposito di quei cialtroni che vorrebbero tornare alla lira per essere liberi di svalutare la moneta ancora di più:
“Se un uomo non dispone del denaro necessario per comprare del pane da un suo vicino, il panettiere del villaggio, la causa non sta in una pretesa insufficienza della quantità di denaro [nel sistema economico, n.d.r.]. La causa sta nel fatto che quest’uomo non è riuscito a guadagnare il denaro necessario attraverso la vendita di prodotti o servizi per i quali altre persone sono disposte a pagare. La stessa cosa avviene nel caso del commercio internazionale. Un paese può essere in difficoltà a causa del fatto che non riesce a vendere all’estero tutti i beni e servizi che sarebbe necessario riuscisse a vendere per comprare tutto il cibo che i suoi cittadini vogliono. Ma questo non significa che la moneta nazionale non è abbastanza svalutata rispetto a quella estera. Significa che i cittadini sono poveri. E l’inflazione [l’aumento della quantità di denaro, una delle cui conseguenze è la svalutazione della moneta] non è certo un modo appropriato di rimuovere questa povertà” (Mises L., 2007 [1949], Human Action [Liberty Fund, Indianapolis], Vol. 2, p. 457).
Ogni quantità di denaro è ottimale: l’importante non è la quantità di denaro ma il fatto che non cambi arbitrariamente. Tuttavia, finché i sistemi politici saranno totalitari, cioè finché essi continueranno a essere basati sul positivismo giuridico, e soprattutto nelle “democrazie”, la quantità di denaro sarà continuamente aumentata, le crisi cicliche continueranno e saranno sempre peggiori. Una volta raggiunto il limite oltre il quale debito pubblico, inflazione e tassazione sugli “altri” non possono più spingersi, moltissime persone precipiteranno nella miseria.
Vedere una persona che chiede (o che vota per) un’ulteriore svalutazione della moneta è come vedere un drogato che chiede ancora maggiore eroina. La differenza è che, dove c’è il crimine del corso forzoso (reso possibile dal positivismo giuridico), l’eroinomane non si limita a subire le conseguenze delle sue azioni ma ricorre alla violenza dello stato per iniettare l’eroina a tutti, bambini inclusi. Al sentimento di compassione nei suoi confronti si aggiunge quindi quello di rabbia.
*Commenti brevi ricevuti in redazione
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Credo auspicabile un ritorno alla lira a prescindere dalle intenzioni populiste inflazioniste. Fa sempre parte di una maggiore responsabilizzazione politica; esiste e va premiata anche la concorrenza tra divise fiat nazionali (pur non confondendole con monete virtuose le quali devono essere sempre l’obiettivo ultimo).
Un articolo chiarificatore con una bellissima chiusura
Quello della terminologia è un problema generale.
Se mi permette una metafora, i collettivisti da un lato hanno staccato le etichette dai migliori vini e le hanno appiccicate sui contenitori dei più letali veleni. Basti pensare alle parole:
– legge (per indicare non il principio generale ma il comando arbitrario dell’autorità),
– libertà (per indicare non l’assenza di coercizione ma la capacità di fare determinate cose),
– democrazia (per indicare non quel sistema politico in cui la sovranità della legge è difesa secondo una strategia votata a maggioranza ma quel sistema politico in cui la “legge” è la volontà della maggioranza),
– separazione dei poteri (per indicare non la separazione fra potere politico e potere legislativo ma quella fra potere giudiziario, esecutivo e legislativo e quindi la non separazione fra potere politico e legislativo),
– uguaglianza davanti alla legge (per indicare non l’uguaglianza di trattanento ma l’uguaglianza di situazione materiale e quindi la disuguaglianza legale),
– ecc.
Dall’altro lato, hanno staccato le etichette dai peggiori veleni e le hanno sostituite con etichette di vino. Basti pensare ai termini:
– “giustizia sociale”, “solidarietà sociale” ecc. (per indicare il saccheggio in casi particolari),
– “interesse generale”, “bene pubblico”, “bene del paese”, ecc. (per indicare gli interessi particolari di chi controlla lo stato oppure la sua personale idea di ciò che è bene),
-ecc.
Il termine QE rientra nel secondo caso: sostituzione dell’etichetta di un veleno con quella di un vino. Tuttavia non sono d’accordo col termine che propone lei per il veleno: a mio parere, per tutte le operazioni di stampa di denaro a corso forzoso e di espansione artificiale del credito (comunque esse siano di volta in volta chiamate), il termine corretto (il nome del veleno) è “contraffazione” (del denaro).
Debasing è un termine che usano alcuni libertari americani.
E a me piace.
E’ come voler significare che stampa oggi e stampa domani le fondamenta monetarie vadano a sfaldarsi , e che si prepari un crollo totale della struttura.
D’altro canto è vero che chi stampa denaro in quel modo è davvero un falsario, nonostante ne abbia il monopolio della produzione.
Ho letto che il quantitative easing è un termine non appropriato, e che serve a far passare un concetto falso.
Ho letto che si deve parlare di value o money debasing, termine che la dice lunga, anche solo intuitivamente, sulla realtà delle cose.
Chiedo a Birindelli che ne pensa.