DI MATTEO CORSINI
A volte leggendo le dichiarazioni del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non riesco a capire se davvero non si tratti di battute per far ridere gli interlocutori. Per esempio, in merito alla fine del Quantitative easing (che prima o poi avverrà), Padoan ha affermato che si tratterà di “un problema di transizione, gestibile senza affanno. E’ un errore subire l’uscita, bisogna anticiparla e gestirla.”
Probabilmente Padoan ritiene che l’effetto del Qe sulla spesa per interessi sia poca cosa, ma si tratta di circa 20 miliardi all’anno. Per una cifra inferiore gli ultimi governi hanno sempre rinviato un aggiustamento dei conti pubblici (peraltro dal lato delle entrate) all’anno successivo, con le cosiddette clausole di salvaguardia.
Padoan sembra anche ottimista sul post-Qe.
“Il mondo post-QE dipende da noi. Ci saranno tassi di interesse più alti ma non solo; ci sarà più inflazione che è utile, ci sarà più crescita reale e nominale e più flessibilità in Europa.”
Più inflazione, intesa da Padoan come crescita dei prezzi al consumo, sarà certo utile all’emittente di titoli di debito, non ai possessori degli stessi. E se ciò comporta aritmeticamente un aumento della crescita nominale del Pil, non è affatto detto che aumenti anche quella reale. Quanto alla flessibilità, che per i nostri governanti significa poter fare più deficit, non sarebbe affatto un bene, se non per chi vive di spesa pubblica.
Venendo poi alla crescita del Pil, l’Italia resta circa un punto indietro rispetto alla media dell’eurozona (in pratica, cresce la metà o anche meno degli altri), e nulla oggi lascia ipotizzare che le cose cambieranno in futuro. Resta il fatto che la crescita di circa un punto all’anno è considerata dal governo merito suo, mentre la Bce sostiene che sia per almeno mezzo punto merito della politica monetaria, senza che il governo l’abbia mai smentita.
Ma delle due l’una: o il Qe ha “dopato” il Pil e togliendo il doping ci sarà uno sgonfiamento, oppure non lo ha dopato, ma allora è stato del tutto inutile.
Cosa ne pensa Padoan?
Ho dubbi sul fatto che il sistema nervoso centrale di costui sia debitamente collegato all’apparato fonatorio.
Sembra che parli in un codice oscuro, generico, insignificante.
Dice, ma non dice.
Pensa, ma non dice.
Dice, ma non pensa.
Pensa, ma non pensa.
Uno squilibrio meditato e delicato ad usum populi.
D’altronde , non potrebbe mai dire le cose come stanno realmente.
“Cosa ne pensa Padoàn?” Perché, Padoàn pensa? Secondo lui è un errore subire l’omicidio, occorre anticiparlo con il suicidio. Tutta la “Teoria Generale” dovrebbe essere una gigantesca battuta per provocare le risa dei lettori. Ma c’è chi l’ha presa sul serio, applicandola. E nell’applicazione c’è ben poco da ridere se non le autocaricature degli stessi applicatori.