“Non abbiamo ancora un modello macro ben sviluppato che incorpori in modo realistico il settore finanziario… non capiamo pienamente in che modo i programmi di acquisti di asset su vasta scala funzionino nell’alleviare le condizioni dei mercati finanziari, c’è ancora un grande dibattito”. (W. Dudley)
William Dudley è presidente della Fed di New York, la sede operativamente più importante della banca centrale statunitense. Le dichiarazioni che ho riportato rendono evidenti due grandi problemi dell’economia mainstream, imperniata su modelli nei quali la realtà viene piegata alla finzione per fare in modo che il funzionamento del sistema economico sia rappresentabile (e la sua evoluzione prevedibile) matematicamente. Non è un mistero che la moneta sia esclusa dai modelli mainstream, per il semplice fatto che la si ritiene “neutrale”. In altri termini, la moneta serve a facilitare gli scambi, ma è ininfluente, se non nel breve termine.
Pertanto non ha senso includerla nei modelli. Questo secondo il mainstream. Al contrario, gli economisti della scuola austriaca hanno sempre messo in evidenza il ruolo della moneta e del credito nella determinazione del ciclo economico, ossia nelle ricorrenti fasi di boom seguite da crisi. Al tempo stesso, hanno sempre rigettato l’idea che un sistema economico, il cui funzionamento dipende dall’interazione di milioni di soggetti, possa essere ragionevolmente imbrigliato in modelli matematici, per quanto sofisticati. Purtroppo da diversi decenni a questa parte chi non fa ricorso intensivo alla matematica viene considerato economista di serie B (o peggio), nonostante il fatto che i fallimenti empirici dei modelli econometrici dovrebbero essere ormai sotto gli occhi di tutti. Personalmente non mi stancherò mai di ripetere che l’econometria sta all’economia come l’astrologia sta all’astronomia. Per questo se il mainstream decidesse di includere la moneta e il settore finanziario nei modelli non credo che i risultati migliorerebbero di molto. Si tratterebbe sempre e comunque del tentativo di piegare la realtà alla finzione per far “girare” il modello. Tutto ciò detto, Dudley ammette, bontà sua, che alla Fed non abbiano capito “pienamente in che modo i programmi di acquisti di asset su vasta scala funzionino nell’alleviare le condizioni dei mercati finanziari”.
In sostanza non hanno idea dei benefici che i vari QE abbiano per l’economia reale. Ma questo, invece di indurre la Fed alla prudenza in tutti questi anni, pare abbia indotto Bernanke e colleghi a rincarare via via la dose di acquisti di titoli. E la cosa buffa è che adesso che si apprestano a ridurre la quantità mensile di tali acquisti, sostenendo che l’economia sta iniziando ad andare bene, si affrettano ad assicurare che il tasso sui Fed Funds resterà a zero ancora a lungo. Il che dovrebbe suscitare qualche perplessità: se l’economia va bene, perché dover continuare a drogarla con tassi a zero? Non sarà che togliendo (o anche solo diminuendo) la droga monetaria il castello di carte tornerà a crollare? A me pare che il buon senso dovrebbe indurre qualche cautela in quanti si entusiasmano per il recente andamento dell’economia statunitense (e non solo), proprio perché le distorsioni monetarie degli ultimi anni sono state di entità senza precedenti.
Quanto all’effetto dei QE, l’unica certezza è che sono inevitabilmente redistributivi; come ogni politica inflattiva favorisce chi ottiene il nuovo denaro per primo, a scapito degli altri. Perché l’aumento del denaro fiat non corrisponde all’aumento di ricchezza reale nel sistema economico, ma solo a un aumento del potere d’acquisto di chi quel denaro percepisce nelle fasi iniziali del processo inflattivo. L’andamento dei prezzi delle attività finanziarie e la notevole compressione dei premi per il rischio dovrebbero rendere evidente a chiunque quali sono gli effetti del QE e chi ne trae beneficio. Quando i nodi torneranno al pettine, Dudley e colleghi diranno che i loro modelli non incorporavano “in modo realistico il settore finanziario”, quindi non sarà colpa loro. E come rimedio proporranno stimoli monetari ancora più consistenti. Poi seguirà il dibattito.
E’ un cane, piuttosto grosso, che si morde la coda…
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Ormai solo una questione di perfezionamento.