Alle prossime elezioni politiche ci sarà un nuovo simbolo sulla scheda elettorale. I genitori separati scendono in campo con MOIS, Movimento Italiano Separati, che sarà presentato ufficialmente, insieme all’organigramma e al programma, il prossimo 4 aprile a Roma. Un movimento trasversale per quanto riguarda sesso, ruolo sociale e situazione economica: i papà insieme alle mamme, i nonni al fianco dei nuovi compagni e dei figli maggiorenni, i professionisti accanto ai disoccupati. Tutti accomunati dall’esperienza, vissuta in prima persona o indirettamente, di un matrimonio fallito e dal desiderio di lavorare permigliorare la legislazione in materia di separazione e divorzio, ma soprattutto per difendere la famiglia ancora prima che questa arrivi a sgretolarsi.
“Il partito nasce dopo aver aspettato invano, per anni, le riforme necessarie per le tematiche familiari, a causa del sostanziale disinteresse delle istituzioni e delle ingannevoli promesse della politica”, spiega in anteprima ad Affaritaliani.it il futuro segretario del MOIS, Gianluigi Lussana, da 15 anni impegnato in questo campo, già fondatore e presidente nazionale dell’Associazione Mamme Papà Separati Italia, con varie sedi in tutta Italia.
“E’ da anni che lavoriamo per questo movimento, ma i tempi non erano ancora maturi. Ci sono milioni di persone che condividono il nostro impegno. Nonostante l’indifferenza istituzionale e politica, il nostro non è un movimento contro nessuno. Anzi, agiremo con pacatezza e rispetto, ma anche con grande determinazione per raggiungere il nostro obiettivo. Chi vorrà ci ascolterà e ci sosterrà”.
Qual è il vostro obiettivo?
“Vogliamo ribaltare in senso buono la legge sull’affido condiviso (la 54 del 2006, ndr), che troppo spesso rimane sulla carta e non viene applicata nei tribunali. Anche il decreto legge sul diritto di famiglia (entrato in vigore lo scorso 7 febbraio, ndr) rischia di rimanere solo un collage di buoni principi teorici, ma in pratica non risolve le questioni. Nel nostro movimento ci sono avvocati e professionisti competenti che stanno lavorando per presentare al Parlamento una nuova legge”.
Che posizione ha il MOIS sul divorzio breve?
“Crediamo che i tempi che portano al divorzio vadano ridotti. Tre anni per ‘meditare’ sono tanti, uno è sufficiente. Le statistiche, così come la mia esperienza, confermano che su 100 coppie che si separano sono solo 3-4 quelle che tornano insieme, e spesso si riseparano con ancora più astio all’interno della coppia. Tenere in sospeso un divorzio per tre anni non serve. Se gli ex vogliono tornare insieme, poi, possono farlo lo stesso”.
E sui patti prematrimoniali?
“Vogliamo introdurre la possibilità, senza renderli obbligatori. Sempre le statistiche dicono che oggi una coppia su due si separa. I patti prematrimoniali servono a evitare tragedie successive e a tutelare i figli. Non devono essere appannaggio solo delle coppie economicamente agiate, tra l’altro. Anzi, possono essere strumenti utili proprio nel caso di cittadini in condizioni economiche difficili o anche ‘normali’. Perché oggi separarsi, per molte persone, vuol dire ritrovarsi vicine alla soglia di povertà”.
A questo proposito, prevedete anche un aiuto economico per i separati o per le famiglie?
“La spending review si dovrebbe fare con l’accetta, non con il bisturi. Penso alle pensioni d’oro o agli stipendi dei manager. Anche in questo caso abbiamo degli economisti all’interno del MOIS che stanno pensando a come recuperare fondi per sostenere la famiglia, a partire dai soldi in busta paga. Il partito non pensa solo a chi si separa, ma anche a chi una famiglia ce l’ha ancora”.
E a livello di impegno sociale? Che cosa si fa oggi per le famiglie?
“Io vedo che oggi la famiglia è lasciata sola dalle istituzioni. Il mio pensiero va proprio alle famiglie unite, perché nei momenti di difficoltà non sanno che cosa fare. C’è un patrimonio di valori da sostenere. Non c’è più il coraggio di sognare. Noi ce lo metteremo, è la spinta che serve per cambiare”.
Prevedete alleanze politiche? E come affronterete certe lobby che potrebbero osteggiare il vostro programma?
“Affronteremo tutte queste questioni con gli eletti in Parlamento. Prima aspettiamo di vedere quanti voti prenderemo: ho la sensazione che non avremo vie di mezzo, o saranno pochissimi oppure una valanga. Io resterò segretario politico e non entrerò in Parlamento: non condivido l’usanza di tenere il piede in due scarpe”.
Non vi presenterete alle Europee?
“Sono troppo imminenti. Dobbiamo lavorare ancora per raccogliere le risorse. Stanno arrivando adesioni di associazioni ed enti da tutta Italia. Preferiamo prepararci direttamente per le nazionali, che secondo me arriveranno tra un anno al massimo, prevedibilmente in primavera. Renzi si sta muovendo bene, ma ha troppi lacci e lacciuoli”.
Allora, intanto, ha una richiesta da fare a questo governo?
“Credo che si stia muovendo compatibilmente con la situazione, ma serve uno sguardo più diretto verso la quotidianità difficilissima delle persone. Meno attenzione all’Europa e più soldi alle famiglie allo stremo. Gli italiani sono dignitosi e non amano darlo a vedere, ma sono in una situazione di reale e grave bisogno”.
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SONDAGGI: Stima di voti potenziali/Secondo Alessandro Amadori, numero uno di Coesis Research, interpellato da Affaritaliani.it, il nuovo Movimento Italiano Separati potrebbe raccogliere tra 900mila e 1,2 milioni di voti, equivalenti a circa il 3%, se si presentasse da solo alle prossime elezioni politiche. Se invece il nuovo partito decidesse di correre insieme a una delle due principali coalizioni, la stima di voti potenziali sarebbe leggermente inferiore.
TRATTO DA http://www.affaritaliani.it/ DI MARIA CARLA ROTA
@Gran Pollo
Concordo. Creare dei piccoli partiti per risolvere dei problemi specifici (in questo caso la separazione) sarebbe la cosa più pratica ed efficiente, ma purtroppo il sistema elettorale la rende impossibile: o ti unisci ad un grosso partito o non sei nessuno. Di conseguenza bisogna scendere continuamente a compromessi ed ogni idea si diluisce oltre misura. È come se per risolvere il problema di un rubinetto che perde invece di chiamare l’idraulico fossimo sempre costretti a chiamare un’intera ditta edile.
L’idea in se è buona, ma con l’Italicum che di fatto ammette in parlamento (o alla sola camera superstite) solo i 2/3 partiti maggiori, a che pro?