DI MATTEO CORSINI
Enrico Giovannini, già ministro e presidente dell’Istat, oggi docente all’Università di Roma “Tor Vergata” e Portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), ha scritto uno degli innumerevoli articoli che diffondono i mantra della sostenibilità (concetto peraltro assai vago) e della lotta al cambiamento climatico. Questo l’inizio:
“Se «una rondine non fa primavera», forse un folto stormo di uccelli sì. È quello che sta accadendo nel mondo della finanza e dell’economia sul tema della sostenibilità. E il cambiamento riguarda non solo i produttori e gli investitori, ma anche i consumatori e i risparmiatori, nonché i banchieri centrali.”
In effetti oggi la sostenibilità, almeno a parole, la si trova ovunque, come il prezzemolo. Per Giovannini non è una moda, però.
“La vera domanda da porsi, quindi, non è se si tratta di una moda (chiaramente non lo è) e se questa tendenza proseguirà anche in futuro (ovviamente sì), ma a quale velocità essa procederà e se siamo o meno alle soglie di una nuova fase del capitalismo, nella quale verrà “mandata in soffitta” l’impostazione che si è affermata a partire dalla svolta Reaganiana e Thatcheriana dei primi anni ’80 del secolo scorso.”
Per quanto riguarda la finanza, non so se sia il caso di parlare di moda, ma direi che il grado di cinismo che ruota attorno al tema della sostenibilità è lo stesso di ogni altro tema pro tempore trainante. Nel caso della politica direi che va anche peggio.
Giovannini si accoda a quanti vanno raccontando che i problemi del mondo di oggi siano dovuti a un eccesso di mercato.
“La bassa crescita del reddito, l’aumento delle disuguaglianze, l’inefficacia della politica monetaria, il cambiamento nelle preferenze delle giovani generazioni, sono solo alcuni dei segnali difficilmente spiegabili sulla base del paradigma ancora dominante. In più, le ricette che esso offre appaiono inconsistenti se non dannose in un’ottica di sostenibilità dello sviluppo.”
Che il paradigma dominante abbia fallito è indubbio. Che però il problema sia un eccesso di mercato non corrisponde al vero. Così come non è pacifico che basti riempirsi la bocca di “sostenibilità” per risolvere i problemi.
La politica monetaria, per esempio, non è certo uno strumento di libero mercato. E parte dell’aumento delle disuguaglianze è da addebitare all’ampio dispiego di espansione monetaria che ha inevitabili effetti redistributivi.
Non mi sembra che i fautori del cambiamento verso la “sostenibilità” stiano mettendo in discussione questo non irrilevante dettaglio. Al contrario, auspicano svolte “green” nelle distorsioni generate mediante la monetizzazione del debito attuata mediante il quantitative easing. Svolta che probabilmente si verificherà prossimamente.
Sarà colpa del mercato anche quando la svolta green si rivelerà non essere miracolosa?
Ha fallito la loro impostazione mainstream, keynesiana.
L’impostazione reaganiana e thatcheriana ha funzionato benissimo.
Semplicemente, passati loro hanno ricominciato come prima a stampare soldi, e questa è la prima causa di “aumento delle diseguaglianze”, dato che la politica monetaria perennemente espansiva che vediamo redistribuisce, dai “poveri” e medi ai loro amichetti.