In Economia, Libertarismo

Di Curt Howland
Domanda: Cosa ne pensano i libertari riguardo alla crudeltà delle condizioni di lavoro durante la rivoluzione industriale, quando c’era poca o nessuna regolamentazione e sfruttamento dei lavoratori? Come mai oggi è diverso e quali sono le regolamentazioni necessarie?

Le condizioni di lavoro durante la rivoluzione industriale erano orribili, sì. Ciò che tende a essere dimenticato, guardando indietro a quel momento, è come le condizioni di vita fossero comunque migliori di quelle pre-rivoluzione industriale.

Durante quella terribile rivoluzione industriale, le durata della vita stava piano piano aumentando, la mortalità infantile diminuiva, la ricchezza individuale era in netto aumento tra i poveri.

Quindi, perché lavorare in un mulino o in una fabbrica? Perché era meglio che morire di fame.

I bambini lavoravano? Sì, i bambini hanno sempre lavorato finché gli adulti non sono diventati abbastanza produttivi attraverso l’industrializzazione. Gli adulti non erano in grado di supportare una famiglia senza che i bambini lavorassero. Le leggi non hanno fermato il lavoro minorile, la produttività lo ha fatto.

La produttività oggi è molto più alta, non le regolamentazioni. Questa è la differenza. Se si abrogassero tutte le regolamentazioni governative gli stessi incentivi esisterebbero come esistono ora.

I salari aumentano per mantenere lavoratori capaci, affidabili e produttivi. Le condizioni di lavoro migliorano, le ore si riducono, i benefici aumentano, tutti per lo stesso motivo.

La relazione antagonistica tra lavoro e gestione è un mito. Senza buoni dipendenti, l’impresa fallisce. Senza una buona gestione, l’impresa fallisce. Senza innovazione, l’impresa fallisce. E così via.

Recent Posts
Showing 15 comments
  • spago

    “Quando ci viene chiesto di immaginare una scena di condizioni di lavoro aberranti durante l’Era Vittoriana, molte persone tirano fuori l’immagine delle fabbriche del XIX secolo. Ma la vita di una domestica era, al tempo, molto peggiore di quella della maggior parte delle “ragazze di fabbrica.” Questa è solo una delle molte sorprendenti intuizioni che si possono trovare nell’affascinante libro di Judith Flanders, “Dentro la casa vittoriana”: le fabbriche hanno aiutato a migliorare le condizioni di lavoro, specialmente delle donne.

    Nel 1851, una su tre donne fra i 15 e i 24 anni a Londra lavorava come domestica. Il loro lavoro era spesso stremante, e non c’è da meravigliarsi se molte di loro si sono affrettate a cogliere l’occasione di andare in fabbrica e lasciare il servizio domestico.

    Primo, considerate come le condizioni di salute differivano tra i lavori domestici e le fabbriche. Una domestica media “godeva di meno tempo all’aria fresca di un’operaia,” secondo Flanders. Le cucine e i fornelli delle case vittoriane benestanti, dove la servitù spendeva la maggior parte del suo tempo, erano particolarmente anti igieniche. I ratti erano tollerati, mentre i servi concentravano i loro sforzi sulla minaccia più numerosa: gli scarafaggi. Il tipico “pavimento della cucina di notte palpitava con un tappeto vivente” di scarafaggi, e il tipico soffitto della cucina brulicava di coleotteri. Quando la scrittrice Beatrix Potter visitò la casa dei suoi nonni nell’estate del 1886, la sua servitù “dovette sedersi sul tavolo della cucina [mentre lavorava], perché il pavimento brulicava di scarafaggi.”

    Come se i rischi per la salute non fossero abbastanza gravi, prendiamo in considerazione l’estenuante orario di lavoro. Una tipica domestica “svolgeva almeno dodici ore di pesanti lavori fisici al giorno, cioè due ore in più di una lavoratrice in fabbrica (quattro ore in più il sabato)”. Inoltre, al contrario della maggior parte di chi lavorava in fabbrica, i domestici raramente avevano il sabato libero. Una tipica giornata di lavoro per una domestica cominciava alle sei di mattina al più tardi, non dopo le cinque e mezzo d’estate, e non terminava prima delle dieci di sera — al più presto. Lavorare dalle cinque del mattino fino a mezzanotte non era inaudito. I servi dovevano affrontare una lista quasi impossibile di compiti quotidiani che non lasciavano praticamente tempo per mangiare, riposare o pulire i propri alloggi, per non parlare delle attività del tempo libero.”

    – le persone lasciate libere si muovono dal peggio al meglio. Quando una persona agisce lo fa perché ritiene preferibile compiere quella azione piuttosto che non compierla, e quindi si muove verso ciò che le sembra vantaggioso. Se andavano a lavorare in fabbrica è perché la fabbrica costituiva un meglio rispetto a un peggio.

    – mentre Karl Marx sosteneva che lo sviluppo capitalista avrebbe ridotto tutti tranne pochi plutocrati a condizioni di vita miserabili, stava già accadendo il contrario: il capitalismo stava già all’epoca, proprio attraverso l’industrializzazione, migliorando le condizioni di vita dei lavoratori, cioè dei ceti medio-bassi (su questo anche la collezione di saggi “Il capitalismo e gli storici” curata da Hayek).

    https://spectator.org/if-you-thought-scrooge-was-bad-consider-the-victorian-home/?fbclid=IwAR0ldsu3csKbm3Hmrod03caMWXvclodR42lDO-9Y3900FXDwCMMbhwiaTjY

  • giorgio

    affermare che la rivoluzione industriale nel breve periodo ha aumentato il tenore di vita degli operai significa mistificare la storia, mentire spudoratamente, ignorare tutta la letteratura sull’argomento per credere a qualche ciarlatano che inventa dati a casaccio. un brutto servizio insomma per la divulgazione storica

    • leonardofaccoeditore

      Hai mai letto Sergio Ricossa?

      • giorgio

        no, leggo solo un romanzo alla volta. ora tocca a murray rothbard e il suo manifesto libertario

    • Francesco

      Quindi la gente andava a lavorare in fabbrica a frotte giusto per rovinarsi la vita…

      • giorgio

        lei non ha la benché minima idea di cosa sia stata la rivoluzione industriale e di cosa erano le enclosures. studi prima e poi ne riparliamo

    • giacomo

      La rivoluzione industriale ha migliorato la vita degli operai, che sia avvenuto nel breve periodo non mi pare sia specificato nell’articolo, lo sta dicendo lei.

      • giorgio

        “Le condizioni di lavoro durante la rivoluzione industriale erano orribili, sì. Ciò che tende a essere dimenticato, guardando indietro a quel momento, è come le condizioni di vita fossero comunque migliori di quelle pre-rivoluzione industriale.”
        questo è scritto, e questo è una grossa bugia, perché nel breve periodo le condizioni di vita della classe operaia è stata di gran lunga peggiore rispetto a quella dedita all’agricoltura o persino a quella disoccupata, che trovava ristoro spesso presso le istituzioni religiose.

        • Fabrizio de Paoli

          Non capisco tanto l’affermazione “le condizioni di lavoro erano orribili”.
          Rispetto a cosa? A quelle attuali? In questo caso allora si dovrebbe dare atto che il progresso tecnico iniziato dalla rivoluzione industriale ha portato un miglioramento.
          Non credo abbia senso fare un paragone qualitativo (materiale) tra l’epoca attuale e quelle passate, anche i ricchi del passato avevano un’aspettativa di vita più bassa di ora, non avevano il frigorifero e neanche il rubinetto dell’acqua calda, viaggiavano in carrozza senza riscaldamento e senza pneumatici (pensa che mal di schiena…).

          Paragoni invece più interessanti e fattibili sono quelli che riguardano il grado di schiavitù, per esempio a scuola mi hanno raccontato che i servi della gleba dovevano versare la “decima”, ossia il 10% di quanto producevano, ben lontano dal 70 e oltre che devono versare i sudditi attuali.

  • Ciccio Addamurì

    Dickens visitò una fabbrica USA, tessendone gli elogi per le condizioni di lavoro: un paradiso,
    rispetto alle “sue” fabbriche inglesi. Evidentemente i più ricchi e più liberali Usa e con forza lavoro limitata e non sovrabbondante come in GB potevano offrire condizioni di miglior favore agli operai, o forse il padrone era un buon cristiano, o un progressista, o un volpone ala Ford, che aveva capito che solo estendendo il benessere ai suoi operai poteva arricchirsi ulteriormente.

    Il problema è che il capitalismo è nato in Inghilterra, gran brutto popolo di avidi, pidocchiosi e avari fino allo spasimo; con teorie di comodo i padroni si accordarono affinchè i salariati ricevessero il minimo indispensabile per non morire di fame poichè il di più avrebbe solo fatto danni, portando vizio e ubriachezza. Ovvio quindi che la loro insulsa condotta ci abbia regalato il marxismo. La GB fu sempre uno stato “duro”, basato sulla rapina istituzionalizzata, dai galeoni spagnoli assaltati dai vari Drake e Morgan, ai tanti vicerè che depredavano le Indie e instupidivano i cinesi con l’oppio per dominarli meglio. Lo stato che si porta spesso come esempio di democrazia è stato il peggior tiranno del mondo; se non avesse avuto un impero da saccheggiare, probabilmente un fascismo di proporzioni inimmaginabili avrebbe albergato in Buckingham Palace. Altro che cazzi.

  • giorgio

    Le condizioni di lavoro durante la rivoluzione industriale erano orribili, sì. Ciò che tende a essere dimenticato, guardando indietro a quel momento, è come le condizioni di vita fossero comunque molto migliori di quelle pre-rivoluzione industriale.

    menzogne così non dovrebbero essere nemmeno pubblicate da qualsivoglia sito che difende la cultura libertaria. non è assolutamente vero! le indagini sulla classe operaia inglese durante l’epoca vittoriana sono state molte, e tutte concordano sul fatto che gli operai avevano un’aspettativa di vita fino a 4 volte superiore rispetto alla popolazione che viveva nella campagna, senza contare l’estremo degrado dettato dalla promiscuità tra donne e uomini grandi e piccoli a cui erano sottoposti soprattutto i più giovani. certe balle potete almeno risparmiarvele

    • Francesco

      Ma hai riletto quello che hai scritto?
      Cito “avevano un aspettativa di vita fino a 4 volte superiore rispetto a chi viveva nella campagna…” in sostanza chi lavorava in fabbrica campava fino a 4 volte di più? A parte l’opinabilità del dato (fonte?), in sostanza dai ragione a quanto scritto nell’articolo.

      • giorgio

        inferiore… scrivevo da telefonino e non ho prestato la dovuta attenzione. certo, io devo presentare le fonti mentre quello che ha scritto sopra no, però tanto a lui ci credi, vero? comunque, per farti contento puoi andare a leggerti tra gli altri i seguenti testi: Factory reports, reports of mines, i reports della children’s employment commision, public health 3rd report, reports of inspections of factories, i libri azzurri, una pletora di articoli del times e del daily telegraphl, ecc. molti li trovi citati nel primo libro del capitale di marx o in la situazione della classe operaia in inghilterra di engels. ovviamente, tutti i testi sono citati dai due studiosi, se vuoi andare a verificarli.

        • giacomo

          Secondo gli storici E. A. Wrigley e Roger S. Schofield, tra il 1781 e il 1851, l’aspettativa di vita è aumentata del 15% da 35 a 40 anni. Fonte: Wrigley, E. Anthony, and Roger S. Schofield. The Population History of England, 1541–1871: A Reconstruction.

          • giorgio

            stiamo parlando della popolazione impiegata nell’industria, non della popolazione generale quindi anche quella non toccata dal lavoro in fabbrica. in ogni caso, si legga questo articolo dove sono riassunti alcuni punti fermi della demografia storica concernete i distretti industriali inglesi
            economist.com/free-exchange/2013/09/13/did-living-standards-improve-during-the-industrial-revolution

Start typing and press Enter to search