DI GIOVANNI BIRINDELLI
La notizia di questi giorni è che la persona che rappresenta l’attuale punto di arrivo del processo di selezione democratico (processo che, per ragioni logiche, che non stiamo qui a spiegare, tende a selezionare sempre i peggiori, e in particolare i più idioti) ha annunciato che entro fine anno lo stato imporrà la chiusura domenicale dei negozi.
Naturalmente, per motivi che agli occhi di chi è capace di ragionare sono ovvie, questo provvedimento in sé è lesivo della libertà ed economicamente distruttivo. Per questo merita di essere commentato da quei pochi che sono in grado di ragionare. E in questi giorni lo è stato ampiamente.
Tuttavia, mi chiedo, commentare in lungo e in largo un provvedimento attraverso cui lo stato impone la chiusura domenicale dei negozi mentre lo stato, per esempio, continua a imporre il suo denaro fiat, non rischia, nel lungo periodo, di essere controproducente?
Certo, l’imposizione da parte dello stato dell’orario di chiusura dei negozi è un fatto di attualità, e quindi riceve molta attenzione. Viceversa, l’imposizione da parte dello stato del suo denaro fiat, sebbene sia un provvedimento coercitivo che viola la libertà e distrugge ricchezza su un ordine di grandezza incalcolabilmente superiore, è un fatto “vecchio”, che ormai è considerato acquisito. Nel commentarlo, si diventerebbe ripetitivi e si perderebbe di attenzione.
Ma è proprio questo il punto: se, per non essere ripetitivi, commentiamo di volta in volta i provvedimenti coercitivi del momento dando loro un spazio molto maggiore di quello che nella stessa unità di tempo diamo a provvedimenti molto più catastrofici (anche se “vecchi”), non rischiamo di partecipare al consolidamento di questi ultimi? Non rischiamo di fare il gioco degli idioti che controllano la macchina coercitiva statale?
Questa è una domanda su un punto generale: non sono in grado di dare consigli e non mi permetterei mai di suggerire a qualcuno come impiegare il suo tempo o quanto commentare cosa. Dico solo che, se io fossi quell’idiota, un pattern di reazioni di questo tipo sarebbe la cosa migliore che potrei sperare.
Mi darebbero molto più fastidio persone che attaccassero le mie aggressioni incomparabilmente maggiori (quelle sistemiche che agiscono sulla struttura) senza paura di essere ripetitive; oppure persone che commentassero i nuovi ‘piccoli’ provvedimenti coercitivi mettendo sempre in chiaro il legame col “problema sorgente” (e quindi che il problema non è che quei provvedimenti siano stati imposti ma che abbiano potuto esserlo).
Questo tuttavia vale per me. Le priorità e percezioni individuali sono diverse e quello che vale per uno non è affatto detto che valga per qualcun altro, anzi.