DI FABIO CINTOLESI
Le tristi vicende del terremoto nelle Marche ha messo ancora più in luce la totale inefficienza dello stato nel voler gestire le tutele dei cittadini nei confronti delle calamità naturali.
In particolare, la macchina della ricostruzione appare completamente ingolfata, stretta tra eccesso di regole, pigrizia dei burocrati e appetiti dei politici.
Anche in questo caso, una soluzione ben più efficiente ed equa sarebbe facilmente a portata di mano. Basterebbe che lo stato uscisse dal business dei risarcimenti e della ricostruzione del patrimonio immobiliare privato. In che modo? Semplicemente non prevedendo più alcun risarcimento per i danni ad immobili in virtù di disastri naturali (cioè dove non ci siano responsabilità umane) e lasciando ogni decisione in merito al diretto interessato.
In questo modo, tutti gli aspetti di queste vicende verrebbero demandati alla libera contrattazione tra privati, attraverso la stipula di contratti di assicurazione sugli immobili o l’estensione delle garanzie per le polizze già esistenti. A quel punto, il costruire male o in zone sismiche o in aree idrogeologicamente non sicure sarebbe una scelta che ognuno si prenderebbe, sapendo che maggiore sarà il rischio, maggiore sarà il premio assicurativo.
A quel punto, nel malaugurato caso di un terremoto o di una frana, il sistema dei risarcimenti sarebbe mirato e molto più efficiente, poiché gli importi a garanzia sarebbero già stati definiti in precedenza e ogni proprietario, potrebbe decidere come meglio impiegare questi fondi, se ricostruire esattamente la propria dimora allo stesso modo e nello stesso punto, oppure impiegare i fondi diversamente.
Per i proprietari di immobili, la maggiore spesa per la stipula di polizze in tal senso, sarebbe compensata dalla minor prelievo fiscale derivante dalla minore spesa per la gestione (più che fallimentare) da parte dello stato, del processo di risarcimento e di ricostruzione.
In più, ogni proprietario potrebbe decidere se l’immobile di cui è proprietario valga la pena di essere assicurato oppure no. La propria residenza lo sarà sicuramente; una vecchia casa tra i monti, un tempo dimora dei propri nonni, usata saltuariamente per il fine settimana, magari no. Si eviterebbero così anche assalti alla diligenza, per ricevere soldi dei contribuenti anche da parte di chi non ha certo perso la casa dove abitava.
La domanda è: perché nessun politico lo propone?
Concordo.
Assicurazioni private , soluzione efficiente e responsabilizzante.
Lo stato si deve limitare ad ridurre pesantemente le imposte immobiliari.
E a non rompere i coglioni con norme urbanistiche da confisca.
In Giappone, territorio dalla sismicità di gran lunga superiore alla nostra, quando arrivano le scosse la gente non si scompone, regge gli oggetti fragili e aspetta che passi la buriana. Ovviamente tutto è costruito con criteri antisismici, ormai alla portata di tutti.
“Diligenza” quindi va intesa anche come “buon senso”.
In un territorio sismico al 90% come quello italiota si continua a costruire con criteri da Rapallo anni 70, arricchiti però di mille stupide, inutili e costose normative e certificazioni che riempiono le tasche della lobby costruttori-amministratori-installatori da sempre in combutta.
L’unica cosa che sarebbe davvero utile, ovvero l’antisismicità, manca.
Risposta del politico: “Ma siamo matti? Responsabilità individuale? E io come campo se il mio futuro dipende proprio dall’assalto alla diligenza? E poi che ne sa il privato di quello che gli conviene o no? Non lo sa Cintolesi che lo stato capisce tutto e l’individuo non capisce niente? Libera contrattazione, che orrore! Specialmente l’aggettivo.”