DI CAMILLA BRUNERI
Pensiamo forse di vivere in “democrazia”? Ma lo sapete cosa è riuscita a fare la democrazia fino a questo punto?! Sicuramente è riuscita a farsi sopravvalutare.
Stando alla definizione del vocabolario, il termine appare ammantato da positivita’ e melanconia, è qualcosa che dovrebbe farci bene, farci sentire tutti uguali…tutta colpa del romanticismo! Ma il peggio non è dato neanche da questo. Servendomi delle parole di un grande pensatore dell’autonomia quale è Hoppe: “Democracy has nothing to do with freedom. Democracy is a soft variant of communism, and rarely in the history of ideas has it been taken for anything else”. La democrazia non ha nulla a che fare con la libertà, è una variante soft del comunismo e raramente nella storia delle idee è stata considerata diversamente. Nella storia sappiamo anche noi quale sia stato il suo successo, purtroppo pero’ i male informati a suo carico sono ancora troppi e oggi si stupiscono di come, in nome della suddetta, si possano legittimare rincari, frodi, furti. Sappiamo anche come sia andata a finire con il comunismo?
Se siamo sull’orlo della guerra civile, cara ai catastrofisti, che ancora non hanno capito che un sistema come questo è stato progettato per durare, attraverso la famosa legittimazione di atti normalmente considerati criminali (come ogni dittatura che si rispetti), è perché ci si ostina a sostenere che sia giusto e necessario sacrificare il cittadino per salvare la democrazia.
Ma come può, ciò che dovrebbe tutelarci, vivere della nostra sopravvivenza? Non trovate ci siano, a questo proposito curiose assonanze con forme di governo dalle quali la nostra “democrazia” ha promesso di difenderci?
Forse nessuno nella storia si è mai trovato davvero a vivere in una “democrazia”, dato lo scarso impegno idealista dei cittadini che non si pongono il problema di comprenderne il reale significato, in potenza non necessariamente cattivo, solo imperfetto, diciamo pure impreciso (almeno in occidente). Non andiamo troppo lontano ed esaminiamo la Costituzione, principio guida dello stato italiano, testo grandemente sottovalutato, che qui però dimostra la propria desolante debolezza e impotenza.
L’articolo 52 (Titolo quarto) in particolare fa uso di termini poco appropriati per quella che era l’idea ateniese di democrazia, ben diversa dalla sua applicazione moderna. “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.” Cos’è “patria” e perché “sacro”, in virtù di cosa? Quella di Bakunin forse, stessa lingua-stessa gente-stessa storia ma niente bandiera? No, nemmeno quella perché la bandiera in Italia c’è eccome e ci si ricorda del suo significato solo quando fa comodo.
“Il servizio militare è obbligatorio (…)” ora non più ma non mi sembra che il carattere d’obbligatorietà di questa norma lasci particolare spazio alla libertà personale, pur non pregiudicando la successiva carriera lavorativa (che, tempo un solo articolo e diviene fonte di ricchezza economica per lo Stato, attraverso un altro obbligo,quello del pagamento delle tasse).
E ancora “L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.” Vediamo di soffermarci su ogni singolo termine: con “spirito” eccoci tornati al carattere trascendente della democrazia, che dovrebbe invece rappresentare la più terrena delle idee, essendo per definizione il governo del popolo. Quando il termine “democratico” segue un concetto come quello di spirito, dobbiamo forse pensare che tale idea ci sia stata ispirata da un’entità divina? Vero è che l’Italia è uno stato laico a tolleranza religiosa, ma mescolare sacro e profano non sempre è un bene, sicuramente a livello di comprensione. Ciò non disturberebbe ma i primi semi democratici provengono da una realtà ben lontana e molto smaliziata in materia divina (basti pensare ad uno dei protetti di Pericle, Anassagora eretico ante litteram)… Non saprei dire se sia effettivamente un bene essere giunti a comporre un testo utile e concreto e che di spirituale dovrebbe avere poco, inserendovi concetti tanto astratti. Sarebbe sicuramente un bene se fossimo capaci di gestirlo.
E questo famigerato divin-concreto “spirito democratico” in che rapporto si trova con la Repubblica? Il testo dice che “si informa”, forse il passaggio più criptico di tutto l’articolo. Non “con”-forma, non “ri”-forma, ma “in”-forma. Vocabolario alla mano alla voce “informare”: “dar forma” , “istruire”, e quindi “dare notizia”, dotare di forma e come esempio citiamo “l’anima informa il corpo”. (Treccani) Non “contro” ma “per”, dunque l’esercito prenderebbe forma a partire dallo spirito democratico, per la sacra difesa della Patria (o Repubblica), questo dovrebbe significare. Ebbene mi pare di aver esaurito il concetto in una riga, con le medesime parole, senza aver spiegato in realta’ nulla più dell’articolo stesso, ma sicuramente in una forma più retorica.
Ed eccoci giunti all’anello più debole: la contribuzione.
Notando cosa dice la Costituzione, possiamo finalmente arrivare al comunismo “soft” di cui parla Hoppe. La proprietà e l’iniziativa private rimangono (articoli da 41 a 44), ma da articolo 53 leggiamo che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche (anche se) in ragione della loro capacita’ contributiva” (decisamente relativa). Quindi finanziamenti privati di un “tutti” non meglio specificato ma invariabilmente assoluto, ottenuti mediante la “libertà inviolabile”dei cittadini di scegliere l’ “iniziativa economica privata”, per fini pubblici. Denaro privato in casse pubbliche…
Ma lo Stato cosa possiede d’altro? I “beni economici”, sì ma quali? “La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo (mai proporzionale e puntuale), espropriata per motivi di interesse generale”. Per non parlare dei “limiti della successione legittima e i diritti dello Stato sulle eredità” o i monopoli.
Sono solo alcuni dei modi per vivere sulle spalle di quei privati cittadini che, conformemente alle norme del libero (?) commercio, utilizzano i propri capitali (ed eventualmente stranieri, che potrebbero pero’ soffrire della stessa malattia) per vivere esattamente come fa lo Stato democratico.
Sarebbe perciò una persona? Ma come produce ricchezza questa persona? Investendo i capitali pretesi per diritto divino (e soprattutto di pancia).
Che differenza c’è con il comunismo? Stando alla storia ateniese, il cittadino (pur con tutti i limiti alla definizione di cittadino a quel tempo) era tenuto a sguainare la spada per difendere la porta di casa, ma non erano previste limitazioni al commercio date dalla sovranità economica che lo Stato impone, cercando di farci credere sia per il nostro bene. Infatti, secondo J.S. Mill, grande teorico liberale inglese, un individuo è libero di raggiungere la propria felicità come meglio ritiene e nessuno può costringerlo a fare qualcosa con la motivazione che sarebbe meglio per lui, ma potrà al massimo consigliarlo. Lui parlava ancora di Stato ma nell’epoca del positivismo anche quello era studiato come un eterno esperimento (non per questo giusto). Ma non si può non riconoscergli la ragione di questo pensiero, allora perché lo Stato dovrebbe sentirsi in diritto di metterci le mani in tasca?
Negli stessi anni posizioni simili erano state prese anche Frédéric Bastiat, questa volta ci troviamo in Francia, prova del fatto che non tutti i germi del progresso avessero negativamente intaccato le menti dei grandi pensatori politici, che non ci si dovesse adeguare al progresso ma che vi fossero (e ancora e sempre ci sono) principi e soprattutto necessità assolute e universali (nel senso kantiano della definizione). Semplicemente questo (sfogliando la Garzantina di Filosofia ho purtroppo notato la mancanza di Bastiat fra le varie voci, si dovrà provvedere).
Appare così cristallino come possa essere stato frainteso il pensiero liberale da chi pensa di parlare di democrazia, proprio come scrive Birindelli nel suo bell’articolo “Avversari con le spalle al muro“. Bisognerebbe comprendere quindi che leggere ed “informarsi” non è poi una così cattiva abitudine.
Certo che a leggere i commenti su YouTube, degli utenti su byoblu, quel kazzolaro di Fusaro sul turbocapitalismo, sulle pagine del Fatto Quotidiano e pagine sovraniste varie ecc ecc ci starebbe solo da incazzarsi, quindi la democrazia è la dittatura degli umori della massa, al giorno d’oggi, nient’altro.