DI ALESSIO PIANA
Stamattina in classe mi avete chiesto qual è la mia posizione politica e vi ho spiegato che per la prima volta in vita mia non andrò a votare, poiché da un anno ho maturato convinzioni molto critiche nei confronti dello Stato come autorità legittimata a regolamentare la vita delle persone, a obbligare, costringere o a proibire determinati comportamenti, e a farli rispettare mediante l’uso della forza, se necessario.
Invece la filosofia politica di un LIBERTARIO autentico si basa tutta su una sola regola fondamentale: il PRINCIPIO DI NON AGGRESSIONE. Significa che posso esercitare la mia LIBERTÀ nei limiti in cui NON AGGREDISCO LA LIBERTÀ DEGLI ALTRI.
Voglio spiegare meglio questi concetti attraverso alcuni esempi, forse banali ma chiari. Dirò delle cose forti, molto controcorrente (come è nel mio stile) che potranno suscitarvi anche emozioni negative, ma vi chiedo di seguirmi nel RAGIONAMENTO LOGICO, non in quello emotivo.
- Voglio edificare una costruzione su un terreno di mia proprietà. Oggi devo chiedere il permesso allo Stato, far domanda all’ufficio tecnico del Comune, ecc. Per un libertario non dovrebbe essere così: sulla mia proprietà dovrei essere libero di costruire quello che voglio, se questo NON ARRECA DANNO AGLI ALTRI. Se per esempio abito in campagna e ho ettari di terra mia, la costruzione che voglio edificare non darebbe fastidio a nessuno, quindi dovrei poterla costruire senza chiedere il permesso a nessuno.
2) Non voglio allacciare le cinture di sicurezza quando viaggio in automobile. Se mi fermano i vigili urbani, mi fanno la multa perchè ho infranto una legge dello Stato (l’obbligo di portare le cinture di sicurezza). Per un libertario questa legge è assurda: infatti se non porto le cinture sono certamente un imbecille, ma NON FACCIO MALE A NESSUNO, e NON DIVENTO PIÙ PERICOLOSO per gli altri automobilisti. Semmai divento più pericoloso soltanto per me stesso, in caso di incidente.
Però mi direte che la legge sull’obbligo delle cinture è giusta perchè lo Stato si deve comportare come un buon padre e ci deve PROTEGGERE anche da noi stessi, quando facciamo cose sbagliate e mettiamo in pericolo la nostra salute.
Allora, portando alle LOGICHE CONSEGUENZE questo discorso, io dico che allora bisogna fare pure una legge che IMPEDISCA A CHIUNQUE DI FUMARE, perchè è dimostrato che il fumo fa male alla salute. E il divieto di fumare deve valere anche quando uno sta dentro casa sua, anzi soprattutto dentro casa sua, perchè il FUMATORE AVVELENA I SUOI FAMILIARI E I SUOI FIGLI. Questa legge dello Stato sarebbe sacrosanta, perchè tutelerebbe LA SALUTE DEL FUMATORE E DEI SUOI FAMILIARI. Stesso discorso per gli ALCOLICI: bisognerebbe proibirli, perchè possono rendere le persone alcolizzate, fanno ammalare di epatite e rendono incapaci le persone di controllare le proprie azioni quando sono ubriache.
E per far rispettare queste leggi proibizioniste, bisognerebbe consentire alle forze di polizia di poter far IRRUZIONE in ogni momento DENTRO CASA DI CHIUNQUE, e di MULTARE E ARRESTARE chi sta bevendo o sta fumando in casa sua alla presenza dei familiari.
Altro esempio simile: lo Stato dovrebbe fare una legge per IMPEDIRE alle persone di GIOCARE ALLE SLOT MACHINE, perché è dimostrato creano dipendenza, e molte persone buttano via centinaia o migliaia di euro al mese, e perfino l’intero stipendio, per giocare alle slot machine. Lo Stato dovrebbe quindi PROIBIRE IL GIOCO D’AZZARDO per tutelare la salute psicologica del giocatore compulsivo. Non solo ma, vietando il gioco d’azzardo, lo Stato PROTEGGEREBBE ANCHE I DIRITTI DEI FAMILIARI E DEI FIGLI del giocatore d’azzardo: essi infatti riceverebbero quei mille euro al mese che altrimenti il padre giocatore butta via alle slot machine.
Ora ragioniamo, CHIEDIAMOCI SE TUTTO QUESTO È COERENTE.
Oggi lo Stato mi permette di rovinarmi la salute fumando, bevendo e buttando via i soldi con le slot machine… ma allora perchè non mi permette di viaggiare senza cinture di sicurezza allacciate? E perchè non mi permette di fumarmi una canna o di drogarmi? Sigarette e alcol non sono droghe anche quelle? E perchè lo Stato non mi permette di edificare una costruzione su un terreno di mia proprietà? Come ho detto prima, viaggiare senza cinture o edificare una costruzione sul mio terreno NON ARRECA DANNI A NESSUN’ALTRA PERSONA, eppure lo Stato non mi permette di farlo. Dunque vedete che LE LEGGI DELLO STATO SONO CONTRADDITTORIE: alcune cose lo Stato ci permette di farle e altre no, anche se non fanno male a nessun’altra persona. Le leggi dello Stato non sono logiche, NON SONO COERENTI.
Allora se vogliamo essere davvero COERENTI, le cose sono due:
1) o permettiamo anche tutti quei comportamenti che NON ARRECANO DANNI AGLI ALTRI (fumare canne, drogarsi, viaggiare senza cinture, costruire sul proprio terreno, ecc. ecc.),
2) oppure VIETIAMO TUTTO il resto: vietato fumare, bere, giocare alle slot machine E CHISSÀ QUANTI ALTRI COMPORTAMENTI che NON ARRECANO DANNI AGLI ALTRI, ma che sono ritenuti IMMORALI, o pericolosi per se stessi. Perfino mettere le corna alla moglie o al marito potrebbero diventare infrazioni alle leggi dello Stato (vietato per legge tradire il coniuge poiché ritenuto comportamento immorale).
Se vogliamo seguire la prima strada diventiamo LIBERTARI.
Se invece vogliamo seguire la seconda strada, allora consegniamo all’autorità statale il CONTROLLO TOTALE DEI NOSTRI COMPORTAMENTI E DELLA NOSTRA VITA, compresa la possibilità per le forze di polizia di violare la proprietà privata di casa nostra per entrare e controllare in qualunque momento se stiamo fumando, bevendo, se stiamo con l’amante, se stiamo guardando un film porno, ecc. (*)
È questo che vogliamo? Uno Stato che si intromette nella nostra vita privata, e vìola così pesantemente la nostra libertà personale? Io no, io ci tengo alla mia LIBERTÀ, non voglio uno STATO TOTALITARIO.
(*) non sto dando un giudizio di moralità o immoralità sul fatto di avere l’amante o guardare un film porno. Sto invece affermando il diritto, riconosciuto dai libertari, di avere la LIBERTÀ di comportarsi anche in modi ritenuti immorali come guardare un film porno. Per un libertario è INVIOLABILE LA LIBERTÀ di poterlo comunque fare, poiché guardare un film porno in privato, per quanto possa essere considerato immorale, non arreca danni ad altri.
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Risposta via whatsup di un professore ai suoi allievi delle superiori
La delinquenzialità e la mortiferia (nelogismi? boh?) della burocrazia romana, a voler essere pignoli, di anni ne ha almeno 2772. Tutto cominciò con un “fratricidio” burocratico per un mancato permesso di costruzione nei confronti di un allevatore greco che contestava il piano regolatore etrusco. E la “minima idea”, chi scrive ce l’ha; se non altro perché a Roma c’è nato, vissuto e continua ad abitarci. E deve scontrarsi quotidianamente sia con la burocrazia statale, SIAE in primo luogo, che con quella locale (permessi, zone a traffico limitato, soste riservate a lor signori, obbligo di estintori che forse non sanno essere già previsto dai vigili del fuoco, inutili comunicazioni obbligatorie, tariffe ingiustificate, sovrapposizioni tra municipi decentrati e giunta centrale…). Non so se tra le maglie legislative ci sia la possibilità di ricontrattazione verso il basso in caso di minori introiti per l’azienda. E’ così per tutte le aziende? Indipendentemente dal numero dei lavoratori? E indipendentemente dai contratti nazionali collettivi? Quali sarebbero le normative di riferimento e come mai solo il nord est sarebbe beneficiario di tale possibilità? Credo che in caso di contenzioso i giudici del lavoro non darebbero ragione alle aziende. Se così non è, tanto meglio, sperando che la cosa sia estendibile anche nel resto della penisola e oltre. Sull’ottimismo di Liberalista non è da escludere che si sia sulla buona strada ma è una strada ancora lunga, quasi tutta da percorrere. La sana sfida al futuro può essere salutare ma solo se si hanno possibilità almeno teoriche di vincere. Non possiamo chiedere a chi ha figli piccoli di sfidare il destino in nome del sano ideale. Se so che dopo la mia evasione il carceriere si vendica non solo sui compagni di prigionia ma anche sui miei familiari, è perfettamente normale la rinuncia all’evasione. Il carceriere è alle corde? Bene: sottraiamogli chiavi e armi e lasciamolo a godersi il suo ex istituto di pena. Ma il carcerato che rinuncia alla fuga per proteggere i familiari da sicura rappresaglia, non è uno che nel suo quotidiano ripercorre le stesse scelte degli statalisti ma solo uno che non ha scelta. Forse è più eroe nell’accettare la prigionia e più sensibile di chi preferisce la morte del figlio al proprio stato detentivo. E’ bello avere il coraggio di osare nelle nostre scelte ma il bello è tale, appunto, quando possiamo. E non tutti possono, indipendentemente dall’età anagrafica. Le strade che le tecnologia sta aprendo renderanno inutili le certificazioni statali? Bene. Ma “renderanno” è futuro, non presente. Dette certificazioni non sono ancora inutili per l’ottenimento di un guadagno. Lo sono sul piano dell’efficienza produttiva ma questo lo sono da sempre. Lo stesso docente che ha scritto l’articolo non è un eroe. Perché sa che in una società libera, persone come lui guadagnerebbero di più e avrebbero maggiori soddisfazioni anche sul piano psicologico. Più che vedere contraddizioni in lui, dovremmo preoccuparci dei docenti statalisti che continuano a raccontare panzane agli studenti come quella della necessità di intervento statale e bancocentralista per evitare le bolle finanziarie. Quando ormai è evidente perfino agli sprovveduti che questi interventi sono la causa reale dei cicli e il contrario della loro soluzione. Gli insegnanti come Alessio Piana sono minoranza. Immagino il suo stato d’animo simile al mio quando tento di convincere gli altri attori che non è vero che la cultura sia solo a sinistra e che il mio operare a favore della diffusione culturale non è incoerente con l’adesione ai principii del liberalismo. Andiamo avanti lo stesso. Ma se la RAI vorrà pagarmi per un prossimo spettacolo non rifiuterò l’offerta in nome della rivoluzione liberale. Venga dal proprietario della concorrenza un’offerta analoga, lui che la rivoluzione la promette sempre ma vuole farla con i moderati. Accetterò anche la sua offerta, malgrado i suoi propositi rivoluzionari siano evidentemente fasulli. Il mio nome e i miei recapiti ce l’ha nei registri dell’ ex sede degli studi cinematografici Titanus di via Tiburtina 1361, nel quarftiere romano di Settecamini. E io non uso nomi d’arte.
@Alessandro
Capisco che non è facile, ci mancherebbe. Non sto a ripetere pure io che il mondo in cui viviamo, e di cui l’Italia è tra i luoghi peggiori a riguardo, è ormai un unico inferno fiscale e una sorta di dittatura planetaria contro le libere scelte individuali. E per questo è molto difficile vivere coerentemente ai propri principi quando non si vedono alternative.
Ma fortunatamente sia lo sviluppo delle tecnologie che l’evoluzione del mondo del lavoro (oserei dire il superamento del lavoro come lo si è inteso finora) stanno aprendo strade non prevedibili fino a pochissimi anni fa. Strade per le quali il pezzo di carta, la certificazione statale o altri ammennicoli del presente/passato sono inutili, per fortuna. Strade in cui è possibile fregarsene delle pretese statali e contemporaneamente non voler avere nulla a che fare con esso, ogni volta che non sia obbligatorio sotto minaccia della forza fisica.
Forse per un over 60 è tardi per riprogrammare la propria esistenza su nuove basi. O forse no…
Ma sicuramente i ragazzi che sono costretti nella galera scolastica, ma hanno la fortuna di avere un prof intellettualmente onesto, hanno una scelta che noi alla loro età ci saremmo sognati di avere. Per questo dobbiamo avere il coraggio di osare nelle nostre scelte, quando possiamo. Se anche nel nostro quotidiano ripercorriamo le stesse scelte degli statalisti, possiamo anche dire addio a qualsiasi principio, perchè rimarrebbe lettera morta.
Un po’ di sana sfida al futuro credo faccia parte dell’essere giovani, se non anagraficamente, almeno intellettualmente. Non rinunciamoci mai.
Forza prof, cerchi di farlo capire anche ai ragazzi delle sue classi.
@Luciano. Anche un dipendente privato incassa sempre lo stesso stipendio fisso, indipendentemente dal guadagno dell’azienda presso la quale lavora. L’ideale sarebbe abolire l’obbligo degli stipendi fissi. Ci guadagnerebbero quelle imprese che preferiscono avere meno vincoli e quegli operai che desiderano avere maggiore potere contrattuale che attualmente viene sottratto dai sindacati con l’obbligo della contrattazione collettiva. Non è vero che chi prende soldi pagati con le tasse non possa pretendere l’abolizione delle tasse stesse. Ho già spiegato il perché. Il lavoratore cubano non è incoerente se chiede l’abolizione dello stato, quanto meno dello statalismo, anche se lavora per lo stato. Non ha alternative. Quando ho preso sessantamila lire dalla RAI, le ho prese perché avevo svolto un lavoro e avevo bisogno di svolgerlo. Non mi sento incoerente perché vorrei che la RAI fosse privata. Incoerenti sono quelli che hanno preso i voti in nome della rivoluzione liberale e l’hanno lasciata pubblica. Per la loro bella faccia avrei dovuto rinunciare ai “trentadue euro” di allora? Quando usiamo l’euro detestando le banche centrali, siamo incoerenti? Soprattutto quando lo riceviamo in pagamento, indipendentemente se da un privato o dal comparto pubblico? Se mi difendo da un’aggressione sono incoerente perché parlo sempre male della guerra? Non so cosa e se l’insegnante risponderà alla domanda un po’ provocatoria del pagamento in base alle entrate. Non escluderei una risposta positiva, i professionisti migliori sanno che una forma di guadagno così concepita può essere foriera di aumento della propria ricchezza. Torno io a rivolgere la domanda di prima. Il professor Lottieri e tanti altri studiosi qualificati, sarebbero incoerenti a causa della loro collaborazione con università pubbliche? Magari ce ne fossero tanti come loro. Molti si convincerebbero a desiderare che le accademie tornino a essere finalmente libere.
“Anche un dipendente privato incassa sempre lo stesso stipendio fisso, indipendentemente dal guadagno dell’azienda presso la quale lavora”
Ma neanche per sogno, nelle aziende private del nord, perlomeno ad est emilia compresa, e’ quasi normale ricontrattare lo stipendio in base alla possibilita’ dell’azienda, verso l’alto o verso il basso. Il problema semmai e’ lo stato con la esse maiuscola che non ammette per principio tale elasticita’ (ne conseguirebbero minori introiti dalla tassazione, inconcepibile, l’introito della tassazione per definizione deve aumentare sempre). Per i lavoratori e’ ovvio che e’ meglio uno stipendio piu’ basso che nessuno stipendio. Piuttosto, si tende ad approfittare del fatto che in caso di “contratto di solidarieta’”, non e’ il lavoratore dell’azienda in crisi a fare il sacrificio, ma le casse pubbliche.
Evidentemente non avete neanche la piu’ lontana idea di quanto possa essere delinquenziale e mortifera da 2000 anni, non da oggi, la burocrazia romana.
D’accordo in linea di principio. Ma l’esistenza di scuole alternative non è alla portata economica di chi è costretto a pagare le tasse. E comunque, se voglio spendermi in futuro sul mercato del lavoro, anche per l’esercizio delle libere professioni mi si chiede una certificazione statale. Prima per i titoli di studio e poi per l’iscrizione a ordini professionali. Il lavorare per lo stato per alcuni è una scelta che avrebbe come alternativa la disoccupazione o un reddito basso. Perché creare lavoro nell’Italia Sovietica sta diventando impossibile. I contributi pubblici, i sussidi, le riduzioni per i familiari a carico, gli assegni familiari, le carte sociali, i rimborsi ed altro ancora appartengono alla categoria delle richieste di coloro che sono stati precedentemente spolpati. Certo che si ha la facoltà di non chiedere ma rinunciare a prendersi una parte del bottino del proprio derubante equivale a un atto eroico che può ridurre tranquillamente in miseria. Che dovrebbe fare un imprenditore? Rinunciare alle detrazioni e pagare tutto? Agli occhi di pochi passerà come eroe, a quelli dei suoi dipendenti come un velleitario che provoca la perdita del loro lavoro e del loro guadagno. Dovrebbe smettere di pagare le tasse? Se agisce da solo perde tutto. Sto ancora aspettando una rivolta fiscale del popolo delle partite IVA. E i patti lateranensi consentono alle gerarchie ecclesiastiche di parteggiare per Cesare contro i vessati della Galilea, della Giudea, della Samaria e oltre. In Italia non ci sono queste possibilità di scelta, comunque non per tutti. E purtroppo non solo in Italia.
Trasmettere consapevolezze non credo sia completamente inutile. A volte c’è chi si persuade della validità di un pensiero dopo che questo pensiero ha conosciuto. Certo, non è utile attendersi adesioni di massa. Non trovo, comunque, assolutamente incoerente la critica allo stato da parte di un dipendente statale. Altrimenti i cittadini cubani e quelli nordcoreani dovrebbero presentare tutti le dimissioni dal loro posto di lavoro. Se non ci sono alternative non servono atti di eroismo che possono condurre alla fame non solo chi li pratica ma anche i propri familiari. Non si tratta di essere eroi del tengo famiglia ma dell’impossibilità e della velleità di praticare l’eroismo. Il professor Lottieri, sicuramente un libertario al quale gli altri libertari devono molto in termini di crescita culturale, dovremmo considerarlo incoerente perché la sua cattedra accademica è statale? Allora siamo tutti incoerenti quando utllizziamo la moneta nazionale o sovranazionale, la lira statale o l’euro sovrastatale. Quale sarebbe, poi, la differenza con l’insegnamento in una scuola privata quando quest’ultima è parificata o “paritaria” e svolge i programmi scelti dallo stato? E quando conquistiamo un titolo di studio non conseguiamo un qualcosa di previsto, gestito e riconosciuto dallo stato? Se un ente pubblico ci commissiona un lavoro, direttamente o con gara d’appalto, rifiutiamo? In caso di “coerente” rifiuto, chi spiega ai licenziati e ai loro sindacati che la nostra coerenza deve essere anteposta al salario delle maestranze? Soprattutto chi lo spiega ai loro incolpevoli familiari conviventi? Lo stato è cattivo pagatore. Alcuni anni or sono, per una scena con Tony Cucchiara, attesi diciotto mesi dalla RAI per novantamila lire lorde che per decurtazioni fiscali si ridussero a sessantamila. Meno male che andai agli studi dell’ex DEAR con i mezzi pubblici e l’abbonamento. A Mediaset attesi meno di due mesi per una somma superiore, anche se di sole trentamila lire in più. Quest’ultima cifra, tra l’altro, è anche imprecisa perché calcolata al netto del cambio con l’euro che era già da quattro anni la moneta ufficiale in corso. La cosa non mi ha provocato né crisi di coscienza per aver lavorato con la RAI né desiderio di iscrizione a Forza Italia per aver collaborato con la sua diretta e principale concorrente. Si lavora per guadagnare. Guadagnando posso acquistare i testi degli scrittori libertari. Da morto di fame rischio di andare a votare per il SUA (Schieramento Unico Assistenzialista), sia per ottenere il sussidio che per ignoranza causata dal non aver letto i succitati autori.
Io però distinguerei tra le cose su cui non abbiamo scelta e quelle in cui la scelta esiste.
Nessuno ci costringe a lavorare per lo stato, è una nostra scelta, così come nessuno ci costringe (o almeno non più) a frequentare le scuole pubbliche o paritarie che siano, ora che abbiamo “scoperto” l’esistenza dell’homeschooling e dell’unschooling.
Non siamo costretti a prendere contributi pubblici di nessun tipo, sussidi, riduzioni per figli a carico, assegni familiari, social card, rimborsi su spese mediche e/o di ristrutturazione della propria abitazione, e tanto altro ancora. Possiamo scegliere se richiederli o no.
Siamo ancora costretti a utilizzare il SSN per tante prestazioni sanitarie (ma non per tutte), come ad esempio in tante zone il pronto soccorso che si trova solo negli ospedali pubblici, e siamo ancora costretti a pagare quasi tutto in moneta fiat (ma l’alternativa c’è e si spera si diffonda anche come metodo di pagamento entro breve), ma almeno laddove possiamo scegliere di fare diversamente, da libertari-anarchici-panarchici-poliarchici, dovremmo coerentemente farlo.
Non si tratta di fare gesti eroici che ci ridurrebbero sul lastrico, ma di scegliere di ignorare lo stato ogni volta in cui questo sia possibile, ovvero ogni volta che esista una possibilità di scelta.
L’incoerenza sta nel fatto che se sei un dipendente pubblico e che magari pretendi anche una perequazione dello stipendio non puoi criticare le tasse perché tu lavori svolgi un servizio pubblico pagato con le tasse!
Facciamo al professore una domanda logica:
_Se un ciabattino la sera quando chiude la saracinesca incassa una volta 60 euro un’altra 100 un’altra ancora 20 a fine mese ha uno stipendio variabile in base agli incassi.
Il dipendente pubblico prende sempre lo stesso stipendio fisso anche se lo stato incassa meno tasse e l’ammanco viene messo a debito.
Sarebbe disposto il professore LIBERTARIO ad essere pagato in base alle entrate di tributi?
“se dovessimo stipulare una assicurazione sugli edifici”
Lo stato in realta’, in combutta con le lobby professionali, e’ da molte legislature che cerca di introdurre il libretto e l’assicurazione privata obbligatoria sugli edifici, per lavarsi le mani di ogni forma di aiuto a chi e’ colpito dalle calamita’ (ma a questo punto uno stato del genere a cosa serve), e per dare opzioni di lauto guadagno garantito alle miriadi di associazioni lobbistiche professionali parassitiche che infestano questo paese, e che spingono come matte gli organi legislativi per lucrare favoritismi, col ogni pretesto possibile.
Purtroppo man mano che la situazione degenera, stiamo assistendo a sempre maggiori aumenti di onerosita’ verso le privatizzazioni, senza che pero’ diminuiscano minimamente le onerosita’ pubbliche.
ATTENZIONE pero’ a invocare privatizzazioni: in italia le privatizzazioni si concludono SEMPRE in conversioni di monopoli pubblici in monopoli o oligopoli privati o parapubblici gestiti con criteri privatistici di massimizzazione della rapina, a concorrenza zero (vedi la privatizzazione in monopolio delle varie aziende municipalizzate, spacciate per liberalizzazioni, la peggiore fregatura per il cittadino degli ultimi 25 anni).
A quel punto meglio, o tanto vale, tenersi i monopoli pubblici, piuttosto che monopoli privati garantiti dalla forza dello stato.
O Winston se c’è il libretto del fabbricato credo che i terremoti facciano meno morti e danni in quanto ogni compagnia pretende prima di stipularti la polizza che l’edificio sia adeguato sismicamente e più è nuovo e meno è caro il premio.
Al di la di tutto accadrà che lo stato dovrà stanziare meno miliardi di euro ad ogni calamità sismica con conseguente minor tassazione e debito pubblico.
Sulle privatizzazioni non funziona la cosa perché occorre la liberalizzazione cioè più soggetti nel mercato che creano concorrenza e la telefonia mobile in italia è un buon esempio in ventagli d’offerte che invece la linea fissa ha fatto prevalere il cartello.
“credo che i terremoti facciano meno morti e danni col libretto e la compagnia assicuratrice che pretenda”
Evidentemente anche tu stai completamente sbagliando blog se non di peggio: la logica informante non e’ se i terremoti facciano piu’ o meno morti e danni, e’ che ognuno sia libero di assumersi il rischio che desidera, da cittadino adulto, responsabile e consapevole, pagandone l’eventuale scotto.
Le parole del professore se dette da un insegnante di scuola privata sarebbero coerenti e logiche anche se opinabili.
Dette da un insegnante di scuola o liceo pubblico sono incoerenti in quanto il suo stipendio deriva dalle tasse dei contribuenti che pagano balzelli di tasse altissime rapportate ai servizi.
Sul terreno e i permessi anche qua occorre capire dove andare perché in italia i danni da frane,terremoti,inondazioni,smontamenti sono rimborsati dallo stato che da le autorizzazioni a costruire in base a vincoli paesaggistici e soprattutto in base alla vulnerabilità della zona.
Se togliamo le trafile burocratiche costruiamo dove ci pare senza però la pretesa che lo stato ci paghi i danni e ci dia assistenza in caso di calamità.
Anche qua però se dovessimo stipulare una assicurazione il premio da pagare sarà in base alla vulnerabilità della zona e la classificazione sismica dell’edificio.
Così le cinture di sicurezza il loro obbligo è perché ogni incidente crea costi alla collettività ed in paese senza servizio sanitario nazionale con le casse mutue e assicurazioni se non hai la cintura nel momento in cui sei vittima di un incidente l’assicurazione non paga.
Vede più andiamo avanti con la società e più la vita si complica e sempre di più il sistema ci mette con le spalle al muro.
Sulle sigarette le ditte scrivono il fumo fa male perché vogliono declinarsi ogni responsabilità sui danni alla salute di chi le fuma e lo stato con i monopoli ci guadagna così con le imposte di fabbricazione degli alcolici.
Comunque il discorso del “professore” e’ logico solo secondo la sua logica, ed e’ banalmente falsificabile.
Tutta la serie di divieti che lui trova senza senso, ne ha invece eccome, che e’ riassumibile in: siccome lo stato mediamente ti assiste, pagando, dopo che hai avuto comportamenti mediamente dannosi, e siccome e’ lui che paga, allora o cerca di impedirteli direttamente con la forza, oppure ti fa pagare una tassa che abbia il doppio effetto di disincentivarli e di fornire i mezzi economici per sopravvenire ai danni.
Il senso di tutti i divieti, perlomeno in origine, e’ questo. Poi viene perso per strada, ma viene perso sia dallo stato che, SPINTO DALLE RICHIESTE CLIENTELARI DEI CITTADINI STESSI, pian pianino abusa sempre di piu’ sia della sua facolta’ assistenziale che di quella impositiva, fino ad arrivare agli assurdi di oggi, sia dal professore autore dell’articolo e dalla cittadinanza in genere che non solo non coglie piu’ il senso delle imposizioni ma anche si dimentica dei pianti greci che intona ogni giorno per chiedere essa stessa nuove provvidenze e percio’ le nuove imposizioni che ne conseguono.
Purtroppo siamo nel bel mezzo di una situazione di retroazione positiva, di quelle che portano alla rottura per risonanza dei grandi sistemi: ad ogni tentativo di ovviare ai danni creati dalle decisioni precedenti, ne prendiamo di nuove che ne amplificano sempre di piu’ la dannosita’.
Purtroppo non c’e’ nessuno che abbia il coraggio di tagliare il nodo gordiano del cappio che ci strangola della regolamentazione prima che che il collasso sociale provveda da se’, anzi al contrario la cittadinanza continua a chiedere sempre piu’ divieti, galera e vendette, ne e’ uno specchio l’ultimo esito elettorale.
Ha fatto bene ad aprire gli occhi agli studenti.
Costruire e mantenere una famiglia è un impegno continuo, è uno sforzo di volontà, è una ricerca di mille compromessi. Non si va sempre d’accordo, non si è liberi di prendere da soli tutta una serie di decisioni, ci sono scontri, litigi, pianti, incomprensioni. Si affrontano crisi e dubbi, e a volte tradimenti. Ma si sta insieme, si supera tutto, si fanno i compromessi, si decide assieme, ci si prende cura uno dell’altro, si perdona, si è presenti nei momenti difficili, si fanno sacrifici, si superano i propri limiti, perché c’è una scelta in fondo, c’è amore o comunque affetto profondo per il compagno o la compagna, per i figli, per i genitori. Quando questa decisione di fondo cade le famiglie si spaccano e si separano. Magari lo Stato fosse una famiglia, in questo senso.
Tutto bene e logico, ma se si fa questo logico discorso a chi vive cappato dalla patria potestà quali potrebbero essere le consegue indesiderabili? Può essere anche diversamente utile un tale approccio se la patria potestà fosse mediamente illuminata? Un esercizio mite ed equilibrato del totalitarismo parentale può, come spesso accade, generare la convinzione profonda e confermata dalle emozioni primarie che a maggior ragione una istituzione che abbia fini alti ed eletta da tutti sia quanto di meglio l’umanità possa desiderare. L’equivoco dello stato superfamiglia dove un giorno si potrà essere chi oggi stimiamo od anche per reazione il contrario di chi oggi odiamo, è dannatamente grande.
Dannatamente di basso livello. Un’idealizzazione contro la quale serve una faticosa ricerca individuale degli elementi critici da usare come strumenti per pervenire ad un livello che non mortifichi la propria autostima.
Lo stesso sforzo di elaborazione del professore.
Non serve in generale tentare di trasmettere consapevolezze – o meglio – è inutile tranne in quei rari casi in cui è superfluo.
L’accettazione di una altrui certezza, magari molto logica e piana, passa dagli strumenti di validazione individuali che portano nell’individuale esperienza, individuali consapevolezze, nei tempi di ciascuno.
Con ciò esternare un “eureka” è liberatorio ed una insopprimibile esigenza umana.
Comunque bello.
Ci son sempre più domande che risposte prof.