La proclamata collaborazione e trasparenza tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza da un lato e contribuente dall’altro è rimasta lettera morta: le garanzie e i diritti del contribuente vengono puntualmente calpestati da norme retroattive e incomprensibili o da atti non motivati.
Nell’ormai lontano 2000, il legislatore aveva emanato una normativa [1] che doveva garantire ai contribuenti una serie di diritti ogni volta che avessero avuto rapporti col fisco. Si tratta del cosiddetto “Statuto dei contribuenti”.
Tali disposizioni dovrebbero servire a mettere dei paletti tanto sulle leggi in materia tributaria approvate dal Parlamento, tanto sulle attività poste delle amministrazioni fiscali.
Ma spesso lo Stato ama creare norme per il semplice gusto di disapplicarle. Così tante delle previsioni dello Statuto dei contribuenti sono rimaste lettera morta. Ecco come il Fisco e lo Stato “evadono” le garanzie per i cittadini.
Comprensibilità delle norme fiscali
Per assicurare la comprensibilità immediata delle regole fiscali, uno dei primi articoli dello Statuto [2] impone che nessuna norma a carattere tributario possa essere inserita in una legge che non ha un oggetto tributario (fatte salve quelle strettamente inerenti all’oggetto della legge stessa).
Questa regola, però, è puntualmente violata dallo Stato che, nella sua frammentaria e caotica attività legislativa, tende spesso a regolare, con un’unica legge, settori tra loro del tutto disomogenei, tra cui appunto anche quello tributario.
Non retroattività delle norme tributarie
Sempre lo Statuto dei contribuenti [3] pone il divieto di norme tributarie retroattive. Le disposizioni che hanno ad oggetto tasse e imposte devono, per legge, regolare solo i fatti futuri e mai quelli passati.
Anzi, gli adempimenti tributari diventano efficaci, per i contribuenti, addirittura dopo un termine minimo di 60 giorni dalla loro entrata in vigore.
Questo principio – che in realtà è un cardine di ogni Stato democratico – è anch’esso calpestato dal Parlamento che crea spesso norme tributarie con portata retroattiva (qualificandole – per giustificarle – come aventi carattere “procedurale” e non “sostanziale”).
Obbligo di motivazione degli atti fiscali
In applicazione di svariate norme dello Statuto [4], la giurisprudenza ha più volte bacchettato l’amministrazione fiscale per aver emesso atti non chiari e non motivati.
Invece, sono sempre maggiori i casi in cui gli uffici, rendendosi conto di errori o di contestazioni del tutto infondate a seguito dei ricorsi dei contribuenti, modificano gli atti impositivi con l’autotutela, per poi riproporre gli stessi errori.
Obbligo di collaborazione con il contribuente
I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria, secondo la legge, devono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede. Anche questo principio viene ignorato. Ciò avviene, per esempio, quando l’Amministrazione fiscale, pur conoscendo i consolidati orientamenti della giurisprudenza ad essa contrari, continua a ignorarli, intestardendosi sulle proprie tesi e obbligando il contribuente a fare ricorso al giudice. Con conseguenti oneri per lo Stato e spreco di soldi pubblici.
Non dovrebbero poi essere irrogate sanzioni quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma o quando si traduce in una mera violazione formale. Su questo punto, la Cassazione ha più volte giustificato il contribuente caduto in “errore scusabile” per via della portata poco chiara di una norma. Il fisco, però, continua ugualmente a inviare sanzioni.
Controlli “illegali”
L’amministrazione fiscale continua, in molti casi, a ignorare le norme sulla garanzia in caso di controlli nei confronti dei contribuenti. Ci sono uffici che fanno accessi e non rilasciano verbali, altri che nel verbale indicano espressamente le garanzie dello Statuto e poi, non rispettandole nel prosieguo del controllo, riportano in atti che si è trattato di errori ortografici nel primo verbale.
La Cassazione, poi, in molti casi di violazione delle garanzie previste dalle norme (per esempio: durata, motivo, oggetto del controllo, assistenza del difensore) ritiene che l’atto impositivo sia comunque valido. Pertanto, il contribuente non ha alcuno strumento difensivo da far valere pur assistendo a violazioni di norme di legge a proprio danno.
FONTE ORIGINALE: http://www.laleggepertutti.it
ITALIANI QUESTI SONO DEI VOLGARISSIMI LADRI E ASSASSINI 3000 OMICIDI SUICIDI EQUIMAFIA SONO I PICCIOTTI BEFERA INSIEME AD NAPOLITANO SONO I CAPO BASTONI DELLA MAFIA DELLA NDRANGHEDA DELLA SACRA CORONA UNITA E DELLA MAFIA SICILIANA ECILIEGIANA SULLA TORTA SONO ZOZZI COMUNISTI, BISOGNA TUTTI DI SMETTERE DI PAGARE LE GABELLE E SE QUALCUNO VIENE A DISTURBARTI A CASA UCCIDERLO E SOTTERRARLO , QUESTO E’ UN DOVERE DI OGNI ITALIANO SERIO ONESTO E LAVORATORE
Ieri mi è arrivata una raccomandata dell’agenzia delle entrate. Dopo esattamente dieci anni meno tre giorni dalla presentazione di un atto di successione mi dicono che si sono accorti che mi devono restituire 33€. Siccome però si tratta di una cifra esigua, non me li potranno restituire con il solito assegno, ma per averli dovrò compilare tutta una serie di moduli, presentare una serie infinita di documenti e pagare un certo numero di marche da bollo. Risultato: sono costretto a lasciarglieli. La mia conclusione è semplice: lo stato è ladro e dai ladri ci si difende, cioè, in ultima analisi, lo stato è il mio nemico.
ho iniziato a progettare ghigliottine di ultima generazione. Tra non molto sarà un genere molto richiesto dal mercato.
Piazzale Loreto, ma non basterebbe sarebbe troppo piccolo.
Cosa ci si può aspettare da uno stato di stampo mafioso? Questo stato è da demolire e mandare tutti a casa.
visto che parliamo di porc_ate,.. sarebbe giunta l’ora di macellarli !!
la Cassazione? Serve solo a proteggere lo status quo.
Il che significa, tra l’altro, proteggere i propri privilegi acquisiti.