L’Italia è all’87° posto al mondo dove fare business, ma potrebbe scivolare anche al centesimo posto alla fine del 2013. Lo anticipano gli esperti della Banca Mondiale che già lo scorso anno (rapporto Doing Business) avevano evidenziato uno scivolone del nostro paese dal 83° posto su 187 nazioni prese in esame. Siamo in pratica finiti dietro a Mongolia, Bahamas, Zambia, Brunei e Albania, tanto per farsi un’idea, ma potremmo finire in coda a molti altri stati africani e asiatici che in questi ultimi anni hanno innescato una marcia in più verso le riforme e la crescita. . E questo significa essenzialmente una cosa: meno investimenti da parte degli stranieri e delle multinazionali e recessione più lunga e profonda.
Burocrazia, giustizia, Imu e sindacati rallentano le iniziative imprenditoriali
La causa principale del crollo della capacità di fare impresa di un paese a forte vocazione industriale – secondo l’ufficio studi di Confindustria – è dovuto all’eccessivo peso della burocrazia e al mal funzionamento degli apparati pubblici. Per gli imprenditori, la burocrazia italiana è vista come un forte ostacolo all’avvio di nuove attività e alla risoluzione dei problemi contrattuali per i quali ci si deve rapportare a un sistema giudiziario inefficiente. Basti vedere la normativa sui contratti di lavoro che è regolamentata da una selva di leggi e regolamenti di difficile comprensione anche per legali e commercialisti. Oltre a ciò vi è ancora una forte quanto anacronistica presenza dei sindacati in ogni angolo di attività produttiva che spesso frena o impedisce la flessibilità del lavoro, come diversamente già avviene in molti altri paesi industrializzati. Se poi a tutto questo si aggiunge l’enorme pressione fiscale che viene applicata su ogni genere di attività, non c’è da meravigliarsi se l’Italia presto scivolerà agli ultimi posti al mondo per fare business. Termometro indicatore sono le migliaia di chiusure aziendaliche ogni mese si registrano, vuoi per motivi di insolvenza, vuoi perché gli imprenditori italiani preferiscono migrare all’estero dove non vi sono selve burocratiche e legislazioni complicate da superare.
Anche l’Imu impedisce alle imprese di fare business in Italia
Ad aggravare la situazione – secondo la Banca Mondiale – è poi la questione dell’Imu. Il patrimonio residenziale italiano “ammonta a 6.355 miliardi di euro con una media di 4,2 volte il Pil nazionale. La tassazione indiscriminata del patrimonio immobiliare e quindi anche di quello a uso commerciale e industriale, sta creando notevoli problemi anche agli imprenditori italiani e stranieri presenti sul territorio, già soffocati da un’eccessiva pressione fiscale e da un costo del lavoro che non ha eguali in Europa se rapportato agli standard di vita.
Comunque prima di:
“E questo significa essenzialmente una cosa: meno investimenti da parte degli stranieri e delle multinazionali e recessione più lunga e profonda.”
mi preoccuperei dei non stranieri e delle non multinazionali: quella citata sopra e’ gente che fa tutto e solo a scopo di lucro, esattamente come il nostro amato Stato, con l’aggravante che l’utile se lo porta via, e appena le cose diventano meno profittevoli si porta via anche tutto cio’ che serve a produrre. Piu’ stanno alla larga meglio e’, ne abbiamo gia’ abbastanza in casa nostra, di profittatori. Siamo gia’ abbastanza colonia di noi stessi.
Mah, sono almeno venti’anni che tutti riconoscono che la pressione fiscale e’ troppo alta e la burocrazia soffocante, ma il risultato qual e’? E’ che quando le cose vanno bene si discute come spendere i soldi derivanti dall’aumentato gettito fiscale e come migliorare il paese con nuove normative “civilizzatrici”, mentre quando le cose vanno male si aumentano sia direttamente le tasse, che le regole e le leggi che servono ad aumentare il gettito imponendo nuovi obblighi e/o sanzioni.
Lasciamo perdere, l’unica cosa che vale la pena di fare e’… niente: almeno per non avere il rovello morale di aver contribuito attivamente alla sopravvivenza di un paese che merita di sprofondare.
Stanotte nel dormiveglia ho avuto un incubo: ero in ospedale e fin qui niente di male, ma poi sono scappato perche’ stavo bene e dopo un po’, a distruggermi, e’ arrivata la cartella esattoriale con gli infiniti, costosissimi giorni di degenza da pagare, dato che non ero mai stato ufficialmente dimesso, e quindi risultavo essermi sottratto a delle cure che mi spettavano, e non avendole accettate avrei dovuto pagarle di tasca mia, oltre alle tasse. (c’e’ una ratio, sapete che molte uls, fra cui la mia, fanno pagare il costo intero degli esami se non si vanno a ritirare entro un dato tempo, ecco un’altra cosa da tenere a mente, da cui l’incubo).
Uno Stato, anzi una patria, un paese che fa venire degli incubi cosi’, che senso ha?
Avanti di questo passo sarà l’italia dei governi delinquenziali a chiedere un governo neocoloniale sotto supervisione Fmi,Bce,Esm,Onu,Nato,Efta,Wto, etc,etc.
Un branco di coglioni, tutti sotto tutela pagata, anche col sangue.