di FAUSTO DEMETRIO
Leggo la cazzata madornale che la cultura debba avere il supporto delle istituzioni.
Eppure, se i soldi vengono lasciati nelle tasche di chi li produce, vengono spesi addirittura in cultura!
Il mercato del libro vale in italia 1,3 miliardi di euro, i musei di stato incassano 172 milioni, per non parlare delle collezioni private aperte al pubblico, come Guggenheim, che senza scioperi attira pubblico da tutto il mondo. Il mercato del cinema vale 661 milioni, il mercato discografico 149 milioni. L’industria creativa aveva nel 2015 un valore economico di 48 miliardi di euro.
Quando le istituzioni si prendono cura della cultura, troviamo le file chilometriche al Colosseo, causate dalle assemblee sindacali in orario di apertura, o troviamo i finanziamenti da 3,7 milioni di euro a Lina Wertmüller per 6.700 euro di incasso al botteghino.
L’arte, come ogni azione umana, gratifica chi la ammira e la possiede. Nei paesi meno tassati la spesa procapite in cultura è superiore.
Di una cosa sono sicuro: non sono in grado di sapere quale linguaggio e forma culturale è più adatta alle persone che mi circondano. Ma chi ha fede religiosa nello stato crede fermamente che un burocrate sia invece di grado di saperlo.
Purtroppo, l’errore più comune che commettono queste persone è quello di confondere il termine “cultura” con “propaganda”.
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Ciò che per me è cultura, per una altro può non esserlo, né la decisione può essere demandata ad una legge o ad un burocrate.
Posso essere convinto che una mostra sugli impressionisti sia preferibile ad un concerto di Vasco Rossi, ma questo non mi autorizza affatto a mettere le mani nelle tasche di chi preferisce i concerti di Vasco Rossi per finanziare una mostra sugli impressionisti.
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Il museo può essere venduto con i suoi dipendenti, il problema è che poi i soldi se li tiene lo Stato e chiuso il museo si imbarca in qualcosa d’altro. Ad ogni modo difficilmente verranno restituiti ai derubati cittadini.
Poi probabilmente sarà svenduto a quelle X famiglie immanicate che vivono di questo genere di operazioni clientelari.
Al limite lo Stato potrebbe privatizzare tutto dandolo direttamente ai dipendenti e a tutti quelli che ci lavorano: sarebbero comunque rimessi sul mercato musei e dipendenti. Ma campa cavallo che l’erba cresce.
Lo stato dovrebbe iniziare a vendere le opere d’arte che possiede.
Poi, vendere i musei e licenziare i dipendenti che li infestano.
Non c’è scritto da alcuna parte che lo stato si debba occupare d’arte.
Quanto alla cultura, stato e cultura sono due termini incompatibili.
Quando la cultura è finanziata dallo Stato, lo Stato definisce cos’è la cultura. Che a quel punto diventa per lo più propaganda statalista per statalesi.
Nel frattempo, mentre lo stato getta nel cesso miliardi con la scusa della cultura e bolla come buzzurri retrogradi chiunque osi opporsi, buona parte della cultura, tramite un processo spontaneo, è diventata quasi gratuita.
Grazie ai sistemi peer-to-peer e al lavoro di alcuni volontari , si può accedere a quasi tutta la letteratura, la musica e il cinema prodotto finora senza spendere un centesimo ……. e mettiamoci anche la cultura popolare del calcio in streaming gratis ;-).
Ovviamente lo stato cerca in tutti i modi di opporsi ……… che strano !!!!
Ma è proprio per questo che vogliono gestirla loro. Sanno che la cultura, lasciata libera e in pace, produce fatturato e questa è cosa indegna, da bottegai. I vecchi nobilastri, peraltro incolti, non tollerano che la borghesia si occupi di cultura. Producendo, per di più, vile denaro. Che affronto. E poi che facciamo? Se smettiamo di tassare, la gente ha più soldi in tasca per permettersi di comprare prodotti culturali di valore. Magari li legge e si sveglia, poi la sinistra come fa a spacciarsi come unica fonte culturale di massa? Meglio finanziare pellicole che non siano pericolose. Quando a Roma assessore alla cultura era Renato Nicolini, notabile comunista, fu finanziata la festa del cinema pornografico. Più cultura di così!