Da oggi, c’è uno Stato in più. Le autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk si sono unite in un ‘nuovo Stato’: lo ha annunciato il presidente della Repubblica di Donetsk, Denis Pushilin, citato dalle agenzie russe. La denominazione scelta è quella di Novorossiya (Nuova Russia).
I “premier” di Donetsk, Alexander Borodai e quello di Lugansk, Alexei Karyakin hanno affermato che «non riconosciamo il presidente e il parlamento dell’Ucraina: le Repubbliche di Donetsk e Lugansk sono Stati indipendenti.
Riconosceremo il governo del nuovo presidente che sarà eletto (a Kiev, ndr) se loro riconosceranno la nostra indipendenza» e «ritireranno immediatamente le truppe dal nostro territorio».
Oggi, in Ucraina si vota. Sono sette i candidati alla carica di presidente, dopo che il pugile Vitalij Klyčko, leader di Euromaidan e capo carismatico della rivolta di febbraio, ha annunciato la decisione di non presentarsi. Il grande favorito è Petro Porosenko, oligarca proprietario della famosa ditta di dolci Roshen. Porosenko è stato il primo oligarca ad appoggiare la rivolta, am la sua storia politica è tutt’altro che lineare: nel 2005 appoggiò la rivoluzione arancione socialista, ma poi ha finanziato Janukovic. Poche chance sembra avere Julya Timoshenko, ex premier, candidata alle presidenziali e sconfitta da Janukovic nel 2010.
Non ho simpatia per l’Italia d’oggi, né per i grandi Stati né tantomeno per i grandi imperi. Osservo soltanto che la frammentazione porta a nuovi steccati: nell’Italia dei liberi comuni prima e delle signorie poi ci si scannava bellamente a vicenda; fiorentini e senesi si detestavano (Dante arrivava a dire che i senesi sono addirittura più stupidi dei francesi); due repubbliche marinare come Venezia e Genova si facevano guerra, per non parlare di Pisa. Lo stesso capitava nella Grecia delle poleis indipendenti (Atene, Sparta, Tebe). O la natura umana è radicalmente cambiata o non si vede perché oggi le cose dovrebbero andare diversamente. Chi dispone di eserciti (e ogni Stato è essenzialmente imposte, cioè rapina, polizia, cioè violenza interna, esercito, cioè violenza esterna) la concorrenza la fa con le armi. Tutti gli Stati hanno la tendenza a espandersi, o militarmente, o attraverso sottili macchinazioni egemoniche (si pensi all’ Atene di Pericle nei confronti della Lega di Delo o a Roma antica, villaggio di pastori che conquista il mondo, o all’impero terrestre e marittimo di Cartagine), o attraverso federazioni che istituiscono e vieppiù rafforzano un potere centrale (vedi Stati Uniti, ma anche la tanto decantata Svizzera dopo la guerra del Sonderbund). Gli staterelli europei che sono rimasti piccoli non l’hanno fatto per libera scelta, ma per effetto di non desiderate circostanze storiche: se gli svizzeri non fossero stati sconfitti nella battaglia di Marignano, avrebbero messo le mani sull’agonizzante ducato di Milano, con chissà quali ulteriori sviluppi e conseguenze; la vittoria di Francesco I di Francia e dei veneziani suoi alleati li ricacciò nelle loro valli, dove è maturato, per capriccio del destino, quel gioiello in cui molti vorrebbero vivere..
La frammentazione è dovuta al l’impossibilità di riunirsi alla Russia, quindi Hoppe non centra niente
I libertari, che aborrono lo Stato, non dovrebbero gioire quando ne nasce uno nuovo, a prescindere dal dove dal quando dal come e dal perché.
Carlo, qui non si gioisce, si segnala un fatto. Un fatto, però, che per chi è Hoppeiano non è di poco conto, visto che il frazionamento di grandi Stati in più Stati è, comunque, una strategia apprezzabile. Nel 1946, al mondo, vi erano 74 Stati. Oggi, ce ne sono 204. A fine secolo spero siano 1000 e tutti in concorrenza fra loro.