DI ROBERTO ENRICO PAOLINI
La maternità surrogata, per chi non lo sapesse, è quella pratica per cui una donna mette a disposizione di un’altra donna – affetta da sterilità o da patologie che le impediscono di portare a termine una gravidanza – il proprio utero affinchè quest’ultima possa diventare madre. Una pratica in Italia vietata dalla legge 40 ma molto diffusa all’estero.
Perchè proibire detto trattamento? Qual è la ratio di tale divieto? L’argomento utilizzato per demonizzare detta pratica è lo stesso brandito per condannare la prostituzione. Si tratterebbe di un caso di sfruttamento della donna che per motivi economici sarebbe “costretta” ad “affittare” una parte del proprio corpo, nel primo caso per procreare, nell’altro per piacere altrui.
Alla base di questa tesi vi è l’assunto che la donna sia un soggetto “debole” ed, in quanto tale, bisognoso di protezione da parte dello stato, il quale, in veste di tutore decide in suo nome e per suo conto anche riguardo all’utilizzo del suo corpo. Ma se il corpo non appartiene alla donna, a chi appartiene? Stando a tale logica socialdemocratica la risposta è semplice: allo stato. Se un essere umano, adulto, non può disporre di una parte del proprio organismo, significa che un altro soggetto ne ha assunto il controllo, il Leviatano: che, affetto da insaziabile ingordigia, oggi non si accontenta più di mettere i propri tentacoli nelle tasche dei tax-payers sottraendo loro le risorse legittimamente prodotte, ma pretende di condizionarne il movimento, le azioni, il comportamento. Si tratta di una vera e propria invasione del Leviatano nel privato di ognuno di noi, la statalizzazione del corpo umano e delle scelte più intime dell’individuo.
Proibire ad una donna di noleggiare una parte del proprio corpo per consentire ad un altra donna di diventare madre è una vera e propria aberrazione morale. La maternità surrogata infatti dovrebbe essere trattata come qualunque altra prestazione commerciale tra adulti consenzienti: si tratta di una scambio volontario tra una donna che acconsente liberamente di portare in grembo il bambino di un’altra donna impossibilitata a farlo in cambio di denaro. Proibire detta pratica significa impedire ad un individuo di utilizzare una parte del proprio corpo per uno finalità che egli ritiene giusta oltre che vantaggiosa.
Le transazioni sul libero mercato infatti sono sempre vantaggiose per entrambe le parti: qualcuno rinuncia consapevolmente a qualcosa (ad un bene, ad un servizio, al proprio tempo libero – nel caso in questione per 9 mesi –) in cambio di una remunerazione. Ma questa teoria è ormai universalmente avversata dal socialismo imperante nelle democrazie occidentali secondo cui solo le transazioni “controllate” ed “approvate” dallo stato possono definirsi “giuste” e quindi legittime. Lo stato etico socialdemocratico ormai, infatti, in forza del voto popolare, si arroga senza più inibizioni anche il compito di fornirci criteri di giustizia per legge, ossia imposti dall’alto e per definizione “cogenti”. In un paese libero, invece, la determinazione di quale sia un comportamento virtuoso non dovrebbe essere prerogativa della mano pubblica in quanto la virtù è un fattore individuale che deve essere lasciato alla coscienza degli individui protagonisti di interazioni volontarie.
Secondo i guru del politicamente corretto, però, sarebbe vero il contrario: il divieto sancito dallo stato con riguardo all’utero in affitto eviterebbe lo sfruttamento della donna. Se quest’ultima infatti non si trovasse in una condizione di difficoltà economica, non opererebbe quella scelta. Allora perchè non proibire le mansioni di netturbino, operaio metalmeccanico, raccoglitore di pomodori? Anche questi lavoratori se non avessero la necessità di guadagnare il misero stipendio che viene loro accordato a fronte delle loro prestazioni, si dedicherebbero a qualche attività più gratificante. Tutti noi, quotidianamente impegnati in un’attività economica, cediamo il nostro corpo (il nostro cervello in caso di prestazioni intellettuali) – o tramite esso offriamo prestazioni – in cambio di denaro. Se non ne avessimo bisogno, faremmo altro.
Oggi in Italia alle donne è preclusa la libertà di “affittare” il proprio utero ad altre: impedendo di disporre del proprio corpo, si nega loro il diritto di proprietà sullo stesso ed il diritto di esprimere il proprio consenso sul medesimo. Una vera e propria violenza ed anche una clamorosa contraddizione, anche alla luce del diritto all’aborto: quella stessa donna che oggi è libera di decidere sulla vita o la morte di un terzo (il nascituro), le è impedito di utilizzare il proprio utero per finalità riproduttive.
Il divieto di accesso alla maternità surrogata, negando il diritto di ogni individuo di disporre del proprio corpo, rappresenta pertanto il più grave e violento attacco alla proprietà ed alla libertà personale operato dallo stato italiano nei confronti dei propri cittadini, i quali, privati di tale irrinunciabile diritto naturale, sono ridotti a meri sudditi.
Il bambino in questo articolo non viene trattato.
Ovvero è trattato come una merce da esporre nello scaffale del supermercato.
Si vogliono agevolare solo i diritti di coloro che vogliono un figlio ad ogni costo.
Bene, perchè allora questa gente, semplicemente, non si prende un figlio in AFFIDAMENTO ?
Cosa dite ? Gli affidi riguardano solo bambini difficili ?
Aaaaaa ho capito, voi volete solo i figli facili. Nessun sacrificio.
Solo comodità e soddisfazione dei propri desideri.
Col loro corpo facciano pure quello che vogliono ma del bambino che nasce tramite queste pratiche contro la natura umana, non interessa a nessuno ?
Facciano quel che vogliono col loro corpo, a patto che non mi danneggino in alcun modo.
Più che la mammella si cede il latte per chi è in abbondanza.
La mammella allatta un bambino già nato e lo aiuta a crescere, l’utero in affitto serve per far nascere a qualsiasi costo un bambino che altrimenti non sarebbe mai nato (e che non ha certo chiesto di nascere in quel modo, contro natura).
Una volta si affittavano le mammelle per allattare i figli altrui. Perchè le mammelle sì e l’utero no?
Applauso!
Questa legge è fatta in funzione anti-ghei; è illegittimo il solo divieto di fecondazione eterologa, ma una donna sterile può avere una gravidanza tramite donazione di ovocita di altra donna, fecondato con lo spermatozoo del proprio marito o partner.
Non difendo questa legge (non mi frega tra l’altro nulla dell’argomento), ma non mi disturba affatto perchè evita molti problemi come i “ripensamenti dell’ultimo momento” che creano cause inutili intasando i tribunali.
Inoltre che i ghei con gli s-ghei abbiano figli basta che paghino mi sembra una pessima cosa per il DIRITTO DEI FIGLI di non nascere in partenza in situazioni strampalate (purtroppo resta il problema delle lesbiche).
La media del matrimonio omosex per cui tanti pasdaran ghei sono pronti al martirio (per fortuna non tutti sono così, Dolce & Gabbana sono persone di buonsenso, Elton John no) si attesta sui 18 mesi; meglio sarebbe continuare con la loro vita alternativa senza fracassare i marroni altrui, per volere a tutti i costi scimmiottare uno stile di vita che non sarà mai il loro.