DI CALEB MCMILLAN*
Uno dei miei film preferiti è Office Space di Mike Judge. Non voglio anticipare nulla a chi non l’avesse visto. L’unica ragione per cui lo cito è per una scena in cui un personaggio di nome Tom Smykowski deve, in buona sostanza, affrontare un colloquio per un lavoro che ha già (qui la scena). Nel film, Tom dovrebbe fare da “ponte” tra clienti e ingegneri. Qualcuno ha creato un meme per questa scena, sostituendo il cliente con il contribuente e Tom con il governo. Nello spirito di questo meme, mi piacerebbe parlare dell’idea diffusa secondo cui il “settore privato” non è in grado di costruire le strade, aeroporti, ponti, fognature, dighe, porti, centrali nucleari e di tutti gli altri “servizi essenziali” monopolizzati dallo stato.
Pensiamoci un momento. Milioni di individui, associati tra loro, non sarebbero in grado di preparare un piano per fissare lastre di pavimentazione al fine di collegare il punto a con il punto b. No, gli individui che agiscono come imprenditori non sono in grado di scambiare tra loro per soddisfare gli interessi dei consumatori. Il processo di creazione di una strada richiede, al contrario, un monopolio territoriale che preleva coercitivamente i soldi dal pubblico. Questo monopolio deve quindi scegliere quali imprese di costruzione costruiranno le strade, la quantità di strade e la loro posizione. Chiaramente, e qui faccio del sarcasmo, lastre di pavimentazione o sentieri di ghiaia non possono certo essere lasciati ai capricci di associazione di volontariato e di scambio. E’ necessario un sistema basato sulla violenza.
Forse il problema è il capitale insufficiente? Questo è l’argomento più comune che sento: il pagamento forzato permette un grande accumulo di capitale impossibile in un sistema libero di imprenditori in competizione tra loro.
Ma questo assunto si basa su due errori. Uno è il concetto ovvio che il “capitale di governo” è un ossimoro. La parola capitale indica l’esistenza di una sorta di risparmio da parte di un singolo o di un gruppo. Il capitale si forma quando si limita il consumo; non c’è “risparmio” all’interno di un governo. Non ci può essere un vero “capitale del governo”, se il governo tassa e spende soltanto. Anche se il governo semplicemente “raccoglie” e non impiega il bottino, questa non è accumulazione di capitale più di quella di un ladro che rapina una banca e poi infila il denaro sotto il materasso, invece di spenderlo subito.
Il secondo errore insito nell’idea secondo cui il settore privato non avrebbe capitale sufficiente per finanziare progetti come strade, è la convinzione che il capitale sia omogeneo. Questo concetto è molto popolare tra i keynesiani ma è in netto contrasto con la realtà. Il capitale è un intricato e complesso ordine di beni interrelati in strutture complementari. Dire che le imprese, siano esse grandi o piccole, non hanno il capitale sufficiente per la costruzione di strade (o simili) è una pretesa di conoscenza. Chi può dire quanto o che tipo di capitale è necessario per le strade? Nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel, Hayek ha detto:
Diversamente della posizione che esiste nelle scienze fisiche, nell’economia e in altre discipline che si occupano di fenomeni essenzialmente complessi, gli aspetti degli eventi da spiegare, di cui possiamo ottenere dati quantitativi, sono necessariamente limitati e possono non includere quelli importanti. Mentre nelle scienze fisiche si assume generalmente, probabilmente a buona ragione, che ogni fattore importante, che determina gli eventi osservati, può essere a sua volta direttamente osservabile e misurabile, nello studio di fenomeni complessi come il mercato, che dipendono dalle azioni di molti individui, difficilmente tutte le circostanze che determineranno il risultato di un processo, per i motivi che spiegherò più avanti, potranno mai essere completamente conosciute o misurabili”.
Milioni di individui con preferenze soggettive diverse scambiano gli uni con gli altri e da questo emerge un meccanismo di prezzi obiettivo. Gli imprenditori utilizzano questo meccanismo dei prezzi al fine di determinare il miglior modo di allocare risorse scarse per soddisfare la domanda dei consumatori. La concorrenza tra imprenditori elimina i meno capaci, premiando così il consumatore con l’efficienza. Questo processo, noto come il libero mercato, ha creato standard di vita inimmaginabili persino per i più abbienti nei secoli passati. Questo processo ha trasformato i computer da grandi, costosi calcolatori ai piccoli dispositivi portatili, a prezzi accessibili praticamente a tutti. Il processo di mercato ha creato un mondo in cui il cibo raggiunge tutti in varietà e in abbondanza a basso costo. In contrasto con lo sviluppo dei computer e dei negozi di alimentari nelle società dove è lo stato ad avere la proprietà dei mezzi di produzione. Il mantenimento della proprietà dello Stato nel settore stradale e in altri settori “essenziali” ritarda lo sviluppo tecnologico inerente al libero mercato.
Alla domanda, “chi costruirà le strade?” sono spesso incline a rispondere: “Non lo so”. Questo crea, in genere, un senso di trionfo nell’avversario, in quanto l’ammissione del “non sapere” conferma loro il sospetto che il mercato sia inferiore alla coercizione statale. Ma il “non lo so” non è un’ammissione di sconfitta, quanto, piuttosto, l’ammissione di non poter prevedere il processo di mercato. Avevo otto anni quando la mia famiglia comprò il primo computer, lo ricordo chiaramente, ma in nessun modo avrei potuto prevedere ciò che il futuro dei computer avrebbe portato. Lo stesso vale per l’idea che strade e altre infrastrutture possano essere gestite solo dal monopolio territoriale. Non posso prevedere che aspetto avranno le strade o come potranno funzionare senza le lastre di pavimentazione del governo. E se anche potessi, avrei dato un argomento a favore della pianificazione statale: se io posso predire il futuro, perché non può farlo un consiglio di burocrati che ha a disposizione fondi prelevati dai cittadini?
Anche in questo caso, Hayek descrive perfettamente il problema che stiamo discutendo:
Se l’uomo non deve fare più male che bene nei suoi sforzi per migliorare l’ordine sociale, dovrà imparare che in questo, come in tutti gli altri campi in cui la complessità essenziale di un genere organizzato prevale, non può acquisire la conoscenza completa che permetterebbe la padronanza degli eventi. Quindi dovrà usare la conoscenza che può ottenere, non per modellare i risultati come l’artigiano modella i suoi oggetti, ma piuttosto per coltivare una crescita fornendo l’ambiente adatto, così come fa il giardiniere per le sue piante. C’è un pericolo, nell’esuberante sensazione di sempre maggiore potere che il progresso delle scienze fisiche ha generato, e che tenta l’uomo, “ubriaco di successo” per usare una frase caratteristica del primo comunismo, a cercare di soggiogare al controllo della volontà umana non solo il nostro ambiente naturale ma anche quello umano. Il riconoscimento dei limiti insormontabili alla sua conoscenza deve effettivamente insegnare allo studioso della società una lezione di umiltà che dovrebbe impedirgli di diventare un complice nel fatale tentativo degli uomini di controllare la società – un tentativo che lo rende non solo un tiranno dei suoi compagni ma che può renderlo il distruttore di una civiltà che nessun cervello ha progettato ma che è nata dagli sforzi liberi di milioni di individui.
Murray Rothbard, come Walter Block, aveva previsto un sistema di strade possedute da privati. Tom Di Lorenzo ha discusso il mito che i beni e servizi “essenziali” debbano essere oggetto di monopolio. Non ripeterò qui le loro conclusioni. Vi lascio, invece, con un altro meme. Uno che ho usato per evitare prolissi dibattiti politici con statalisti:
Articolo di Caleb McMillan su Mises Canada
*Link all’originale: http://vonmises.it/2012/12/05/e-chi-costruira-le-strade/
Traduzione di Chiara Garibotto
Vorrei tanto dire ai sostenitori della famigerata “economia mista”: E chi mai decide quali debbano essere i settori produttivi “riservati” allo Stato? E se lo Stato è talmente “bravo” a costruire strade e centrali nucleari, per quali motivi diventerebbe “imbecille” quando si tratta di automobili o di panettoni? E come mai lo Stato “arma”, contro i cartelli e i monopòli, tignosi antitrust e garanti vari, salvo fare spallucce quando è lui il monopolista? Il danno per i cittadini non è solo economico, ma intellettuale e morale: ci si convince che non si possa vivere senza mamma-stato
basta guardare qui in italia chi ha costruito le autostrade dell’antichità, i tratturi.
erano i pastori che muovendo le greggi verso il fresco delle montagne d’estate ed il clima più mite del litorale in inverno, aprivano e tenevano puliti grandi sentieri che rappresentavano vere vie di comunicazione.
S’è potuto fare anche per l’assenza dello stato moderno che considera sua proprietà privata ogni centimetro di terreno, dalla più remota cima dello spartiacque fino all’ultima spiaggia ed oltre ed ancora più in la.
I pastori potevano vagare nella terra senza padrone che c’era tra un paese e l’altro, erano commercianti che barattavano i propri prodotti con quelli che trovavano dove andavano, che consumavano o si portavano nelle successive tappe per ulteriori scambi.
non solo: i vie battute dagli etruschi per i loro commerci andavano anche oltre le alpi. E poi i romani le hanno utilizzate per gli eserciti ma ben prima sono stati i liberi commerci di gente in libero mercato ad aver aperto le strade.
fare ancor oggi l’ebete domanda “ma senza lo stato chi farebbe…” è come invocare lo stato per produrre -per esempio- panettoni, sale e tabacchi, trasmissioni televisive, trasporti aerei o i ponti.
Io, alla domanda “chi costruirà le strade?” rispondo ironicamente (ma neanche tanto) che non ho mai visto i governanti costruirle.