DI LEONARDO FACCO
La questione della “legge fiat”, contrapposta alla Legge (il limite non arbitrario e di principio al potere politico) non solo è centrale nel dibattito fra politica e libertà – come spiega Giovanni Birindelli ogni volta che ci delizia con un suo saggio -, ma è dirimente dal punto di vista pratico, soprattutto in Italia.
La “legge fiat” dà, obtorto collo, origine alla frenesia normativa che colpisce quegli imbecilli che si candidano negli istituzioni (anche a livello comunale, sissignori), con la fregola di fare il bene comune. Questi imbecilli pensano di essere stati eletti per “fare una legge”; questi imbecilli pensano che passeranno alla storia solo se faranno più leggi di altri; questi imbecilli sono convinti che nessuno di noi possa vivere, o convivere, senza una legge emanata da uno di loro, perchè nel loro cervellino da Brambilla, accomunano l’emanazione di una legge al potere, che ovviamente è del tutto arbitrario.
Non solo, siamo costretti a sopravvivere in società inflazionate da norme – Tacito affermava che “quando le leggi sono moltissime lo stato è corrottissimo” – ma siamo sottoposti ad uno stillicidio di regole senza senso, che puntualmente debbono essere finanche finanziate da una gragnuola di tasse senza senso.
E non credo affatto che il prossimo governo, con relativo parlamento, invertiranno la rotta.
Con più di 110000 leggi, delle quali 30000 sono reggi decreti cioè residui dell’epoca monarchica, siamo la prima nazione al mondo per burocrazia, di (il)logica conseguenza ci mancherebbe altro che l’italiano medio non richieda a gran voce che il labirinto legislativo non venga ampliato d’altronde la cultura, la forma mentis nazionale è quella che ad ogni problema si risponde con il reclamo rituale : ci vorrebbe una legge che……. e/o lo stato mi deve dare……… Poi vivere sotto un sistema così significa cercare puntualmente di sfuggire e svincolarsi in ogni modo possibile dai suoi ingranaggi e sperare che la propria efficacia sbiadisca sotto il proprio peso. Eugene McCarthy aveva ragione quando diceva: L’unica cosa che ci salva dalla burocrazia è la sua inefficienza. Una burocrazia efficiente è la più grande minaccia alla libertà.
Vero. Solo che difendere il protezionismo nel commercio, come ha fatto Eugene McCarthy da buon labouristoide filoreaganiano (già questo la dice lunga sulle contraddizioni del personaggio), è un aiuto piuttosto evidente alla sopravvivenza di quella burocrazia che è poi chiamata a vigilare sul rispetto del citato protezionismo. Chi vive di esportazione e importazione preferisce giustamente l’inefficienza burocratica anche nel settore commerciale.
Si parla già di Giancarlo Giorgetti alla vicepresidenza del consiglio dei ministri e di Licia Ronzulli al ministero della salute. Alla faccia del cambiamento!