DI PIETRO AGRIESTI
Mi esprimo in modo estremamente moderato. C’è una discrezionalità evidente nel multare o mandare a processo il signore o la signora X, in un paese dove a torto o a ragione le persone che anche pubblicamente, sui media di tutti i generi, esprimono veementi critiche al fisco, alle istituzioni, ai dipendenti pubblici, ai loro dirigenti e ai loro metodi, sono una infinità.
Ma viene da chiedersi potendo scegliere sarebbe meglio multare o mandare a processo tutti o nessuno?
La riposta mi sembra la seconda. Criticare lo Stato non è come criticare un privato. In una democrazia i cittadini dovrebbero avere sempre e comunque il diritto di dire peste e corna dello Stato, dei politici e delle istituzioni.
Perché chi ha un potere politico o gode dello status di funzionario statale dovrebbe, per una questione di equilibrio e di controllo, venire compensato dei suoi privilegi con meno diritti e più doveri almeno in certi ambiti rispetto al privato cittadino.
Dovrebbe ad esempio godere di minori protezioni rispetto alla privacy e alla reputazione, ed essere esposto a più controlli e maggiore libertà di critica da parte dei cittadini.
La trasparenza e la libertà di critica sempre e comunque verso lo stato, le istituzioni e la politica sono un elemento di controllo del potere e di equilibrio democratico.
Anche la prepotenza dello Stato nei confronti dei cittadini (alla faccia della tanto sbandierata democrazia) è una forma di fascismo. In Italia c’è sempre stata una specie di fascismo se con fascismo si intente l’abuso di potere esercitato da chi pensa che avere incarichi pubblici significhi essere al di sopra di chiunque. Neri, bianchi o rossi che siano, le “autorità”, le “uniformi” e ancora più semplicemente tutti coloro che agiscono in nome e per conto dello Stato agiscono in modo fascista. Le camicie nere, i manganelli, l’olio di ricino sono tutta un’altra cosa e, per fortuna, appartengono ormai a un lontano passato.