“La buona teoria economica ci insegna che quando un paese deve misurarsi con una disoccupazione al 13%, un’emigrazione giovanile di massa, una distribuzione del reddito drammaticamente ineguale, è il governo a doversi fare carico dello stimolo. E’ una situazione che solo la spesa pubblica può far ripartire. I tagli alla spesa si fanno quando le cose vanno bene, nella parte alta del ciclo economico, non quando il paese è in ginocchio… Il pareggio si ottiene se all’aumento delle uscite corrisponde un pari aumento delle entrate. Non si tratta di aumentare le tasse, ma di introdurre una patrimoniale sui patrimoni posseduti dall’1% più ricco della popolazione, con progressivo e graduale sgravio del prelievo sui patrimoni e redditi minori.” (F. Sdogati)
Fabio Sdogati è professore ordinario di economia internazionale al Politecnico di Milano. Da quanto scrive appare evidente che lui identifichi quella keynesiana con “la buona teoria economica”. Di certo si trova in folta compagnia, ma basterebbe ripercorrere con buon senso la storia economica degli ultimi 5-7 decenni per dubitare della correttezza del suo punto di vista. Considerando che la spesa pubblica può essere finanziata solo con tasse (esplicite o implicite, ossia inflazione) presenti o future, l’idea che debba essere il governo a stimolare la domanda si basa sull’assunzione che sia giusto l’intervento redistributivo dello Stato.
Questo punto viene dato per scontato dai redistributori, ma non lo è affatto. Anzi, trovo indimostrabile, se non volendo imporre arbitrariamente determinati principi morali anche ai dissenzienti, che si faccia giustizia nel tassare Tizio per dare a Caio. Anche sorvolando su questo punto tutt’altro che secondario, peraltro, la storia economica fornisce numerosi esempi del fatto che l’applicazione pratica del keynesismo è stata piuttosto difforme da quanto afferma Sdogati. In altri termini, la spesa pubblica non è stata utilizzata in funzione anticiclica, ma vi è stata la tendenza, una volta introdotta una voce di spesa, a non diminuirla più; men che meno si è pensato di eliminarla. Non basta dire che “i tagli alla spesa si fanno quando le cose vanno bene”: quei tagli, poi, bisogna farli.
Il problema è che le cose non vanno mai abbastanza bene per chi deve decidere di tagliare e assumersene la responsabilità politica. E questo, tra l’altro, è implicito nell’impianto stesso della teoria keynesiana e nella convenzione utilizzata per calcolare il Pil. Essendo infatti la spesa pubblica un componente positivo del Pil, una sua diminuzione comporta nel breve termine una riduzione del Pil. Poco importa se questa riduzione può essere più che compensata nel tempo da un aumento della componente privata della domanda (consumi e investimenti): quello che succede domani e dopodomani non compensa la perdita di consenso politico oggi. Né, di solito, si sentono keynesiani invocare tagli di spesa quando le cose vanno bene. Solo nei momenti di crisi o bassa crescita li si sente parlare di spesa, e unicamente per invocare aumenti. Sdogati tocca poi anche il punto del pareggio di bilancio. Se non si taglia la spesa e non si vuole che aumenti il deficit, qualcosa bisognerà pur fare. Nella sostanza lo Stato potrebbe vendere beni mobili, immobili o partecipazioni azionarie, ma Sdogati non ne fa neppure cenno. L’alternativa, allora, è un aumento delle entrate fiscali. Uno potrebbe aspettarsi la sempreverde “lotta all’evasione fiscale”, ma neanche su quella punta Sdogati. E allora di che si tratta? Qui viene il bello. “Non si tratta di aumentare le tasse, ma di introdurre una patrimoniale sui patrimoni posseduti dall’1% più ricco della popolazione”, dice il professore, forse ritenendo che aumentare le tasse solo all’1% della popolazione non significhi aumentare le tasse. Non sto qui a entrare nel merito dell’introduzione di una (altra) imposta patrimoniale.
Vorrei invece far notare che, dal mio punto di vista, non aumentare le tasse significa che per nessuno aumentano le tasse. In altri termini, si dovrebbe applicare a questo contesto il concetto di Pareto efficienza. Se, al contrario, per far pagare meno tasse a Tizio si aumenta il carico per Caio, anche a parità di gettito per lo Stato, quello che si ottiene non è altro che un aumento della progressività. Se questa è buona teoria economica…
caro francesco, il problema è che le cause di questa crisi, le cause della crisi del nuovo assetto economico/mercantile post guerra, sono ormai alla portata di tutti, tutti le stanno toccando con mano..anzi con la coscienza, ed è proprio per questo che non si trova soluzione, perchè in coscienza, di rinunciare a cotanta manna socialista, proprio non và a nessuno.
ho smesso da tempo di dannarmi l’anima per tentare di aprire gli occhi della gente, esattamente da quando ho capito che celi hanno tutti bene aperti, salvo avere “momentaneamente” chiusa la coscienza, tanto per vedere se queste tribolazioni passeranno senza dover rinunciare necessariamente .. alla roba degli altri.
lo stato, nato da consolidati meccanismi di prepotenza espressi dai più forti ( re principi imperatori e..mercanti) ora si allinea verso la posizione che lo vede collimare con il mantra più idiota dell’ultimo mezzo secolo: lo stato siamo noi.
la economia politica, la storia, e tante altre discipline sono utilissime per capire e decifrare il presente ma è la prasseologia la scienza principe per tentare di capire dove potremmo andare.
lo studio serio della azione umana và oltre la scienza naturale per indagare le cause dell’azione individuale, le quali sconfinano necessariamente nel dominio della morale.
una scienza sociale che indaga la formazione e la continua evoluzione della struttura morale è senza dubbio l’indagine più seria e accreditata per decifrare comportamenti economicamente paradossali e incomprensibili ma perfettamente in linea con la nuova morale,sociale in cui la libertà trova un posto marginale all’interno di uno orizzonte temporale completamente riempito di “giocattoli”.
ttutto questo vale per un diverso grado a tutta la geografia dell’economia occidentale.
..servirebbero anche delle persone che chiedessere sempre meno, possibilmente nulla, allo stato, disgraziatamente la fortuna di uno stato giace nel fondo delle peggiori pretese individuali, scoprendo inevitabilmente la radice morale di questa secolare istituzione che stà divorando lentamente i popoli.
la natura non assegna diritti se non quello alla propria vita, e per estensione ai frutti del proprio lavoro, tutto il resto sono lusinghe socialiste cui l’individuo inclinato ad accettarle dovrà dare conto prima o poi.
@Gastone, esatto diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà privata (life-liberty-private property) come avevano capito bene i padri fondatori degli u.s.a. sono gli unici veri diritti il resto è roba da rodotà e compagni
@sigismondo, invece stampando alla keynesiana si risolve tutto? Credi che possa durare all’infinito?
Se invece di fare un’altra patrimoniale o di stampare all’infinito quei pezzi di carta si rivedesse lo scopo e la dimensione dello stato non sarebbe meglio che continuare a spremere la mucca?
Pienamente d’accordo. Ma nel frattempo che si riveda lo scopo e la dimensione dello stato, almeno cerchiamo di evitare di morire di fame.
Per quello servirebbe uno stato che si rimpicciolisse chiedendo sempre meno (possibilmente nulla) alle persone.. Personalmente per non morire di fame metto il mio interesse e quello della mia famiglia davanti allo stato e alle sue esigenze, meglio affamare i burocrati e i politici…
In Italia mancano i soldi. Prima la banca d’Italia li stampava, ora c’è la BCE che non ce li dà. Il problema è tutto qui. Con gli stessi sprechi e malfunzionamenti, con la lira eravamo la quarta potenza economica del mondo, con l’euro siamo affondati. L’Inghilterra ha un rapporto debito pubblico/PIL di quasi il 900% eppure nessuno parla di fallimento del Regno Unito. Immaginare di risolvere questo problema con le tasse è come immaginare di togliere la sete ad una persona facendogli mangiare prosciutto. E comunque la patrimoniale già la paghiamo, con le tasse sulle rendite finanziarie, con la tassa sul deposito titoli, con la tassa sulla casa. E più paghiamo tasse e meno funzionano le università, le scuole, gli ospedali, i servizi pubblici in generale. Quindi basta!
E l’aumento dei prezzi da dove pensi che venga?
Questi areatori forzati delle prime vie respiratorie non contano un tubo.
Leggo diversi articoli sul sito di Lew Rockwell.
In america si attendono , nel giro di mesi, un nuovo crack.
Sono consci perfettamente delle porcherie in ambito finanziario, a iniziare dai “quantitative easing” che i più acuti definiscono ” value-money debasing”.
Da noi vale sempre e per sempre, fatto salvo un default colossale ed augurabile, la costituzione reale italiana cui si conformano i pensieri e i comportamenti della gente preda della classe vessatrice.
1) siamo tutti uguali
2) volemose bene
3) tirammo a campà
4) tengo famija
5) chi ha avuto ha avuto etc, scordammuce o’ passato
6) accà nisciuno è fesso.
7) o franza o spagna, purché se magna